PCT: modalità di deposito di documenti non digitalizzabili e di formati di file non ammessi
di Pietro Calorio Scarica in PDFIn un processo civile che sempre più sta andando verso la completa informatizzazione dei flussi documentali provenienti dai soggetti esterni, non viene meno (né mai verrà meno) la necessità di disciplinare l’acquisizione al processo di mezzi di prova appartenenti a due categorie: da un lato, i “documenti” (in senso lato) non suscettibili di essere digitalizzati (ad esempio, oggetti tridimensionali); dall’altro, i file aventi formato non ammesso dalle specifiche tecniche sul PCT (art. 12 D.M. Giustizia n. 44/2011 e art. 13 Provv. DGSIA 16/4/2014).
Sembra opportuno esaminare i due casi alla luce della normativa sull’obbligatorietà del deposito telematico: non di rado, infatti, nasce l’esigenza di dover sostenere la posizione della parte in causa mediante un mezzo di prova che non potrebbe (per sue qualità intrinseche o per limitazioni di carattere tecnico) essere versato in atti mediante deposito in via telematica.
Deposito telematico di documenti non digitalizzabili
Immaginiamo una controversia in materia di diritto industriale in cui l’imprenditore debba dimostrare che un’azienda concorrente ha imitato il suo prodotto (ad es. una bottiglietta): con che modalità depositare in giudizio il proprio prodotto e quello da usare come raffronto per consentire al Giudice di accertare la condotta lesiva della concorrenza?
La soluzione è ovvia: altro non si potrà fare che depositare fisicamente l’oggetto presso la Cancelleria del Giudice, poiché è impossibile (né utile, vista la finalità del procedimento) digitalizzare l’oggetto in modo da conservarne le caratteristiche sul piano probatorio: si potrebbe infatti dover discutere dei materiali di cui è composto, o di come si presenta al tatto, eccetera.
Allegare l’oggetto al deposito in modalità tradizione dell’atto di costituzione della parte potrebbe essere una soluzione giacché, come noto, il deposito telematico dell’atto con cui la parte si costituisce in giudizio non è soggetto ad obbligo di deposito in via telematica.
Ma quid se l’esigenza nasce in corso di procedimento, e si deve perciò provvedere al deposito unitamente ad una memoria istruttoria (che è ormai obbligatoriamente telematica)?
Il legislatore non sembra aver preso in considerazione questa ipotesi: a ben vedere, infatti, non pare pertinente né il richiamo all’art. 16-bis, comma 8, D.L. 179/2012 (“[…] il giudice può autorizzare il deposito degli atti processuali e dei documenti […] con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti”), né al successivo comma 9 (“Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche”): è evidente, da un lato, che la modalità non telematica di deposito di un oggetto non dipende da un mancato funzionamento dei sistemi informatici ministeriali, e, dall’altro, che non è materialmente possibile trasformare l’oggetto di cui si parla in un documento cartaceo!
In tale situazione è quantomai opportuno ricorrere al buon senso, e pertanto appare prudente il deposito di istanza volta ad ottenere l’autorizzazione al deposito di quel singolo mezzo di prova in modalità tradizionale che, per essere tempestivo, dovrà ovviamente eseguirsi entro i termini decadenziali previsti dalla normativa processuale. Il tutto, ovviamente, ferma restando la necessità di depositare in via telematica la memoria nonché gli altri eventuali documenti, poiché non sembra che tale autorizzazione possa estendersi a tutto il “plico” del deposito in ragione delle norme di legge sull’obbligatorietà del deposito telematico.
Deposito telematico di formati di file non ammessi
E’ noto che la normativa regolamentare e tecnica sul Processo Telematico non consente il deposito come allegati di formati diversi da quelli indicati[1]: non sono ad esempio ammessi tutti i formati video (es. .mpg, .avi, .mp4, .mov) e audio (es. .wav, .mp3, .m4a); non sono ammessi numerosi e largamente utilizzati formati di testo e di foglio di calcolo (.docx, .doc, .xlsx, .xls, .odt, .ods); non sono ammessi i formati di disegno di AutoDesk AutoCAD (.dwg); e neppure viene ammesso il deposito di alcuni formati neanche se contenuti all’interno di file compressi (es. .zip, .rar), o all’interno di messaggi di posta elettronica (formati .eml e .msg): in quest’ultimo caso il depositante è tenuto a convertire i file, ove possibile, in formati ammessi, e a depositarli separatamente dal file che li contiene.
