Cessione di crediti in blocco ex art. 58 TUB: recenti orientamenti giurisprudenziali
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFIl Tribunale di Ferrara, con sentenza del 2 gennaio 2025, pronunciata in un giudizio di opposizione all’esecuzione relativo alla riscossione di un credito bancario oggetto di cessione, si è espresso su questioni attinenti alla cessione di crediti in blocco ex art. 58 TUB e al loro recupero, aderendo ai principi sanciti dalla Corte di Cassazione in materia.
Richiamando la sentenza n. 17944 del 2023 della Suprema Corte, il Tribunale ha ribadito che, in tema di cessione di crediti in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B., «ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dovendo il giudice procedere a un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario».
Il Tribunale ha altresì richiamato la pronuncia n. 21821 del 20 luglio 2023 della Corte di Cassazione, secondo cui «è sufficiente, allo scopo di dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi», purché «gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione».
Infine, il Tribunale di Ferrara ha affrontato la questione del difetto di legittimazione del sub-servicer incaricato del recupero del credito per mancata iscrizione al registro di cui all’art. 106 TUB. Sul punto, aderendo ai principi espressi dalla Suprema Corte con la sentenza n. 7243 del 18 marzo 2024, ha affermato che «il conferimento dell’incarico di recupero dei crediti cartolarizzati a un soggetto non iscritto nell’albo di cui all’art. 106 TUB e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti non sono affetti da invalidità, in quanto l’art. 2, comma 6, della l. n. 130 del 1999 attiene alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è tutelata dal sistema dei controlli dell’Autorità di vigilanza».
Con la sentenza n. 4165 del 30 dicembre 2024, il Tribunale di Firenze si è soffermato sulla documentazione probatoria idonea a dimostrare la legittimazione attiva del cessionario in caso di cessione in blocco.
Nel caso in esame, l’attrice aveva introdotto il giudizio di merito a seguito della sospensione dell’esecuzione immobiliare disposta dal Giudice dell’Esecuzione, che aveva accolto il ricorso in opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c. presentato dalla convenuta. L’opponente aveva contestato sia l’esistenza dell’originaria cessione in blocco dei crediti dalla banca cedente alla società cessionaria, sia l’inclusione del credito derivante dal contratto di mutuo oggetto di esecuzione nell’ambito della cessione.
Il Tribunale ha affermato che la prova della legittimazione attiva incombe sulla società attrice che si afferma cessionaria dei crediti, richiamando la normativa di riferimento (TUB e legge n. 130/1999), che consente alla banca cessionaria di notificare l’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Tale meccanismo risponde all’esigenza di semplificare la pubblicità e l’opponibilità delle cessioni di vasti portafogli di crediti.
Sulla base di tali principi, il Tribunale ha richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’avviso pubblicato sulla G.U., da cui risultano chiaramente l’esistenza del contratto di cessione, le parti contraenti e i criteri di individuazione dei crediti ceduti, è idoneo a dimostrare la legittimazione attiva del cessionario. In particolare, ha citato la sentenza n. 5478 del 29 febbraio 2024 della Corte di Cassazione, che ha chiarito che «la pubblicità notizia in G.U. non ha effetto costitutivo del sinallagma contrattuale, ma ciò non esclude che tale avviso, unitamente ad altri elementi, possa essere valutato dal giudice del merito come indizio per la prova presuntiva della cessione».
Inoltre, ha richiamato le pronunce n. 21821 del 20 luglio 2023 e n. 10860 del 22 aprile 2024 della Suprema Corte, le quali hanno confermato che l’avviso in G.U. non deve contenere un’elencazione specifica di ciascun credito ceduto, purché «gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione».
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