In tema di filtro in appello ex art. 342 c. p. c.
di Lorenzo Di Giovanna Scarica in PDF App. Potenza, 19 Aprile 2016
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Impugnazioni – Appello – Obbligo di motivazione – Pars destruens – Requisito della specificità – Necessità (art. 342 c.p.c)
Impugnazioni – Appello – Obbligo di motivazione – Pars costruens – Progetto alternativo di sentenza – Necessità (art. 342 c.p.c.)
[1] Nel motivare un atto d’appello l’attore deve indicare le ragioni per le quali ritiene che debba essere modificata la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, sottoponendo a una critica sufficientemente specifica le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.
[2] L’appellante deve, altresì, esporre, sempre in maniera specifica, le ragioni per cui ritiene esservi stata un’inesatta ricostruzione della fattispecie sotto il profilo giuridico, indicando le conseguenze che ne derivano ai fini della decisione.
CASO
[1] [2] Un istituto assicurativo agiva in giudizio nei confronti di uno dei due corresponsabili di un danno, per vedersi rimborsata – sul presupposto dell’avvenuta surrogazione ex art. 1201 e ss. c.c. – la somma di Euro 158.772,50, corrispondente alla metà dell’importo complessivo dalla stessa versato ai danneggiati.
Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava parte convenuta a versare all’attrice la predetta somma oltre agli accessori e alle spese di lite.
Per tali motivi, la parte convenuta impugnava quest’ultima decisione in appello chiedendo che la sentenza venisse riformata, denunciando, tra l’altro, l’errata applicazione della paritaria corresponsabilità ex art. 2055 c.c..
SOLUZIONE
[1] [2] La Corte dichiara l’appello inammissibile, ai sensi dell’art. 342 c.p.c.
Sotto il profilo formale, infatti, l’appellante ometteva del tutto l’indicazione delle parti del provvedimento che si intendevano impugnare e le modifiche richieste alla ricostruzione del fatto. Mancavano, altresì, l’indicazione delle circostanze da cui sarebbe derivata la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Inoltre, alcuni brani dell’atto di impugnazione (riportati testualmente in sentenza) apparivano di difficile intellegibilità.
QUESTIONI
[1] [2] L’art. 342 c.p.c. – come novellato dall’art. 54 l. 7 agosto 2012 n. 134 – onera l’appellante a motivare, nel corpo dell’atto di impugnazione, e le censure in fatto e quelle in diritto.
Un’interpretazione siffatta – radicata già da tempo in giurisprudenza( v. ad es. Cass., 27 febbraio 1996, n. 1535) – circoscrive i poteri di cognizione del giudice di secondo grado all’iniziativa della parte istante, affermando l’obbligo di specificità dei motivi al fine di individuare i vizi della sentenza impugnata, siano essi in fatto od in diritto.
Se per la giurisprudenza ante riforma, però, tale onere consisteva soltanto, quale pars destruens, nella «prospettazione di argomentazioni, contrapposte a quelle svolte nella sentenza impugnata, dirette a incrinarne il fondamento logico-giuridico» (v. Cass., sez. un., 29 gennaio 2000, n. 16); oggi la situazione è mutata.
Si assiste, infatti, nelle pronunce più recenti (v., da ultimo, la sentenza in epigrafe; e, sulla stessa linea, Trib. Monza, sez. I., 25 Marzo 2014, in La Nuova Procedura Civile, 5, 2014 con nota di L. Viola) ad un’interpretazione del novellato art. 342 c.p.c. che, valorizzandone il suo tenore letterale – v. il riferimento alle «modifiche» richieste –, obbliga l’appellante ad una pars costruens; consistente in un vero e proprio «progetto alternativo di sentenza».
L’atto di appello presenta, così, forti analogie con il ricorso per cassazione, specie sotto certi profili dell’autosufficienza. Secondo la corte d’appello di Potenza, infatti, tale atto «deve assumere un aspetto contenutistico assimilabile a quello della sentenza», a pena d’inammissibilità del gravame, sebbene il giudice sia sempre onerato a verificare «la rispondenza della ricostruzione operata dall’appellante agli elementi acquisiti in corso di causa».
La Corte afferma, poi, che l’art. 342 c.p.c., così inteso, è coerente col filtro – di merito –, disciplinato dall’art. 348 bis c.p.c.
I chiesti requisiti della specificità ed autosufficienza, difatti, rileverebbero anche ai fini della pronuncia di inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter c.p.c. Un appello sufficientemente specifico e “autosufficiente” risulta rapidamente valutabile, mettendo da subito in luce i casi in cui esso non ha ragionevole probabilità di essere accolto: e cioè quando (secondo le parole della Corte) risulti palese l’infondatezza, sulla base del materiale allegato dall’appellante, per controversie – prima facie – non particolarmente complesse.