2 Agosto 2016

Nell’esecuzione per crediti di lavoro al compenso agli ausiliari non è applicabile l’esenzione dalle spese processuali di cui all’art. 10, l.533/73

di Roberta Metafora Scarica in PDF

Trib. Pordenone, sentenza 16 giugno 2016; Pres. Pedoja, Est. Petrucco Toffolo

Esecuzione forzata in generale – Estinzione – Spese processuali – Compensi dovuti agli ausiliari – Reclamo – Esenzione dalle imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa o diritto – Normativa – Natura eccezionale – Conseguenze – Sottrazione ad ogni spesa processuale – Esclusione – Fattispecie

(cod. proc. civ., art. 630; l. 11 agosto 1973, n. 533, Disciplina delle controversie di lavoro e delle controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, art. 10; d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, Testo Unico in materia di spese di giustizia, art. 8).

L’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie prevista per processi di particolare natura, che coinvolgono certe categorie di soggetti o che afferiscono a particolari rapporti, è normativa di carattere eccezionale con cui lo Stato rinuncia alla riscossione di alcune imposte al fine di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale; come tale, quindi, non è suscettibile d’interpretazione analogica od estensiva, cosicché i benefici previsti non possono essere estesi ad ogni spesa del procedimento esecutivo inerente lo svolgimento di attività da parte di ausiliari del giudice (nella specie, spese liquidate all’istituto vendite giudiziarie nel procedimento di espropriazione per crediti di lavoro poi dichiarato estinto).

CASO

Dichiarata estinta l’esecuzione a seguito di espressa rinuncia del creditore procedente, il giudice dell’esecuzione poneva a carico di quest’ultimo i compensi dovuti all’istituto vendite giudiziarie.

Avverso detta ordinanza, il creditore rinunciante proponeva reclamo, sostenendo che tali somme non erano dovute, essendo ad esse applicabile l’esenzione di cui all’art. 10 della legge n. 533 del 1973. Il reclamante, inoltre, censurava la decisione anche per il diverso profilo concernente la mancanza dell’attributo della liquidità al provvedimento emesso dal g.e. (più precisamente assumendo che l’ordinanza reclamata aveva posto a carico del creditore procedente le predette spese processuali senza averle mai realmente liquidate) e comunque l’erronea applicazione di alcune voci del compenso.

SOLUZIONE

Il Collegio adito rigetta il reclamo, osservando come non sia possibile invocare al caso di specie l’art. 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533 per ritenere che il creditore sia esente dal versare le spese per l’esecuzione forzata volta al recupero di crediti di lavoro, giacché dal raffronto dell’ultimo comma di tale norma, secondo il quale “le spese relative ai giudizi sono anticipate dagli uffici giudiziari e poste a carico dell’erario” con l’art. 8, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, a mente del quale “se la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le spese sono anticipate dall’erario”, si deve desumere che l’esenzione da singole imposte (come quelle di bollo e di registro) e da ogni spesa, tassa o diritto che riguardano certe tipologie di soggetti o di rapporti è disciplina di carattere eccezionale, come tale insuscettibile d’interpretazione analogica od estensiva, cosicché il beneficio dell’esenzione in relazione all’attività svolta dagli ausiliari del giudice è previsto solo in caso di ammissione al gratuito patrocinio.

Il Collegio, inoltre, sulla base dell’osservazione che l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo non ha la funzione di liquidare il compenso agli ausiliari ma solo di individuare la parte tenuta a sostenere la relativa spesa, dichiara l’inammissibilità delle doglianze sollevate con il reclamo quanto al profilo della omessa e/o erronea liquidazione del compenso all’istituto vendite giudiziarie.

QUESTIONI

L’articolo 10 della legge 533 del 1973, testualmente, dispone: “Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie individuali di lavoro (…) sono esenti, senza limite di valore o di competenza, dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.

