Inadempimento del conduttore e risarcimento del mancato guadagno: la soluzione delle Sezioni Unite
di Donatella Marino, Avvocato Scarica in PDFParole chiave
locazione abitativa – inadempimento conduttore – risarcimento danno – mancato guadagno – lucro cessante – pagamento canoni fino a scadenza naturale – onere probatorio – Sezioni unite Cassazione 4892/2025
Sintesi
La Suprema Corte, riunita in Sezioni Unite, con sentenza pubblicata il 25 febbraio 2025 ha risolto il conflitto giurisprudenziale in merito alla possibilità di ottenere il risarcimento da parte del conduttore moroso per i canoni non percepiti dopo la restituzione anticipata dell’immobile e ha stabilito che, in caso di risoluzione anticipata per inadempimento, il locatore può chiedere il risarcimento per i canoni non percepiti fino alla scadenza del contratto o a una nuova soluzione di redditività, seppur mantenendo l’onere probatorio di aver cercato attivamente un nuovo conduttore.
CASO
Il 23 settembre 2009 una società immobiliare acquistava un immobile in Roma subentrando nel contratto di locazione concluso nel 2007 tra la precedente proprietaria e il conduttore. Il conduttore, tuttavia, risultava moroso nel pagamento dei canoni di locazione. Così, la locatrice otteneva la convalida dello sfratto per morosità e attivava nell’aprile 2010 il procedimento per il rilascio dell’immobile, che avveniva però – con restituzione spontanea – solo il 22 settembre 2010. La società attrice chiedeva dunque il risarcimento dei danni, comprensivi dei canoni non pagati fino alla scadenza naturale del contratto, o quantomeno, fino alla conclusione di una nuova locazione, oltre alle spese legali per il procedimento di convalida dello sfratto. Il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente la domanda, condannando il conduttore a pagare 4.000 euro, ma rigettando le altre richieste. Chiamata a pronunciarsi sull’appello, la Corte di Roma confermava la decisione. Avverso tale decisione, la società locatrice proponeva ricorso in Cassazione che, rilevati due orientamenti della Suprema Corte sulla medesima questione, richiedeva l’intervento delle Sezioni Unite. La questione sollevata riguarda la possibilità, per il locatore, di ottenere il risarcimento per il danno derivante dalla mancata percezione dei canoni di locazione dopo che il conduttore inadempiente ha restituito l’immobile prima della scadenza naturale del contratto.
Primo orientamento
Questo primo orientamento sostiene che il locatore che ottenga la risoluzione anticipata del contratto per inadempimento del conduttore avrebbe diritto al risarcimento del danno derivante dalla cessazione anticipata del contratto identificato nella mancata percezione dei canoni che sarebbero stati dovuti fino alla scadenza naturale del contratto o fino al reperimento di un nuovo conduttore. “L’interesse protetto dal contratto di locazione, e che è stato leso dall’inadempimento, è lo specifico interesse al godimento indiretto mediante la percezione di un corrispettivo per l’altrui godimento, che il proprietario, in base all’esercizio di autonomia che gli compete, ha affidato alla tutela contrattuale, per cui l’inadempimento avrebbe violato il programma di godimento del bene prefigurato dal negozio.”
Nell’evoluzione di tale tesi, la valutazione dell’ammontare del danno è lasciata al giudice di merito. Inoltre, si fa una distinzione tra danno evento (l’inadempimento del conduttore, che comporta la mancata percezione dei canoni fino al reperimento di un nuovo conduttore) e danno conseguenza (quello risarcibile, ai sensi dell’art. 1223 c.c.). Il locatore ha dunque l’onere di provare il nesso causale tra l’inadempimento e i danni subiti, ed è parte di tale onere probatorio del locatore l’essersi attivato per rendere conoscibile con i mezzi ordinari la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione.
Secondo orientamento
Questo secondo orientamento, accolto dalle Corti territoriali nella vicenda in esame e criticato dalle Sezioni Unite, sostiene che, una volta che l’immobile viene restituito, il locatore non ha diritto al risarcimento per i canoni non percepiti fino alla scadenza del contratto, a meno che non emerga che la restituzione anticipata dell’immobile non abbia consentito al locatore di riprendere il godimento del bene. In altre parole, non si considera il danno derivante dalla mancata percezione dei canoni come un danno da “perdita subita” o “mancato guadagno” se il locatore è stato in grado di riutilizzare l’immobile. Solo se l’immobile restituito non è immediatamente riutilizzabile (ad esempio, a causa di condizioni in cui si trovava), il danno da mancata percezione dei canoni può configurarsi come un danno risarcibile e verrebbe calcolato in base al tempo necessario per ripristinare il godimento del bene.