Peraltro, poiché può trattarsi di materiale rilevante a livello probatorio, il deposito deve considerarsi senz’altro ammissibile, ma unicamente con modalità non telematica: per molti dei formati citati (su tutti, quelli audio e video) non è possibile il deposito telematico previa conversione in un formato ammesso, né è possibile l’estrazione di copia cartacea (donde l’inapplicabilità del sopra citato art. 16-bis, comma 9, D.L. 179/2012 – autorizzazione al deposito di “copia cartacea di atti e documenti”).
Quale, allora, il fondamento normativo della possibilità di deposito in modalità tradizionale?
Non senza sforzo interpretativo, esso può rinvenirsi nel già citato art. 16-bis, comma 8, D.L. 179/2012, anche se in questo caso, più che di “non funzionalità” dei sistemi, siamo in presenza di limitazioni di formato previste dalla normativa regolamentare.
Dovendo dunque conciliare l’esigenza di provvedere comunque al deposito da un lato con le disposizioni concernenti l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti (in special modo per quelli delle “parti precedentemente costituite”) dall’altro, l’unica via percorribile appare la formulazione di una preventiva istanza al Giudice volta ad autorizzare la parte al deposito non telematico del file in formato non ammesso (ad esempio mediante supporto ottico non riscrivibile, un CD-ROM).
Valgono naturalmente le considerazioni di cui sopra in merito alla necessità di perfezionare il deposito entro i termini decadenziali eventualmente previsti, e di depositare comunque in modalità telematica tutti i tipi di file che la normativa tecnica ammette.
Si pensi ad un caso pratico: se un’email (file .eml o .msg) contiene un foglio di calcolo in formato Excel (.xlsx/.xls, non ammesso), occorre preventivamente convertirlo ad esempio in formato PDF e depositarlo in tale veste informatica, facendo eventualmente presente al Giudice che il file originale si trova all’interno del file .eml o .msg, che pure si provvederà a depositare.
Quanto ai formati audio e video, esistono soluzioni (come ad es. Adobe Acrobat, software proprietario e a pagamento per creare e modificare file in formato PDF) con cui è possibile includerli in un PDF: in questo modo sarebbe possibile “ingannare” i sistemi e depositare il file non ammesso.
Cionondimeno tale procedimento appare rischioso, in quanto l’incorporazione in un PDF di un file multimediale potrebbe essere in contrasto con le caratteristiche dello standard “PDF/A” richiesto dalle regole tecniche sulla conservazione di cui al D.P.C.M. 3/12/2013, anch’esse applicabili al PCT.
Dal punto di vista giuridico processuale, inoltre, il deposito di un “contenuto” (il flusso audio o video) non ammesso potrebbe esporre la parte ad un’eccezione di inammissibilità, ancorché il formato “contenitore” del flusso (il file .pdf, nell’esempio) sia ammesso dalla normativa. La via di estrema prudenza, perciò, appare quella già delineata del deposito non telematico di un supporto informatico contenente il file in formato non ammesso.
[1] Formati .pdf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, .eml, .msg, .zip, .rar, .arj. Cfr. art. 12 D.M. Giustizia n. 44/2011 e art. 13 Provv. DGSIA 16/4/2014.
21 Novembre 2016 a 10:32
Buongiorno.
Ho trovato l’articolo molto interessante.
Le chiedo, però, per depositare un messaggio di posta elettronica nel pct, devo depositarlo nella sua estensione originale (ad es. .eml oppure .msg) oppure per depositarlo posso anche convertirlo in estensione .pdf (come vedo fare da parecchi Colleghi)?
E se non potessi fare tale conversione, quali sanzioni per la parte che ha ugualmente depositato il messaggio email operando detta conversione? Vi è pericolo dell’inammissibilità del deposito, magari non più sanabile se scaduti i termini?
La ringrazio se vorrà darmi una spiegazione.
cordiali saluti.
21 Dicembre 2016 a 16:44
In risposta alla Sua domanda: la conversione in altro formato (diverso da .eml o .msg) del messaggio di posta elettronica è a mio avviso sconsigliabile in tutte le ipotesi in cui si debba fornire la prova di una trasmissione telematica, e nello specifico quando si debba fornire prova della notificazione: tanto è imposto dall’art. 19-bis comma 5 Provv. DGSIA 16/4/2014.
Peraltro, nel caso in cui questa disposizione (di natura regolamentare) venga violata, ritengo debba comunque applicarsi il principio recentemente enunciato dalle Sezione Unite della Cassazione con riferimento alla denunciata violazione di forme “informatiche” degli atti (Cass. SS.UU. n. 7665/2016), in base al quale – sostanzialmente – si afferma che ove non vi siano pregiudizi concreti al diritto di difesa, l’inosservanza di forme non può generare nullità o altra invalidità.
27 Ottobre 2020 a 14:48
Ritengo di dover correggere l’ultimo periodo del primo paragrafo.
In tale situazione è quantomai opportuno ricorrere al buon senso, e due appaiono essere le vie percorribili:
a) appare in primo luogo prudente il deposito di istanza volta ad ottenere l’autorizzazione al deposito di quel singolo mezzo di prova in modalità tradizionale: tale deposito, per essere tempestivo, dovrà ovviamente eseguirsi entro i termini decadenziali previsti dalla normativa processuale, ferma restando la necessità di depositare in via telematica la memoria nonché gli altri
eventuali documenti (non sembra che l’eventuale autorizzazione possa estendersi a tutto il “plico” del deposito, viste le norme di legge sull’obbligatorietà del deposito telematico);
b) in alternativa, ove ritenuta scarsamente opportuna una preventiva istanza, appare pienamente ammissibile il deposito direttamente in cancelleria del singolo mezzo di prova “fisico”, ferma restando la necessità di depositare telematicamente (in ossequio alle norme sull’obbligatorietà) l’atto processuale e gli eventuali ulteriori documenti informatici allegati.
Non sembra lecito un rifiuto da parte del cancelliere, posto che il Giudice è l’unico soggetto che può decidere in ordine
all’ammissibilità di un deposito.
Le sole norme in merito alla possibilità di rifiuto del deposito da parte del cancelliere sono: l’art. 73, comma 2, disp. att. c.p.c., norma oltretutto sostanzialmente inapplicabile ad un contesto in cui si tratta di gestione di documenti non cartacei; art. 111, c. 2, disp. att. c.p.c., che impone al cancelliere di non consentire l’inserimento nel fascicolo d’ufficio di comparse non comunicate alle altre parti e prive delle copie per l’ufficio e il collegio; l’art. 285, comma 4, del T.U. Spese di Giustizia (d.P.R. n. 115/2002), che dispone “il funzionario addetto all’ufficio annulla mediante il timbro a secco dell’ufficio le marche, attesta l’avvenuto pagamento sulla copia o sul certificato, rifiuta di ricevere gli atti, di rilasciare la copia o il certificato se le marche mancano o sono di importo inferiore a quello stabilito.”)
26 Novembre 2020 a 9:08
Ulteriore correzione, relativa al secondo paragrafo, quinto capoverso:
Dovendo dunque conciliare l’esigenza di provvedere comunque al deposito da un lato con le disposizioni concernenti l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti (in special modo per quelli delle “parti precedentemente costituite”) dall’altro, sulla falsariga di quanto delineato al precedente punto si prospettano due possibilità alternative:
a) la formulazione di una preventiva istanza al Giudice volta ad autorizzare la parte al deposito non telematico del file in formato non ammesso (ad esempio mediante supporto ottico non riscrivibile, un CD-ROM);
b) in caso di impossibilità o di ritenuta inopportunità della preventiva istanza, deposito non telematico direttamente in cancelleria di un supporto informatico contenente il file in formato non ammesso, con deposito telematico (contestuale e in ogni caso da perfezionarsi entro eventuali termini decadenziali) dell’atto processuale e degli eventuali ulteriori documenti in formato ammesso dalle specifiche. Anche qui, per le medesime ragioni illustrate sopra, non sembra che il cancelliere possa fondatamente rifiutare il deposito in cancelleria di siffatto supporto informatico.