Sono allo stesso modo esenti gli atti e i documenti relativi alla esecuzione sia immobiliare che mobiliare delle sentenze ed ordinanze emesse negli stessi giudizi, (…)“.

Scopo della norma in questione è quella di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale in considerazione della particolare natura di certe controversie che riguardano certe categorie di soggetti o che riguardano alcuni particolari rapporti. Pertanto, secondo la giurisprudenza più recente della Cassazione, questa disciplina, comportando la rinuncia dello Stato alla riscossione di alcune imposte, ha carattere eccezionale.

Più precisamente, avendo il beneficio una natura esclusivamente tributaria, deve ritenersi che lo stesso non possa comportare la sottrazione ad ogni spesa processuale conseguente allo svolgimento di attività da parte di ausiliari del giudice.

Tale ricostruzione d’altronde è confermata dall’articolo 8 del d.p.r. 115 del 2002, secondo il quale, se normalmente “ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie“, detta parte può essere esentata dal versamento delle spese laddove sia ammessa al patrocinio a spese dello Stato, venendo queste ultime anticipate dall’erario o prenotate a debito (così Cass. 22 marzo 2013, n. 7294; Cass. 17 marzo 2016, n. 5325).

La decisione in commento fa corretta applicazione di questi principi, affermando che l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro etc, prevista da alcune norme specifiche per certuni processi (in particolare, per quel che interessa la presente fattispecie, dalla Legge 533 del 1973 per l’esecuzione forzata conseguente al recupero di crediti di lavoro), riguarda esclusivamente gli aspetti tributari colà disciplinati, mentre per quanto concerne il pagamento delle spese degli atti processuali compiuti dalla parte o disposti dal magistrato, questo è disciplinato dal d.p.r. 115 del 2002 che all’art. 8 prevede l’esenzione da dette spese solo in caso di ammissione al gratuito patrocinio.

Quanto al diverso profilo relativo all’oggetto del provvedimento relativo alle spese pronunciato in sede di declaratoria di estinzione del processo esecutivo, secondo lo stato attuale della dottrina e della giurisprudenza, poiché le spese del processo estinto nelle ipotesi di rinuncia agli atti sono regolate, grazie all’ultimo comma dell’art. 629, dall’art. 306, esse sono poste a carico del rinunciante dal g.e. che provvede a liquidarle nell’ordinanza dichiarativa dell’estinzione (tra molte, Cass. 13 luglio 2011, n. 15374; Cass. 6 aprile 2006, n. 8112; Cass. 4 aprile 2003, n. 5325, in REF 2005, 351; in dottrina, Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 390; Sassani-Bove-Capponi-Martinetto, L’espropriazione forzata, Torino, 1988, 559).

Dunque, non trova applicazione, in caso di estinzione, la regola dettata dall’art. 95 che pone a carico di chi ha subito l’estinzione le spese sostenute nel processo di esecuzione dal creditore procedente, e da quelli intervenuti che partecipano alla distribuzione, e ciò in quanto tale disciplina va riferita al processo esecutivo che giunge a conclusione.

Ferma la correttezza del mezzo di impugnazione prescelto dalla parte, non essendo più in discussione che il reclamo ex art. 630 c.p.c. sia l’unico rimedio esperibile avverso l’ordinanza di liquidazione delle spese a carico del creditore rinunciante (Cass. 26 agosto 2013, n. 19540; già in precedenza Oriani, L’opposizione agli atti esecutivi, Napoli 1987, 234), dalle premesse appena poste ne discende allora che la decisione del Tribunale di Pordenone debba ritenersi pienamente condivisibile anche nella parte in cui afferma che, poiché il provvedimento emesso sulle spese in sede di estinzione non ha lo scopo di liquidare il compenso agli ausiliari, ma solo di individuare la parte tenuta a sostenere la relativa spesa, debba essere dichiarata l’inammissibilità del reclamo nella parte in cui il creditore censura l’errore del giudice nell’omessa o comunque erronea liquidazione del compenso agli ausiliari.