La descrizione di cui all’art. 129 del Codice di proprietà industriale e la sua attuazione nello spazio giuridico europeo: una questione aperta
di Valeria Giugliano Scarica in PDF
La descrizione industrialistica presenta delle particolarità sia rispetto all’accertamento tecnico preventivo previsto dall’art. 696 c.p.c. sia rispetto al sequestro dell’art. 670 c.p.c.: per questo la sua attuazione negli altri Stati membri dell’U.E., dove pure si riscontrano misure aventi la stessa finalità, ha creato problemi in ordine allo strumento eurounitario sulla base del quale procedere ed in particolare sull’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1206 del 2001. Nuovi spunti di soluzione della questione sono presenti nel regolamento (UE) n. 1215 del 2012, c.d. Brussels Ibis, in attesa che la Corte di giustizia abbia l’occasione di pronunciarsi.
La descrizione (v., per tutti, Vanzetti, Codice della proprietà industriale, Milano, 2013, commento sub art. 129, 1341 ss.), disciplinata dagli artt. 129 e 130 del d.leg. 10 febbraio 2005, n. 30 (codice della proprietà industriale), come modificati dagli artt. 56 e 57 del d.leg. 13 agosto 2010, n. 131, è una misura finalizzata alla acquisizione e conservazione di elementi di prova volti a dimostrare la violazione di diritti di proprietà industriale. Su richiesta del titolare del diritto, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può ordinare la descrizione degli oggetti costituenti violazione di tale diritto, nonché dei mezzi adibiti alla produzione dei medesimi e degli elementi di prova concernenti la denunciata violazione e la sua entità. Subordinatamente alla descrizione, il giudice può altresì ordinare il sequestro di documenti e campioni relativi all’oggetto. Il provvedimento può essere emesso inaudita altera parte in casi di speciale urgenza, ed è eseguito da un ufficiale giudiziario, eventualmente assistito da un perito.
L’istituto in esame, proprio della tradizione del diritto industriale, trova riscontro a livello eurounitario nella direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (c.d. direttiva enforcement), con riferimento in particolare all’art. 7. Nello stesso senso in ambito internazionale è l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà industriale attinenti al commercio del 15 aprile 1994, c.d. TRIPs laddove, all’art. 50, si prevede la facoltà delle autorità giudiziarie di ordinare misure provvisorie immediate ed efficaci per preservare elementi di prova relativi alla presunta violazione dei diritti di proprietà intellettuale. La descrizione, insomma, ha chiari rimandi sovranazionali: per questo, anche in altri ordinamenti è prevista una simile soluzione (v., ad esempio, in Francia, la saisie-contrefaçon, prevista dall’art. L.615-5 del Code de la propriété intellectuelle e nel Regno Unito la Section 7 del Civil Procedure Act 1997 in combinato disposto con la Rule 25.1,1,lett h), che codificano l’istituto noto come Anton Piller Order); tuttavia, per le specificità che ha assunto nell’ordinamento italiano, si sono manifestate delle incertezze relative alla sua circolazione negli altri Stati Membri.
Per l’esecuzione nello spazio giuridico europeo della descrizione prevista del diritto italiano la questione si è posta sullo strumento eurounitario sulla base del quale richiederla: da un lato, in maniera forse più evidente, viene in rilievo il regolamento (CE) del Consiglio del 28 maggio 2001, n. 1206, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale; dall’altro, il regolamento (UE) del 12 dicembre 2012, n. 1215, la rifusione del previgente regolamento (CE) n. 44 del 22 dicembre 2000 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
L’alternativa si è delineata, in particolare, nell’ambito di una questione pregiudiziale sollevata dinanzi alla Corte di giustizia da parte del Tribunale di Genova, a seguito del rifiuto da parte dell’autorità giudiziaria del Regno Unito di dar seguito alla richiesta di descrizione ante causam sulla base del sopra menzionato regolamento (CE) n. 1206 del 2001 (Corte di giustizia C-175/06, Tedesco c. Tomasoni Fitting S.r.l. in ECR, I-7929, su cui v. Fumagalli, Il caso “Tedesco”: un rinvio pregiudiziale relativamente al Regolamento n. 1206/2001, in Bariatti, Venturini, New Instruments of Private International Law, Liber Fausto Pocar, Milano, 2009, 391 ss.; B. Ubertazzi, Il regolamento eurounitario sulle prove e la descrizione della contraffazione, in Riv. dir. int. priv. proc. 2008, 689 ss.). Il Tribunale di Genova ha sollevato la questione pregiudiziale al fine di chiarire se una misura come la descrizione prevista dal diritto italiano possa essere qualificata quale «assunzione di prove» rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1206 del 2001 ovvero, come sostenuto, tra l’altro, dal giudice inglese, quale misura cautelare, la cui esecuzione deve essere richiesta in base alle norme previste in tema di circolazione dei provvedimenti cautelari, in particolare in base all’allora vigente art. 31 del regolamento (CE) n. 44 del 2001.
