Improcedibilità dell’impugnazione principale e conseguente inefficacia di quella incidentale tardiva
di Michele Ciccarè Scarica in PDFCass., Sez. VI-Lavoro, 15 marzo 2016, n. 5114
Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione – Improcedibilità ricorso principale – Inefficacia ricorso incidentale tardivo – Sussistenza (C.p.c. artt. 334, 369)
[1] Il ricorso incidentale tardivo per cassazione diventa inefficace qualora quello principale venga dichiarato improcedibile.
CASO
[1] Dopo aver validamente notificato un ricorso per cassazione, il ricorrente ometteva il successivo deposito dell’atto presso la cancelleria della Suprema Corte, in violazione dell’art. 369, co. 1, c.p.c.
Il resistente si costituiva comunque in giudizio mediante controricorso, con il quale proponeva ricorso incidentale, da qualificarsi tardivo ex art. 334, co. 1, c.p.c. in quanto notificato oltre il termine di decadenza previsto dall’art. 327 c.p.c.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, accertata ex art. 369, co. 1, c.p.c., l’improcedibilità dell’impugnazione principale proposta (per analoghe fattispecie v. Cass., 24 maggio 2013, n. 12894; Cass., 17 settembre 2012, n. 15544), dichiara altresì inefficace il ricorso incidentale tardivo proposto dal resistente.
QUESTIONI
[1] La sentenza in analisi applica al caso de quo un principio che in passato era stato oggetto di contrasto giurisprudenziale.
Occorre infatti rammentare che l’art. 334 c.p.c. fa espressamente discendere l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva dall’inammissibilità dell’impugnazione principale, mentre tace quanto alle conseguenze dell’improcedibilità di quest’ultima.
A fronte di tale incertezza, alcune pronunce consideravano efficace l’impugnazione incidentale tardiva nonostante l’improcedibilità di quella principale (Cass., 23 marzo 2005, n. 6220; Cass., 2 giugno 1997, n. 4894; Cass., 4 aprile 1992, n. 4366), mentre altre ne sancivano l’inefficacia (Cass., 21 aprile 2006, n. 9452; Cass., 5 luglio 2004, n. 12249; Cass., 29 maggio 1997, n. 4760; Cass., 28 luglio 1986, n. 4818).
Oggi, la conseguenza dell’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva – sia essa spiegata nel giudizio d’appello o in quello di cassazione – costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità a partire da Cass., Sez. Un., 14 aprile 2008, n. 9741 (in Foro It. 2008, I, 3633, con nota di Gambineri), emanata a composizione del sopra citato contrasto (ex multis, Cass., 4 febbraio 2016, n. 2165; Cass., 2 settembre 2015, n. 17446; Cass., 4 aprile 2014, n. 7898; Cass., 29 novembre 2013, n. 26847; Cass., 23 marzo 2012, n. 4767; Cass., 14 dicembre 2011, n. 26902; Cass., 13 ottobre 2010, n. 21148; Cass., 9 febbraio 2009, n. 3100).
Stando dunque a tale orientamento – il quale muove dall’ineludibile premessa di carattere generale che la sanzione dell’improcedibilità, al pari dell’inammissibilità, discende da un difetto procedurale dell’impugnazione non direttamente riconducibile alla volontà della parte –, l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva non discende dall’applicazione analogica dell’art. 334, co. 2, c.p.c., definito addirittura «superfluo» (così Cass., Sez. Un., 14 aprile 2008, n. 9741, cit.), bensì dal sistema processuale delle impugnazioni nel suo complesso.
Difatti, poiché la remissione in termini prevista dall’art. 334, co. 1, c.p.c., al fine di spiegare impugnazione incidentale trova esclusiva ratio nella proposizione di un’impugnazione principale idonea ad essere decisa nel merito, qualora ciò non possa avvenire – sia essa dichiarata inammissibile, improcedibile o finanche improponibile –, l’impugnazione incidentale tardiva è destinata a perdere efficacia.
Id est, vige un rapporto di dipendenza necessaria fra l’esame nel merito dell’impugnazione principale e la sorte dell’impugnazione incidentale tardiva, per cui alla preclusione del primo consegue l’inammissibilità di quest’ultima per sopravvenuto difetto di interesse.
In dottrina concorda Dominici, Nota in tema di improcedibilità del ricorso principale e tardività dell’incidentale, in Giur. It., 2009, I, 126; Provinciali, Delle impugnazioni in generale, 1962, 243; contrari a questa impostazione Odorisio, Dichiarazione di improcedibilità dell’impugnazione principale ed impugnazione incidentale tardiva, in Riv. Dir. Proc. 2009, 238; Proto Pisani, Lezioni di Diritto Processuale Civile, 2006, 461; Grasso, Le impugnazioni incidentali, Milano 1973, spec. 121 ss; Attardi, Limiti di applicazione del gravame incidentale tardivo, in Riv. Dir. Proc. 1965, 173; Vellani, Appunti sull’impugnazione incidentale tardiva, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1951, 973.
Viceversa, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che la rinuncia volontaria della parte all’impugnazione principale comporti la perdita di efficacia di quella incidentale tardiva (per tutte, Cass., sez. un., 19 aprile 2001, n. 925). Ciò in quanto tale rinuncia, da qualificarsi alla stregua di una rinuncia all’azione (in materia di appello v. Cass., 10 settembre 2004, n. 18255; Cass., 3 agosto 1999, n. 8387; Cass., 19 maggio 1995, n. 5556; per il giudizio di cassazione, arg. ex art. 390 c.p.c., v. Cass., 18 febbraio 2010, n. 3876 e Cass., 15 ottobre 2009, n. 21894), origina dall’esercizio di un diritto potestativo dell’impugnante principale; dunque, non avendo la parte il potere di opporsi alla rinuncia avversaria, l’ipotetica equiparazione con le ipotesi d’improcedibilità farebbe inaccettabilmente dipendere l’esito dell’impugnazione incidentale tardiva dall’arbitrio dell’impugnante principale (sul punto specifico cfr. Cass., 19 aprile 2011, n. 8925).
Per approfondimenti dottrinali sul tema v. Guarnieri, Le Sezioni Unite optano per la «sopravvivenza» del ricorso incidentale tardivo in caso di rinuncia al ricorso principale, in Riv. Dir. Proc. 2012, 212 (nota critica a Cass., sez. un., 19 aprile 2001, n. 925, cit.).