4 Marzo 2025

La ristrutturazione trasversale è compatibile col concordato in continuità indiretta?

di Luca Andretto, Avvocato Scarica in PDF

Corte d’Appello di Brescia., sez. I civ., 17 novembre 2024, n. 20862 – Pres. Magnoli – Rel. Stagno

Parole chiave

Concordato preventivo – Concordato in continuità aziendale – Continuità indiretta – Giudizio di omologazione – Ristrutturazione trasversale – Cross class cram down – Classe interessata – Valore di liquidazione – Valore eccedente quello di liquidazione – Finanza esterna – Regola di priorità assoluta – Absolute priority rule – Regola di priorità relativa – Relative priority rule

Massima: “Ai fini dell’omologazione del concordato in continuità aziendale, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la ristrutturazione trasversale postula la configurabilità di un valore eccedente quello di liquidazione, da intendersi quale plusvalore riconducibile alla redditività aziendale, mentre non è sufficiente l’apporto di risorse esterne da parte di terzi del tutto svincolati da rapporti con i creditori”.

Riferimenti normativi

Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, artt. 84, 86, 87, 109, 112; D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136, artt. 21, 26, 56.

CASO

Nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, l’azienda di cui la società debitrice era titolare viene trasferita mediante procedimento competitivo ex art. 91 CCII e il terzo cessionario si obbliga a corrispondere, oltre al prezzo , un consistente apporto finanziario a fondo perduto. L’attivo concordatario viene ad essere costituito essenzialmente dal prezzo di cessione e da tale apporto finanziario, nonché in via residuale dal valore di liquidazione di taluni beni rimasti estranei al perimetro dell’azienda ceduta.

Sulla proposta concordataria in continuità aziendale indiretta si esprime favorevolmente solo metà delle classi di creditori votanti, sicché la società debitrice chiede che si proceda all’omologazione mediante ristrutturazione trasversale ai sensi dell’art. 112, comma 2, CCII. Il Tribunale di Mantova, tuttavia, rigetta l’istanza (cfr. sentenza del 14 marzo 2024, in www.dirittodellacrisi.it). Viene rilevata l’assenza di un valore eccedente quello di liquidazione, da intendersi quale plusvalore riconducibile alla redditività aziendale, non potendosi considerare tale l’apporto finanziario a fondo perduto messo a disposizione dal terzo cessionario. Questo apporto è, piuttosto, qualificabile come finanza esterna, che si distingue dal valore eccedente quello di liquidazione in quanto liberamente distribuibile.

In base all’interpretazione restrittiva adottata dal Tribunale, l’assenza di un valore eccedente quello di liquidazione comporta l’impossibilità di verificare che le classi favorevoli rispettino il secondo requisito posto dalla seconda parte dell’art. 112, comma 2, lett. d), CCII, ossia che si tratti di classi di creditori “che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione” (formulazione anteriore al D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136).

La società debitrice propone reclamo, sostenendo che nel valore eccedente quello di liquidazione debbano ricomprendersi pure gli apporti di finanza esterna: in caso contrario, si verificherebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra concordati in continuità diretta e concordati in continuità indiretta, nel senso che solo i primi potrebbero avvalersi della ristrutturazione trasversale. Nella continuità indiretta, infatti, non potrebbero emergere flussi reddituali diversi ed ulteriori rispetto al corrispettivo del trasferimento (a titolo definitivo o temporaneo) dell’azienda.

SOLUZIONE

La Corte d’Appello di Brescia respinge il reclamo, ravvisando nel D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. decreto correttivo-ter) una conferma dell’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata.

In primo luogo, il novellato art. 87, comma 1, lett. c), CCII (come riformulato dall’art. 21 del correttivo-ter) introduce una definizione normativa del valore di liquidazione, comprensivo dell’eventuale maggior valore economico realizzabile in sede di liquidazione giudiziale dal trasferimento dell’azienda in esercizio. Ciò impedisce di ricomprendere nel valore eccedente quello di liquidazione il corrispettivo del trasferimento dell’azienda, ogni qualvolta risulti plausibile – come nel caso di specie – che esso si sarebbe potuto acquisire all’attivo anche in sede di liquidazione giudiziale.