La Corte non ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione pregiudiziale a lei sottoposta, poiché nel frattempo è intervenuta l’estinzione del processo dinanzi al Tribunale di Genova. Rimangono dunque quali uniche indicazioni le conclusioni dell’avvocato generale Julian Kokott, presentate il 18 luglio 2007.
Nell’esaminare la questione se un’assunzione preventiva di mezzi di prova costituisca una misura cautelare ai sensi del regolamento Brussels I, l’avvocato generale distingue i provvedimenti diretti a garantire la pronuncia di una sentenza, da una parte, e le misure di acquisizione e garanzia delle prove, dall’altra. La distinzione risulterebbe a suo giudizio fondamentale per determinare l’ambito d’applicazione del regolamento (CE) n. 1206 del 2001, in quanto il regolamento non sarebbe applicabile alle prime, ossia alle misure volte a garantire l’accoglimento della domanda principale, mentre sarebbe finalizzato alla collaborazione limitatamente alle misure di assunzione preventiva di mezzi di prova.
Ebbene, in estrema sintesi, l’avvocato generale ha qualificato la descrizione richiesta dal giudice italiano quale «assunzione preventiva di mezzi di prova», la quale, a differenza del sequestro, pure previsto dal Codice di proprietà industriale come alternativo ed eventualmente complementare alla descrizione, non tutela la domanda principale e non è strumentale al giudizio. Inoltre, sulla scorta della sentenza c.d. St. Paul Dairy (Corte giust. 28 aprile 2005, causa C-104/03, St. Paul Dairy Industries NV c. Unileber Exser, BMBA in Raccolta, 2005, I-3481 ss., la quale ha statuito che l’art. 24 della Convenzione di Bruxelles non si applica a misure autonome di assunzione preventiva di mezzi di prova, richieste in una fase antecedente all’instaurazione del giudizio di merito), ha escluso che la sua esecuzione debba essere richiesta sulla base del regolamento eurounitario per la circolazione dei provvedimenti.
Nel frattempo, nel segno opposto a tali conclusioni è intervenuto il d.leg. 13 agosto 2010, n. 131, che ha operato un’unificazione sostanziale delle misure della descrizione e del sequestro, sancendo la generale applicabilità anche alla descrizione del rito cautelare uniforme. L’ordinamento ha quindi operato un espresso riconoscimento della descrizione quale misura non solo finalizzata all’acquisizione della prova da utilizzarsi eventualmente nell’ambito del giudizio di merito, ma quale provvedimento strumentale al medesimo procedimento cautelare, ai fini della successiva adozione di provvedimenti di sequestro o inibitoria.
Inoltre, tra le novità in tema di provvedimenti cautelari provvisori e cautelari disperse nel testo del citato regolamento (UE) n. 1215 del 2012, entrato in vigore il 10 gennaio 2015 (su cui v. Lupoi, L’attuazione negli altri Stati membri dei provvedimenti provvisori e cautelari nel regolamento Ue n. 1215 del 2012 in Il processo esecutivo, a cura di Capponi, Sassani, Storto, Tiscini, Torino 2014, 1517 ss.), vi è, apparentemente, un tentativo di soluzione della questione.
Nell’ambito dell’inedito tentativo di definizione dell’espressione «misure provvisorie e cautelari» alle quali il regolamento si applica – definizione assente nel regolamento n. 44 del 2001, e che ora si prova a delineare esemplificando provvedimenti che vi dovrebbero rientrare – afferma che in tale nozione dovrebbero essere ricomprese le ordinanze cautelari dirette ad ottenere informazioni o a conservare le prove, di cui agli artt. 6 e 7 della direttiva 2004/48/CE.
Alla luce di queste modifiche legislative, sia a livello interno sia a livello eurounitario, non resta che attendere una nuova occasione di pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea.