Genitorialità e condotte di violenza domestica
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, 21 febbraio 2025, n. 4595
Affidamento dei figli-condotte di violenza domestica-alienazione genitoriale
(Art. 336 bis c.c., 337 bis, ter e octies c.c.)
Massima: “Nell’adottare i provvedimenti che riguardano i minori e la responsabilità genitoriale, il giudice della famiglia non può trascurare l’allegazione di comportamenti di violenza tenuti da un genitore, ma deve compiere accertamenti e valutazioni autonome che esulano dall’esito di eventuali giudizi penali, per valutare il miglior interesse dei figli e l’idoneità dei genitori a svolgere adeguatamente i loro compiti”.
CASO
La sentenza in esame prende in considerazione molti dei principi di base in materia di affidamento dei figli, in relazione alle condotte dei genitori, comprese quelle che integrano violenza assistita e vittimizzazione secondaria. Il caso ha origine da una separazione iniziata come consensuale, ma sfociata successivamente in un procedimento giudiziale di modifica degli accordi, in cui il padre lamentava di essere ostacolato nel suo diritto di visita dei due figli minori collocati presso la madre.
Il tribunale di Modena risolveva la questione affidando i figli al Servizio sociale incaricandolo di regolare le frequentazioni con il padre e di iniziare interventi di supporto alla genitorialità. La madre si oppone alla decisione presentando reclamo alla Corte d’appello, chiedendo l’affidamento esclusivo dei figli e la sospensione degli incontri con il padre, e sostenendo che la causa del disagio dei figli e il loro rifiuto di incontrarlo fosse dovuto alla sua condotta violenta nei confronti della mamma in loro presenza.
Tuttavia, la Corte d’appello bolognese, recependo la valutazione contenuta nella consulenza tecnica effettuata, respingeva la domanda della donna, ritenendo che il rifiuto dei figli di incontrare il padre fosse causato dalla denigrazione e svalutazione della figura paterna ad opera della mamma, e confermava l’affidamento al Servizio sociale con visite tra figli e genitore controllate e supportate dai Servizi.
La donna ricorre in Cassazione la quale, in accoglimento di due dei motivi di ricorso, rinvia alla Corte di merito per la revisione della decisione.
Soluzione della Cassazione: la rilevanza della violenza domestica.
La Corte si è soffermata in particolare sulle allegazioni di violenza domestica e violenza assistita sottovalutate o “peggio” non considerate dai giudici di merito. Si tratta di un errore perché tali fatti integrano uno di quei “gravi motivi” che giustificano, secondo il prudente apprezzamento del giudice, la sospensione dei contatti tra il genitore e i figli. La Corte di appello si era limitata a constatare che le denunce penali della moglie erano state archiviate e che comunque non avevano rilevanza nel giudizio. Ciò è in contrasto con il quadro normativo in tema di prevenzione e repressione della violenza domestica. Il nuovo testo di legge introdotto dalla riforma Cartabia negli artt. 473 bis 69 e ss. in attuazione della Convenzione di Istanbul del 2011, è chiaramente ispirato al principio secondo cui gli abusi familiari sono illeciti autonomi e autonomamente rilevanti, rispetto alle ipotesi di reato sanzionate dal codice penale come, ad esempio, i maltrattamenti in famiglia.
La Cassazione afferma quindi che se in un procedimento di affidamento dei figli minori, sono allegati comportamenti aggressivi o violenti di un genitore nei confronti dell’altro, il giudice civile deve necessariamente indagare per verificare se queste condotte sono state effettivamente tenute e come hanno inciso sulle relazioni familiari.
Il comportamento di violenza domestica non può essere considerato soltanto fonte di responsabilità individuale e pensare che non incida sui rapporti familiari e sulla idoneità genitoriale.
I giudici della Corte d’appello di Bologna hanno anche sbagliato nel recepire acriticamente le valutazioni finali del CTU che aveva attribuito esclusivamente alla madre la responsabilità del rifiuto dei figli di frequentare il padre. Il giudice della famiglia deve osservare e valutare i comportamenti tenuti dai genitori e dai figli, e di tutti gli elementi che caratterizzano la relazione familiare ai fini di accertare il miglior interesse del minore.
Il punto sull’alienazione parentale.
Come noto di recente la Cassazione ha negato l’esistenza di una “sindrome di alienazione genitoriale” quale patologia riscontrabile sul minore, che lo induce a rifiutare la figura di un genitore a causa della cattiva influenza dell’altro genitore. Non si può prescindere da una valutazione in fatto dei comportamenti familiari. Non è solo attraverso la consulenza tecnica che si possono accertare i comportamenti pregiudizievoli di un genitore perché il giudice ha a disposizione tutti i mezzi di prova del processo civile ed anche uno strumento specifico, quale è l’ascolto del minore. Nessuna diagnosi e nessuna terapia, anche se scientificamente fondate, possono essere fatte proprie dal giudice, ma devono essere inserite nel contesto della dinamica processuale, in cui viene in rilievo la posizione di tutte le persone aventi diritto alla tutela della relazione familiare (cfr. Cass Civ. n. 3576/2024).
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia