22 Aprile 2016

La notificazione dell’impugnazione al procuratore cancellatosi volontariamente dall’albo

di Lidia Carrea Scarica in PDF

Cass., Sez. I, 28 gennaio 2016, n. 1611 (ord.)

Pres. Di Palma – Rel. Bisogni

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Impugnazioni civili – Appello – Inammissibilità – Notificazione – Validità – Cancellazione procuratore albo avvocati

(Cod. proc. civ., artt. 85, 301, co. 2 e 3, 330) 

[1] Sono rimessi gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, essendosi riscontrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità circa il regime giuridico (validità ovvero nullità sanabile ovvero inesistenza) della notificazione dell’impugnazione effettuata al procuratore cancellatosi volontariamente. 

CASO
[1] La parte soccombente in primo grado propone appello, notificando, nei termini di rito, l’atto introduttivo al procuratore dell’appellato, ovverosia il medesimo avvocato che aveva difeso parte appellata in primo grado. La Corte di merito, a fronte della contumacia di quest’ultima, accoglie il gravame ribaltando la decisione del giudizio di prime cure.

Parte appellata, rimasta soccombente in secondo grado, propone ricorso per cassazione denunziando la violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., invocando, nello specifico, l’inammissibilità del giudizio di gravame correlata alla nullità della notifica dell’atto di citazione in appello, eseguita nei confronti del proprio procuratore che in precedenza si è cancellato dall’albo degli avvocati. Contestualmente, parte ricorrente chiede altresì la declaratoria del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

SOLUZIONE
[1] La problematica attiene alla validità o meno della notifica dell’atto di appello eseguita nei confronti del procuratore dell’appellato che risulti cancellato dall’albo al momento della notifica. La Suprema Corte evidenziando la pregressa esistenza di un contrasto giurisprudenziale e volendo evitare la perpetuazione dei differenti filoni ermeneutici, ritiene opportuno «un nuovo intervento delle Sezioni Unite sulla questione che si ripresenta in termini di risolutività nel presente giudizio».

QUESTIONI
[1] Occorre premettere che l’ordinanza in commento richiama una diatriba interpretativa già trattata in precedenza e che, per opportuna conoscenza, può rinvenirsi al seguente link: https://www.eclegal.it/it/notificazione-sentenza-difensore-volontariamente-cancellato-dall-albo.

Il discrimine tra validità e invalidità della notificazione, nel caso di specie, è segnato innanzitutto dalla risposta che si intende fornire ai seguenti quesiti:

  • se il principio della perpetuatio dell’ufficio defensionale sancito all’art. 85 c.p.c. sia limitato alle sole ipotesi di revoca della procura e di rinuncia al mandato, ovvero se si estenda anche alla cancellazione volontaria dall’albo. A tal proposito è opportuno ricordare che, a differenza della revoca e della rinuncia, la cancellazione in parola avviene sulla base di una manifestazione unilaterale di volontà, insindacabile da parte del Consiglio dell’Ordine, alla quale segue l’inibizione all’esercizio del ministero di difensore con efficacia erga omnes.
  • se, aderendo alla tesi dell’inapplicabilità dell’art. 85 c.p.c., la fattispecie dia luogo a un’ipotesi di nullità o di inesistenza della notificazione.

La giurisprudenza della Cassazione appare incerta.

Infatti, secondo una prima corrente, la cancellazione volontaria dall’albo determina la decadenza dall’ufficio di procuratore e il venir meno dello ius postulandi, implicando la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e a ricevere atti processuali (Cass., sez. un., 26 marzo 1968, n. 935). Pertanto, nell’ipotesi de quo, l’avvenuta notificazione di atti processuali viene intesa come giuridicamente inesistente, fatta salva l’ipotesi in cui essa venga eseguita alla parte personalmente (Cass., sez. un., 21 novembre 1996, n. 10284).

Un secondo filone, invece, ritiene che la notificazione nei confronti del procuratore cancellatosi dall’albo sia da intendersi non come un’ipotesi di inesistenza, bensì di nullità sanabile ex tunc per effetto della sua rinnovazione, disposta ai sensi dell’articolo 291 c.p.c. o eseguita spontaneamente dalla parte, ovvero a seguito della costituzione del suo destinatario (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2009,  n. 9528; conforme Cass. civ., Sez. III, 13 dicembre 2005, n. 27450).

Da ultimo, si rinviene una terza corrente, più recente, che opta per l’estensione del principio della perpetuatio dell’ufficio defensionale anche alla cancellazione volontaria, seppur limitando tale principio al solo lato passivo; in altri termini, il ministero del difensore andrebbe a permanere solo per quanto concerne la sua capacità di ricevere notificazioni o comunicazioni per la parte da questi difesa. Con quest’ultima pronuncia la Corte di legittimità, discostandosi dai due precedenti filoni, ritiene che la cancellazione volontaria sia una circostanza assolutamente inidonea a giustificare un trattamento diverso da quello previsto dall’art. 85 c.p.c., poiché ciò che viene in rilievo è sempre il diritto processuale di continuare a considerare la parte avversa rappresentata da un suo difensore, quanto meno nella sua capacità di essere destinatario degli atti dei quali sia prevista la ricezione. Di conseguenza, la controparte può continuare a svolgere efficacemente, nei confronti del difensore volontariamente cancellatosi dall’albo, tutte le attività processuali di cui è destinatario la parte avversa (Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2012, n. 10301).

A fronte di una così variopinta realtà giurisprudenziale e dato atto del contrasto interno alla Corte, va salutata con favore la rimessione della questione alle Sezioni Unite.