Notifica a mezzo p.e.c. nel processo amministrativo: il “no” del Consiglio di Stato
di Serena Pilato Scarica in PDFConsiglio di Stato, Sez. III, 20 gennaio 2016, n. 189
[1] Processo amministrativo – notificazione a mezzo P.e.c. – utilizzabilità – esclusione (D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 52)
[2] Processo amministrativo – notificazione a mezzo P.e.c. – inesistenza – costituzione in giudizio del soggetto destinatario – sanabilità del vizio per raggiungimento dello scopo dell’atto – esclusione (D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 52)
[1] In assenza dell’autorizzazione presidenziale, la notifica a mezzo P.E.C. non è utilizzabile nel processo amministrativo, essendo, in base al disposto di cui all’art. 16- quater, comma 3- bis, del D.L. n. 179/12, esclusa l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l’operatività nel processo civile della modalità di notificazione in oggetto.
[2] L’invalidità della notifica effettuata a mezzo P.E.C. non può essere sanata dalla successiva costituzione in giudizio del soggetto destinatario della stessa, vertendosi in ipotesi di inesistenza della notifica.
CASO
[1-2] La parte soccombente in un giudizio innanzi al T.a.r. Sardegna impugna la sentenza innanzi al Consiglio di Stato e notifica ricorso alla controparte a mezzo P.E.C.
SOLUZIONE
[1-2] Il Consiglio di Stato, senza pronunciarsi sul merito della regiudicanda, dichiara irricevibile ricorso in appello per inesistenza della notificazione di quest’ultimo, siccome avvenuta in via telematica.
QUESTIONI
[1-2] Le questioni messe in luce dalla pronuncia sono principalmente due: la prima attiene al carattere di specialità del processo amministrativo sotto il profilo dell’esclusione, nello stesso, della notifica a mezzo P.E.C.; la seconda è legata alla natura del vizio che inficerebbe la notificazione in tal modo effettuata.
L’uso dello strumento in argomento non è, infatti, previsto dal codice del processo amministrativo, che, all’art. 52, espressamente richiede un’autorizzazione del Presidente per la notifica, in via telematica, del ricorso.
Sulla prima questione, si sottolinea che, contrariamente a quanto previsto per i giudizi civili e penali – in cui l’uso della modalità in parola è regolato dalla L.53/94 –, per il processo amministrativo l’All. 2 al c.p.a. prevede l’emanazione di un apposito D.P.C.M. che specificamente disciplini la materia.
In difetto del decreto menzionato, la lacuna normativa sta avendo non irrilevanti ripercussioni sull’esito dei procedimenti. (cfr. Tar Lazio, 13 gennaio 2015, n. 396)
Irragionevole appare il tentativo di rivendicare, sotto questo aspetto, la specialità del processo amministrativo: l’uso della P.E.C. risponde, infatti, ad esigenze di celerità e certezza delle notifiche degli atti processuali; la scelta di limitarne l’uso ai soli processi civile e penale non può che destare perplessità, non integrando lo strumento un istituto di diritto processuale, ma un mero, materiale, mezzo di notifica.
Il processo telematico non è, infatti, un nuovo processo, consistendo, piuttosto, in un sistema di strumenti informatici volti alla gestione dei dati dei soggetti coinvolti (DE SANTIS A. D., voce Processo telematico [dir. proc. civ.], in Treccani.it, 2015).
Ancora, tenendo conto del carattere estremamente tecnico delle disposizioni contenute nella L. 53/94, non si comprende perché, per l’uso della P.E.C. per la notifica di atti del processo amministrativo, dovrebbero valere regole diverse (cfr. CARINGELLA F., Codice del nuovo processo amministrativo, Roma, 2013, 447).
Sulla seconda questione, si osserva che la tesi dell’inesistenza denota un atteggiamento rigidamente formalistico, difficilmente conciliabile con le necessità della prassi processuale e con lo stesso interesse delle parti ad una “giustizia sul merito”.
Propendere per la radicale tesi dell’inesistenza della notifica non lascia, infatti, alcuno spazio alla possibilità che il vizio venga successivamente sanato mediante la costituzione in giudizio dell’appellato: le ripercussioni di un indirizzo siffatto sull’esito del procedimento sono inesorabili, pregiudicando le stesse, irrimediabilmente, l’interesse delle parti a conseguire pronunce sul merito.
Più condivisibile appare il più moderato orientamento propenso ad ammettere l’uso della P.E.C. nel processo amministrativo, pur in mancanza dell’autorizzazione presidenziale di cui all’art. 52 c.p.a. (cfr. Cons. St., 28 maggio 2015, n. 2682 e Cons. St.14 settembre 2015, n. 4270). L’assenza di quest’ultima non è stata, in particolare, ritenuta idonea ad inficiare la validità della notificazione, in ragione della ritenuta diretta applicabilità della L. 53/94 al processo amministrativo.
Per dirimere il riferito contrasto giurisprudenziale, occorrerebbe tenere nella dovuta considerazione l’innegabile tendenza del processo amministrativo a progressivamente trasformarsi in un “processo telematico”: onde evitare che l’attuale lacuna normativa abbia perniciosi reflussi sull’esito dei giudizi, l’estensione – quanto meno in via interpretativa – dell’ambito di applicazione della L. 53/94 appare, nelle more dell’approvazione del richiamato D.P.C.M., non solo ammissibile, ma anche necessaria e auspicabile.