Censura in cassazione dell’art. 2729 c.c.
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 9 gennaio 2025, n. 476, Pres. Travaglino, Est. Tatangelo
[1] Tutela dei diritti – Presunzioni – Presunzioni semplici.
Massima: “La valutazione delle presunzioni, nell’ambito del processo civile, è soggetta a criteri che il giudice di merito deve osservare con scrupolosità. L’art. 2729 c.c. stabilisce che le presunzioni, per essere utilizzate come mezzo di prova, devono essere gravi, precise e concordanti. Questi requisiti sono indispensabili affinché gli elementi presuntivi possano essere considerati idonei a dimostrare i fatti ignoti, seguendo il criterio dell’id quod plerumque accidit. La valutazione del rispetto di tali requisiti e dell’adeguatezza delle presunzioni è un’attività discrezionale che compete esclusivamente al giudice di merito e non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità, se non nei casi in cui il giudice abbia fondato il proprio ragionamento su presunzioni che non rispettano i canoni di gravità, precisione e concordanza, o abbia basato la presunzione su un fatto storico privo di tali caratteristiche. La censura per violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. è ammissibile in sede di legittimità solo quando il giudice di merito affermi esplicitamente che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, o quando il ragionamento presuntivo sia fondato su un fatto storico che non soddisfi tali requisiti. Non è invece consentito, in sede di cassazione, proporre una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o una inferenza probabilistica alternativa a quella adottata dal giudice di merito. Inoltre, la critica per vizio di motivazione non può limitarsi a esprimere un convincimento diverso da quello del giudice di merito, ma deve evidenziare l’assoluta illogicità o contraddittorietà del ragionamento decisorio. La mancata valutazione di un elemento indiziario non può, di per sé, configurare il vizio di omesso esame di un punto decisivo, a meno che non emerga chiaramente dall’impugnazione l’insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento della sentenza impugnata”.
CASO
[1] Un soggetto agiva in giudizio nei confronti di un ingegnere allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni che lo stesso gli avrebbe causato in conseguenza dell’inesatto adempimento delle obbligazioni derivanti dall’incarico di progettazione e direzione lavori relativi a un intervento di ristrutturazione di un immobile di sua proprietà, realizzato in difformità rispetto alla concessione edilizia e alle successive varianti presentate dallo stesso professionista.
Il convenuto contestava la domanda di parte attrice e, comunque, chiamava in giudizio la propria assicuratrice della responsabilità civile per essere garantito in caso di eventuale soccombenza.
L’adito Tribunale di Ancona rigettava la domanda attorea, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto, con decisione che veniva confermata dalla Corte d’Appello all’esito del giudizio di secondo grado.
Contro la pronuncia di seconde cure veniva proposto ricorso per cassazione denunciante, per quanto di interesse ai fini del presente commento, ai sensi dell’art. 360, n. 3), c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2721 e 2729 c.c., in relazione al ragionamento presuntivo operato dalla Corte d’Appello con riguardo all’accertamento del momento in cui la produzione del danno dedotto dall’attore si era manifestata all’esterno in modo oggettivamente percepibile (profilo evidentemente rilevante ai fini dell’intervenuto accoglimento dell’eccezione di prescrizione proposta).
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte giudica tale motivo di ricorso infondato, escludendo la dedotta violazione degli artt. 2721 e 2729 c.c.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, le censure avanzate da parte ricorrente si risolvono in una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali ovvero nella prospettazione di inferenze probabilistiche degli elementi considerati diverse da quelle ritenute applicabili dal giudice di merito – il che non è consentito nel giudizio di cassazione.
Di conseguenza, il ricorso proposto viene rigettato.
QUESTIONI
[1] La questione affrontata dalla Cassazione attiene alle corrette modalità di censura, in sede di legittimità, del ragionamento presuntivo svolto dal giudice del merito.
Nel caso di specie, oggetto di contestazione era stato il ragionamento operato dalla Corte d’Appello di Ancona per determinare il momento (rilevante ai fini dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto) in cui la produzione del danno dedotto dall’attore si era manifestata all’esterno in modo oggettivamente percepibile.
Giova, anzitutto, ricordare che le presunzioni semplici, disciplinate dall’art. 2729 c.c., sono quelle lasciate alla prudenza del giudice, «il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti».
Per quanto riguarda i requisiti indicati dalla norma, la gravità della presunzione indica la forza dell’inferenza, ossia il grado di conferma che essa attribuisce alla conclusione relativa all’enunciato riguardante il factum probandum; la precisione, invece, indica l’univocità della presunzione, che deve essere idonea a condurre a una conclusione che riguarda specificamente il factum probandum; da ultimo, la concordanza, se sembra limitare l’impiego delle presunzioni al solo caso in cui sia possibile formulare più inferenze (che devono essere allora convergenti sulla medesima conclusione) sulla base di diversi fatti noti, in realtà non impone sempre – in accordo con la giurisprudenza assolutamente prevalente (ad es., Cass., 29 luglio 2009, n. 17574) -, la necessità di una pluralità di inferenze positive in relazione allo stesso fatto ignorato: dunque, se è possibile formulare una sola presunzione fondata su un solo fatto noto, e la stessa è adeguatamente grave e precisa, essa può anche costituire da sola il fondamento probatorio dell’accertamento del fatto ignorato (in argomento, M. Taruffo, Le prove per induzione, in M. Taruffo (a cura di), La prova nel processo civile, Milano, 2012, 1103 ss.).
Secondo un consolidato indirizzo di legittimità, “in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito” (Cass., 25 settembre 2023, n. 27266; Cass., 5 agosto 2021, n. 22366).
Correlativamente, “la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3), c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma” (Cass., 21 marzo 2022, n. 9054), in quanto “la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo” (così, Cass., 26 febbraio 2020, n. 5279; conf., Cass., 30 giugno 2021, n. 18611, secondo cui “la critica deve concentrarsi sull’insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può svolgere argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità, criticando la ricostruzione del fatto ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione”).
Nel caso di specie, le censure formulate con il motivo di ricorso proposto si sono invece risolte nella contestazione di accertamenti di fatto operati dai giudici di merito sulla base della prudente valutazione delle prove e sostenuti da adeguata motivazione, non apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile in sede di legittimità.
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