Sulla riproposizione della domanda cautelare e sull’abuso del processo
di Giulia Ricci Scarica in PDFTrib. Milano, 12 marzo 2016, ordinanza
Procedimenti cautelari – Riproposizione – Reclamo – Cumulo – Inammissibilità.
(Cod.proc.civ., artt. 669 ter, 669 septies, 669 terdecies; d. leg. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 120, 131) [1]
Spese giudiziali civili – Procedimenti cautelari – Responsabilità aggravata – Abuso del processo – Sanzione – Ammissibilità.
(Cod.proc.civ., artt. 96, 669 septies, 669 terdecies) [2]
[1] È inammissibile la riproposizione della domanda cautelare rigettata nel merito quando è pendente il giudizio di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto, a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 669 septies, comma 2°, c.p.c.
[2] Il comportamento della parte che propone la medesima domanda cautelare a due giudici diversi, o che ripropone la domanda cautelare ad un giudice diverso da quello competente per il giudizio di reclamo, integra esercizio abusivo dello strumento processuale, sanzionabile ex art. 96, comma 3°, c.p.c.
CASO
[1-2] Alla sezione specializzata del Tribunale di Milano veniva proposta ante causam domanda cautelare ex art. 131, d.leg. n. 30/2005. Eccepita dal resistente la pendenza del medesimo giudizio cautelare ante causam innanzi ad altra sezione specializzata, egualmente competente, il giudice milanese si riservava di decidere. Interveniva medio tempore l’ordinanza di rigetto nel merito della domanda cautelare precedentemente proposta, ed il ricorrente proponeva reclamo.
SOLUZIONE
[1-2] Sciogliendo la riserva, il giudice milanese ha dichiarato inammissibile la domanda cautelare, perché consistente nella riproposizione di una domanda rigettata in altro giudizio, ancora pendente nella fase del reclamo. Liquidate le spese, il ricorrente è stato condannato ex art. 96, comma 3°, c.p.c., in quanto la proposizione di identica domanda cautelare a due giudici, seppur entrambi competenti, realizza un abuso dello strumento processuale.
QUESTIONI
[1] La stessa domanda cautelare è stata proposta, in prima istanza, relativamente alle distinte domande di nullità e contraffazione del marchio, presso i fori di cui all’art. 120, d.leg. n. 30/2005, che statuisce, per l’azione di contraffazione, una competenza territoriale alternativa a quella principale (Ciccone, sub art. 120, in Galli, Gambino, Codice commentato della proprietà industriale e intellettuale, Milano, 2011, 966 ss., anche sulla derogabilità del foro competente per la nullità a favore del forum commissi delicti competente per l’azione di contraffazione).
L’ordinanza in commento ha dichiarato inammissibile la domanda cautelare proposta in prima istanza, qualificandola come riproposizione della medesima domanda che, nel frattempo, il giudice adito per primo aveva rigettato. L’inammissibilità deriva dal combinato disposto degli artt. 669 septies, 669 decies e 669 terdecies c.p.c., da cui si desume che, nel caso in cui penda il reclamo avverso un’ordinanza di rigetto, o siano in corso i termini per proporlo, i mutamenti delle circostanze o l’allegazione di nuove ragioni di fatto o di diritto sono deducibili nel giudizio di reclamo presso il giudice competente, mentre è inammissibile la riproposizione della domanda (v. Trib. Napoli, 28 agosto 2014, Foro it., 2015, I, 1387; in senso contrario, soltanto la risalente pronuncia del Trib. Firenze, 11 marzo 1997, Foro it., 1997, I, 3429, che ha dichiarato inammissibile la prospettazione di fatti nuovi e diversi nel giudizio di reclamo, in quanto il deducibile può essere oggetto soltanto della riproposizione della domanda). Non è rilevante, a favore della duplicazione dei giudizi cautelari, che le domande di merito, in relazione alle quali veniva prospettata la medesima istanza cautelare, rientrassero nella competenza territoriale alternativa di due giudici diversi, in quanto, in primis, la l. 80/2005 ha attenuato il rapporto di strumentalità del provvedimento cautelare anticipatorio con il giudizio di merito, confermando la non vincolatività della scelta del foro per la cautela nel successivo (ed eventuale) giudizio di merito (così anche Trib. Milano, 27 aprile 2005, n. 4666, in Riv. dir. ind., 2008, 71), e, d’altro canto, la scelta, da parte del ricorrente, del forum commissi delicti per proporre nuovamente la domanda cautelare, precedentemente avanzata al giudice competente per la nullità, integra una condotta di c.d. forum shopping (Ciccone, sub art. 120, cit., 670) e realizza un abuso del processo (cfr. Trib. Napoli, 28 agosto 2014, cit.; sull’abuso del processo, per tutti, v. Ghirga, Abuso del processo e sanzioni, Milano, 2012, passim.; Dondi, voce «Abuso del processo» (dir. proc. civ.), in Enc. Dir., Annali, III, 2010, 1 ss.; sull’art. 96, comma 3°, c.p.c. come sanzione all’abuso del processo, v. par. 2)
Nella pronuncia si nega esplicitamente che l’inammissibilità derivi dalla litispendenza ex art. 39 c.p.c., che la giurisprudenza prevalente ritiene inapplicabile al giudizio cautelare, sul presupposto che l’istituto sia tipico del solo giudizio ordinario di cognizione, in quanto volto ad evitare esclusivamente il contrasto di res iudicata (sul punto Trib. Milano, 12 marzo 2008, Giur. dir. ind., 2008, 828; Trib. Torino, 2 ottobre 1998 e 6 novembre 1998, Giur. it., 1999, 1857; Trib. Roma, 4 dicembre 2002, Giur. romana, 2003, 418). Conformemente, nel senso dell’inammissibilità del giudizio cautelare ante causam identico ad altro già pendente, presso fori competenti alternativamente, Trib. Torino, 29 marzo 2010, Giur. dir. ind., 2010, 508, in quanto il primo ricorso cautelare consuma la facoltà di scelta tra fori alternativi (in tal senso anche Saletti, Appunti sulla nuove disciplina delle misure cautelari, in Riv. dir. proc., 1991, 355 ss.).
Sulla necessità di evitare il cumulo della riproposizione ex art. 669 septies, comma 2°, c.p.c. e del giudizio di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto, contrario all’economia processuale, la dottrina è concorde ma prospetta soluzioni differenti (entrambe respinte espressamente nell’odierna pronuncia). Alcuni sostengono l’applicabilità dell’art. 39 c.p.c., quale istituto di carattere generale, volto non soltanto a scongiurare il rischio del contrasto di giudicati, ma anche ad evitare l’inutile dispendio di risorse dovuto allo svolgimento in sedi differenti della «stessa causa», anche cautelare (Proto Pisani, voce «Provvedimenti d’urgenza», in Enc. Giur., XXV, Roma, 1991, 24; Consolo, Ricorsi cautelari ante causam, pluralità di competenze e impedimenti di litispendenza, in Giur. it., 1999, 1857; Carratta, Procedimento cautelare uniforme, in AA.VV., I procedimenti cautelari, a cura di Carratta, Bologna, 2013, 144); in questa prospettiva l’art. 39 c.p.c. si ritiene applicabile tanto nel caso di proposizione di identica domanda in prima istanza a due giudici diversi, quanto in quello della riproposizione della domanda in pendenza del giudizio di reclamo sulla stessa, in quanto, altrimenti, si ammetterebbe che la medesima domanda giudiziale possa reggere due distinti giudizi (v. ampiamente Carratta, op. cit., 145, 237 ss.; Consolo, op. loc. cit.). Altri, invece, propongono di evitare il cumulo attraverso la sospensione del giudizio instaurato con la riproposizione della domanda ex art. 669 septies, comma 2°, c.p.c., finché il giudizio di reclamo non sia deciso, in quanto la statuizione definitiva sul dedotto cautelare costituisce il presupposto per la decisione sul deducibile, oggetto della riproposizione (Merlin, voce «Procedimenti cautelari ed urgenti in generale», in Digesto civ., Torino, 1996, XIV, 412; Tarzia, Saletti, voce «Processo cautelare», in Enc. dir., Milano, 2002, V, 855). Minoritario l’orientamento che nega in radice il concorso tra i due giudizi (Barletta, La riproposizione della domanda cautelare, Milano, 2008, 289 ss.).
[2] Quanto alla condanna ex art. 96, comma 3°, c.p.c., il Tribunale ha ravvisato nella condotta del ricorrente un abuso del processo, ritenendo che la duplicazione di attività processuale originata dalla medesima domanda, benché proposta a due giudici competenti, fosse preordinata allo scopo di aumentarne le probabilità di accoglimento; la pronuncia, che non ha precedenti in termini, attribuisce al rimedio introdotto dalla l. 69/2009 una natura sanzionatoria degli abusi del diritto di difesa (conformemente a Cass., 30 luglio 2010, n. 17902, Foro it., 2011, I, 3134, in obiter dictum, seguita dalla giurisprudenza di merito, v. ex multis, Trib. Napoli, 4 novembre 2013, Rep. Foro it., 2014, voce Spese giudiziali civili, n. 74; T. Padova, 7 luglio 2013, Nuova proc. civ., 2014, 1, 314).
Il valore sanzionatorio, e non risarcitorio, di tale condanna è desunto precipuamente dall’iniziativa officiosa e dalla non necessità dell’accertamento del danno causato dall’abuso (v. amplius Porreca, L’art. 96, 3° comma c.p.c., tra sanzione e ristoro, in Foro it., 2010, I, 2242; Finocchiaro, Ancora sul nuovo art. 96, comma 3 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2011, 1184; Carratta, L’abuso del processo e la sua sanzione: sulle incertezze applicative dell’art. 96, comma 3 c.p.c., in Fam. e dir., 2011, 813; contra, nel senso che l’ordinamento non ammette la figura del cd. danno punitivo, quale arricchimento sine causa, Scarselli, Il nuovo art. 96, comma 3: consigli per l’uso, in Foro it., 2010, I, 2237; v. da ultima Cass. 16 maggio 2016, n. 9978, in www.ridare.it., 2016).
L’art. 96, comma 3°, c.p.c. era stato applicato nel procedimento cautelare in ipotesi di rigetto della domanda per manifesta infondatezza (Trib. Verona, 21 marzo 2011, Giur. merito, 2011, 2161; 1° luglio 2010, Guida al dir., 2010, fasc. 49, 24). Diversamente, è stato applicato l’art. 96, comma 1°, c.p.c. in caso di riproposizione ad un giudice incompetente di domanda cautelare già pendente in altro giudizio, da Cass., 24 luglio 2012, n. 14699, in Riv. dir. proc., 2013, 1512 ss., con nota favorevole di Ghirga.