13 Giugno 2016

Decreto ingiuntivo, giurisdizione italiana nel contratto di compravendita internazionale e clausola “Ex Works”

di Valeria Giugliano Scarica in PDF

 Trib. Trieste, decreto 16 febbraio 2016, decr.

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[1] Sussiste la giurisdizione del giudice italiano per l’emissione del decreto ingiuntivo avverso la società straniera, ai sensi dell’art. 7 Reg. UE 1215/2012, qualora, nel contratto dove sia inclusa la clausola “Ex Works”, questa preveda che la destinazione dei beni sia un luogo di fermo deposito in Italia. 

CASO
[1] Sul ricorso per decreto ingiuntivo presentato da una società italiana che ne domanda la concessione contro una società slovena, si pone il problema di determinare se sussista la giurisdizione del giudice italiano in base alla documentazione depositata, ed in particolare in base alle fatture e ai documenti di trasporto della merce. 

SOLUZIONE
[1] Il provvedimento che si riporta conclude per la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano e decide per la concessione del decreto ingiuntivo. Si rinviene infatti nelle pattuizioni contrattuali la clausola c.d. “Ex Works”, propria degli usi commerciali nella compravendita internazionale, con indicazione della destinazione dei beni in Italia: osservando che tale clausola è stata oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia (9 giugno 2011, C-87/10, Elecrosteel, in Int’l Lis 2011, 217, con nota di Silvestri), il Tribunale di Trieste ne ritiene (implicitamente) l’idoneità a determinare il luogo di consegna ai sensi dell’art. 7, primo comma, lett. b), primo trattino, Regolamento UE n. 1215/2012. 

QUESTIONI
[1] In carenza di uno specifico accordo delle parti sul locus solutionis, l’art. 7, 1° comma, lett. b), primo trattino, Regolamento UE n. 1215/2012, nel determinare il foro alternativo contrattuale, stabilisce che «nel caso della compravendita di beni, [il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è] il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto».

Tale regola, ispirata ai principi di prossimità e prevedibilità, postula l’irrilevanza sia delle norme di diritto privato internazionale dello Stato membro del foro sia del diritto sostanziale applicabile al contratto, come osservato dalla giurisprudenza europea la quale, nell’opera di interpretazione della disposizione, ha precisato che il luogo di consegna è anzitutto da determinarsi in base alle diposizioni del contratto che rivelino la volontà delle parti, tenendo conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti (Corte giusti. CE 25 febbraio 2010, C‑381/08, Car Trim, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2010, 792)

Successivamente, la stessa giurisprudenza, con la citata sentenza Elecrosteel, ha avuto occasione di pronunciarsi proprio sulla clausola c.d. “Ex Works”, in italiano spesso tradotta in “resa: franco fabbrica”, “franco sede”. La Corte si è in particolare interrogata sulla (fino ad allora controversa) valenza degli Incoterms, termine che indica quegli usi sviluppati a partire dal 1936 dalla Camera di Commercio Internazionale di Parigi per indicare il contenuto di termini commerciali inseriti nei contratti di compravendita, precisando che essi possono concorrere all’individuazione del forum contractus. Per quanto riguarda specificamente la clausola Ex Works, la Corte ha chiarito che essa non disciplina solo il trasferimento del rischio del perimento della cosa ma, ove risulti la chiara volontà delle parti in ordine all’identificazione del luogo di consegna, può fissare il forum contractus. È da notare che, sebbene tale valutazione non risulti espressa dalla pronuncia in commento, secondo la giurisprudenza europea spetta al giudice nazionale controllare la rispondenza della clausola effettivamente pattuita agli Incoterms quando il rinvio a questi ultimi non sia espresso o comunque di verificare che tra le parti esista realmente, nel caso di specie, un uso commerciale abituale che esse conoscevano o avrebbero dovuto conoscere.

Si tratta di una interpretazione diametralmente opposta alla giurisprudenza italiana, la quale fino a quel momento (v. Cass., sez. un., 20 giugno 2007, n. 14299, in Int’l Lis, 2007, 119) aveva sostenuto che la clausola “franco” denotasse soltanto una pattuizione sulle spese di trasporto, ma non implicasse uno spostamento convenzionale del luogo di consegna.

In tema, si veda anche la recentissima Cass., sez. un., 26 febbraio 2016, n. 3802, in Foro it., Rep. 2016, voce Giurisdizione civile, n. 6, ove si ribadisce che il luogo di consegna principale va riconosciuto, qualora dall’esame del complesso delle clausole contrattuali non risulti una sua chiara indicazione, in quello del recapito finale della merce, ove i beni entrano nella disponibilità materiale e non soltanto giuridica dell’acquirente.

 

Giurisdizione civile – Compravendita di beni – Luogo di consegna (Regolamento UE n. 1215/2012, art. 7; cod. proc. civ., art. 633).