L’interpretazione delle Sezioni Unite
Il Collegio ritiene che la restituzione anticipata dell’immobile da parte del conduttore non escluda automaticamente il diritto del locatore di richiedere il risarcimento dei canoni che sarebbero stati dovuti fino alla scadenza del contratto o fino al reperimento di un nuovo conduttore. Tuttavia, il danno risarcibile non include automaticamente tutti i canoni non percepiti fino alla scadenza del contratto, ma deve essere valutato caso per caso. La Suprema Corte sostiene che l’interpretazione dei giudici territoriali, secondo cui il contratto di locazione si basi sulla “rinuncia al godimento diretto” da parte del locatore, sia una visione limitata della realtà contrattuale. Non è certo che chi affida un immobile a terzi per il suo godimento abbia un interesse significativo nel mantenere il godimento diretto dell’immobile o che desideri farlo, posto che molti acquistano un immobile con finalità di investimento. Una siffatta ricostruzione del fenomeno contrattuale, nella prospettiva dell’inadempimento, ignora la mancata realizzazione del programma negoziale originario a causa dell’inadempimento neutralizzando la rilevanza giuridica dell’inadempimento stesso, in quanto non ne riconosce l’impatto sull’accordo iniziale tra le parti.
La Suprema Corte sottolinea, invece, come sia più appropriato considerare il contratto di locazione come uno scambio economico-sociale. In questo scambio, il conduttore paga un canone non per compensare il sacrificio del godimento diretto del locatore, ma per ricevere i benefici dell’uso del bene. Questo accordo crea un nuovo assetto economico-giuridico tra le parti, destinato a stabilizzarsi attraverso il rispetto del programma contrattuale. Dunque, “apparirà di immediata comprensione come la restituzione dell’immobile prima della conclusione del contratto da parte del conduttore inadempiente non potrà mai valere a determinare di per sé l’integrale ricostituzione della condizione economico-giuridica del locatore configuratasi a seguito della conclusione del contratto di locazione.” La restituzione anticipata dell’immobile da parte del conduttore inadempiente non ripristina l’equilibrio originario tra le parti, ma segna il fallimento del programma contrattuale, la cui realizzazione è stata impedita dalla responsabilità del conduttore. Ne consegue che “la frustrazione degli interessi negoziati” non può essere considerata “compensata dalla mera restituzione economica”.
Quanto all’onere probatorio che rimane in capo al locatore, la Suprema Corte chiarisce che il tema dell’inadempimento del conduttore deve essere tuttavia trattato come una questione di determinazione del danno risarcibile. Non è, dunque, automatica, ma dipende dal danno diretto causato dall’inadempimento, secondo l’art. 1223 c.c. Il locatore ha l’onere di provare il danno subito. Il locatore deve dimostrare di aver cercato attivamente di affittare l’immobile dopo la restituzione per evitare una perdita di redditività. Una responsabilità del locatore potrebbe pertanto trovare origine dal suo comportamento dopo la risoluzione del contratto.
Una ulteriore questione riguardava l’applicabilità dell’art. 1591 c.c. per la determinazione dei danni risarcibili al locatore in caso di inadempimento del conduttore. Secondo tale norma, il conduttore in mora a restituire l’immobile è obbligato a pagare il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo il risarcimento del maggior danno. L’ordinanza di rimessione suggerisce l’applicazione analogica di questa norma al caso di inadempimento del conduttore, limitando il risarcimento al corrispettivo convenuto fino alla restituzione dell’immobile, salvo dimostrare un danno maggiore. Tuttavia, le Sezioni Unite ritengono che questa estensione analogica non sia giustificata. L’art. 1591 c.c. riguarda specificamente il ritardo nella restituzione dell’immobile, e non il fallimento del programma contrattuale dovuto al mancato pagamento dei canoni. Pertanto, il “maggior danno” in questo contesto rimane relativo al ritardo nella restituzione e non alle conseguenze più ampie dell’inadempimento del conduttore.
L’insieme delle considerazioni sin qui svolte giustifica l’accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dalla locatrice, in quanto il principio di diritto che ne deriva è il seguente: «Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.».
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