La Cassazione su estratto conto e ‘usi piazza’
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFÈ consolidato orientamento della Cassazione che la mancata tempestiva contestazione, da parte del correntista, degli estratti conto inviati nel corso del rapporto, renda inoppugnabili gli addebiti e gli accrediti ivi contenuti solo sotto il profilo contabile, ma non sotto quello della validità ed efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite del conto derivano (ex multis Cass. n. 20221/2015; Cass. n. 11626/2011; Cass. n. 3574/2011; Cass. n. 6514/2007; Cass. n. 10376/2006; Cass. n. 7662/2005; Cass. n. 10186/2001; Cass. n. 10129/2001).
Di conseguenza, la mancata contestazione non comporta la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità ed efficacia delle clausole contrattuali che giustificano i versamenti cui le annotazioni si riferiscono né dalla conseguente azione di ripetizione delle somme percepite dalla banca.
Anche la validità della clausola di rinvio ai cosidetti “usi di piazza”, ai fini della determinazione dell’interesse debitore, è parimenti esclusa dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di contratti bancari, nel regime anteriore alla entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria 17.2.1992, n. 154, poi trasfusa nel testo unico bancario (d.lgs. 1.9.1993, n. 385), la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di univoca determinabilità dell’ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale.
Insomma, il riferimento al c.d. “uso piazza” è del tutto generico, non rispetta il requisito della determinabilità del contenuto del contratto in base ad altro specifico criterio ricavabile dal contratto stesso, e consente quindi l’applicazione di parametri mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza (Cass. n. 27118/2013; Cass. n. 17679/2009; Cass. n. 10127/2005; Cass. n. 17338/2002).