In secondo luogo, nel novellato art. 84, comma 6, CCII (come riformulato dallo stesso art. 21 del correttivo-ter), ferma la previsione che nel concordato in continuità aziendale il valore eccedente quello di liquidazione va distribuito nel rispetto della regola di priorità relativa, è stata inserita la precisazione espressa che, invece, le risorse esterne possono essere distribuite liberamente, senza soggiacere ad alcuna regola distributiva. Ciò impedisce di ricomprendere nel valore eccedente quello di liquidazione l’apporto di risorse esterne di carattere esogeno, secondo quanto invece sosteneva un orientamento giurisprudenziale anteriore alla novella (cfr. Trib. Treviso, 10 gennaio 2024, in www.dirittodellacrisi.it).

La Corte d’Appello espone, perciò, che nell’attuale contesto normativo il valore eccedente quello di liquidazione e le risorse esterne sono inequivocabilmente “fatti differenti, attenendo il primo a un surplus concordatario, derivante dall’attuazione del concordato e nella disponibilità degli organi della procedura chiamati a ripartirlo secondo i criteri distributivi previsti dal piano, purché conformi al dettato dell’art. 84, comma 6, CCII, ed il secondo a finanze esterne di terzi del tutto svincolati da rapporti con i creditori”.

In terzo luogo, il novellato art. 112, comma 2, lett. d), CCII (come riformulato dall’art. 26 del correttivo-ter) chiarifica una delle condizioni affinché un concordato in continuità aziendale, non approvato dall’unanimità delle classi, possa essere comunque omologato mediante ristrutturazione trasversale: a tal fine, esso dev’essere approvato dalla maggioranza delle classi, purché almeno una formata da creditori titolari di diritti di prelazione, o in alternativa dev’essere approvato da almeno una classe di creditori “1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito; 2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”. La riformulazione, in questo caso, non incide sul contenuto della norma, nella parte che era stata oggetto dell’interpretazione restrittiva adottata dal Tribunale di Mantova.

Poiché, dunque, la norma continua a richiedere che, nella seconda alternativa, la classe favorevole sia composta da creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti anche sul valore eccedente quello di liquidazione, la Corte d’Appello condivide l’interpretazione restrittiva per cui, difettando un plusvalore riconducibile alla redditività aziendale, non possa farsi luogo a ristrutturazione trasversale. Conclude, pertanto, che, “in mancanza di un surplus concordatario da distribuire, non vi è ragione di derogare alle ‘ordinarie’ regole di approvazione del concordato”.

QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA

L’interpretazione restrittiva adottata dal Tribunale di Mantova e dalla Corte d’Appello di Brescia non è l’unica consentita dal tenore letterale dell’art. 112, comma 2, lett. d), CCII. Secondo altro orientamento giurisprudenziale, “la carenza di valore eccedente quello di liquidazione non può ritenersi ostativa alla possibilità di ristrutturazione trasversale […], posto che la disposizione in esame impone la condizione concorrente della distribuzione di tale valore secondo i criteri ivi indicati, ove esistente, ma non sembra imporre l’effettiva distribuzione di tal risorsa aggiuntiva a pena di inammissibilità del cross [class] cram down, ove non disponibile, come nella specie per parità dei valori di liquidazione e di cessione a terzi del complesso aziendale” (Trib. Bari, 8 aprile 2024, in Foro It., 2024, I, 1257).

In sostanza, secondo quest’interpretazione estensiva, la ristrutturazione trasversale potrebbe aver luogo pure in difetto di un plusvalore riconducibile alla redditività aziendale e, in tal caso, ricorrendo gli altri requisiti posti dall’art. 112, comma 2, CCII, per l’omologazione sarebbe sufficiente il voto favorevole di una qualunque classe di creditori cui sia offerto un importo non integrale del credito, a prescindere dal rango e da ogni altro presupposto.

I risvolti applicativi dei due orientamenti sono ovviamente diversi. Aderendo all’interpretazione estensiva, la ristrutturazione trasversale sarebbe compatibile con ogni fattispecie di concordato in continuità aziendale, sia diretta sia indiretta, in coerenza con il favor legis per la salvaguardia dei compendi aziendali a prescindere dalla soggettività dell’imprenditore: favor ricavabile dall’art. 84, comma 2, CCII, ove la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato viene equiparata alla sua prosecuzione o ripresa da parte di un soggetto diverso dal debitore, in forza di cessione, usufrutto, conferimento dell’azienda in una o più società, affitto, o qualunque altro titolo.

Aderendo, invece, all’interpretazione restrittiva, si avrebbe una limitata compatibilità della ristrutturazione trasversale con il concordato in continuità indiretta. Non vi sarebbero ostacoli qualora il concordato preventivo fosse approvato dalla maggioranza delle classi, purché almeno una formata da creditori titolari di diritti di prelazione. Qualora, però, difettasse anche tale maggioranza, occorrerebbe verificare se la classe assenziente di cui non sia previsto il pagamento integrale abbia l’aspettativa – secondo la regola di priorità assoluta – di trovare almeno parziale soddisfacimento “anche sul valore eccedente quello di liquidazione”.

Orbene, se in base all’art. 87, comma 1, lett. c), CCII il valore di liquidazione comprende quello realizzabile in sede di liquidazione giudiziale dal trasferimento (a titolo definitivo o temporaneo) dell’azienda in esercizio, ciò significa che il prezzo di compravendita, il corrispettivo della costituzione onerosa di usufrutto, il controvalore della partecipazione in società conferitarie, i canoni d’affitto, ecc., non possono essere inclusi nel valore eccedente quello di liquidazione, a meno che siffatto trasferimento risulti implausibile in sede di liquidazione giudiziale (in senso analogo, pur con riguardo a fattispecie di continuità diretta, cfr. Trib. Milano, 5 febbraio 2024, decr., in www.dirittodellacrisi.it; Trib. Firenze, 8 gennaio 2025, in www.ilcaso.it).

Mancando la dimostrazione di tale implausibilità, l’unica residua possibilità di riscontrare un plusvalore riconducibile alla redditività aziendale sarebbe quella di far susseguire il trasferimento dell’azienda a un precedente periodo di gestione in continuità diretta, sufficientemente lungo da generare flussi di cassa netti che non restino assorbiti dal valore di liquidazione. Questi flussi di cassa netti andrebbero, così, ad integrare il valore eccedente quello di liquidazione, del quale può essere proposta la distribuzione secondo la regola di priorità relativa e che, in base all’interpretazione restrittiva dell’art. 120, comma 2, lett. d), CCII, costituirebbe presupposto necessario affinché possa operare la ristrutturazione trasversale in difetto di approvazione a maggioranza delle classi.

Il correttivo-ter è intervenuto sul codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza con l’espresso obiettivo di correggerne le disarmonie interne e di chiarificare le disposizioni che avevano dato adito a contrasti interpretativi. Forse, però, il contrasto tra l’orientamento che interpreta restrittivamente e quello che interpreta estensivamente l’art. 112, comma 2, lett. d), CCII è insorto in giurisprudenza troppo a ridosso dell’elaborazione della novella. Ora, la sentenza della Corte d’Appello di Brescia viene a rafforzare l’orientamento restrittivo e di ciò occorrerà tenere conto ogni qualvolta si approcci un concordato in continuità indiretta.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Codice della crisi e dell’insolvenza: novità ed operatività dei nuovi strumenti di risanamento