La liquidazione controllata e l’esdebitazione: si ritiene necessaria una valutazione prognostica?
di Marta Bellini, Avvocato e Professore a contratto Università degli Studi di Verona Scarica in PDFTribunale di Ascoli Piceno 8.11.2024
Parole chiave: Sovraindebitamento – Procedure – Liquidazione controllata – Attivo liquidabile – Eccessiva non operabilità dell’impresa – Esdebitazione
Massima: “Ai sensi del nuovo art. 282 CCII, per le procedure di liquidazione controllata l’esdebitazione opera di diritto, e a condizione che il debitore non abbia “determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode”. Ebbene, nonostante non si tratti di una condizione per l’ammissibilità del ricorso e fermo restando che ogni valutazione sulla sussistenza delle preclusioni di cui agli artt. 280 e 283, c. 2 CCII resta riservata ad una fase successiva alla apertura della procedura di sovraindebitamento, questo Tribunale ritiene opportuno esprimere – già in questa prima fase e considerando quanto la legge richiede di esprimere in sede di ricorso per la liquidazione controllata – un giudizio prognostico negativo in considerazione dello squilibrio evidenziato dall’OCC in sede di integrazione alla relazione nell’assunzione dei debiti e del costante, e prolungato nel tempo, indebitamento nei confronti degli enti pubblici (tale da far ritenere che l’impresa, da cui derivano i debiti della persona, fosse da tempo non in grado di essere sul mercato e che sia rimasta in esso solo attraverso l’inadempimento citato)”.
Disposizioni applicate: art. 268 – 280 – 282 – 283
Emerge nella decisione del Tribunale di Ascoli Piceno come l’esdebitazione automatica che segue al decorrere dei tre anni dall’apertura della procedura di liquidazione giudiziale debba essere preceduta dal giudizio specificamente indicato del gestore nominato dall’OCC. Nonostante il giudizio possa valutare la mancanza di frode o colpa grave, il Tribunale ritiene doveroso evidenziare come l’eccessiva stasi del debitore possa acquisire l’accezione di malafede.
Per questo motivo, il tribunale ascolano ritiene di esprimere una valutazione immediata, che indichi come il tempo trascorso dall’emergere dei debiti alla cessazione dell’attività d’impresa, abbia negativamente inciso sull’ammontare del passivo e come tale circostanza non possa che essere immediatamente evidenziata in sede di requisiti per la concessione dell’esdebitazione, ancor prima di dichiarare aperta la procedura.
CASO E SOLUZIONE
Il Tribunale di Ascoli Piceno nel novembre del 2024 apriva la procedura di liquidazione controllata a favore di Tizio, ritenendo a seguito del deposito della relazione particolareggiata del gestore, sussisterne i requisiti soggettivi ed oggettivi di accesso. Chiedeva altresì al gestore, in sede di integrazione, di evidenziare se sussistessero i requisiti richiesti dalla normativa al fine della concessione della futura esdebitazione. In sede di tale valutazione ex ante, evidenziava come il trascorrere del tempo in capo all’imprenditore, che aveva “temporeggiato” prima di cessare la propria attività d’impresa, potesse costituire un elemento a sfavore della concessione dell’esdebitazione, benché la stessa potesse essere valutata solo a seguito del corretto andamento della procedura decorsi i anni.
QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA
In merito alla proposta di accesso alla procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato possibilità di futuro realizzo
L’art. 268 CCI prevede che il debitore che si trovi in stato di sovraindebitamento possa accedere ad una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni. La medesima procedura può essere richiesta da uno dei suoi creditori se il debitore si trova in uno stato di insolvenza.
L’accesso alla procedura di liquidazione controllata può essere, a differenza della gravità della crisi quindi, volontaria o coattiva; comune resta invece l’oggetto della procedura: la liquidazione dei beni del debitore.
La fattispecie qui in esame vede l’accesso alla procedura di LC da parte di persona fisica non esercente attività d’impresa (seppur i debiti traggano origine dalla sua precedente attività quale imprenditore individuale).
La situazione patrimoniale ha evidenziato un debito elevato, contratto soprattutto nei confronti dell’erario e dei pubblici uffici (INPS ed INAIL), oltre che bancario. L’attivo invece risulterebbe rappresentato da un compendio immobiliare rappresentante l’unico cespite vendibile, nonché dalla possibilità da parte del debitore di versare mensilmente una somma di denaro.
Esaminata la corretta competenza ex art. 27 comma 2 CCII ed accertato dalla documentazione prodotta unitamente alla domanda presentata all’OCC, che il ricorrente non è assoggettabile alla liquidazione giudiziale o alla liquidazione coatta amministrativa, è stata emarginata ed istruita la posizione avanti l’OCC e poi dal Tribunale.
A differenza della domanda di liquidazione controllata proposta da uno dei creditori, l’art. 268, comma 3 CCII prevede che “Quando la domanda di apertura della liquidazione controllata è proposta dal debitore persona fisica, si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata se l’OCC attesta, nella relazione di cui all’art. 269, comma 2 che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie”.
La norma chiede che ai fini della corretta apertura della procedura, che possa individuarsi un attivo realizzabile a copertura dei costi che la stessa comporta, al fine di evitare un dispiego di risorse di natura economica e professionale che troverebbero diversamente tutela economica. In caso di riscontro negativo a tale valutazione e nella fattispecie di mancanza di beni da offrire, il legislatore, nel rispetto dei requisiti previsti, permette al debitore l’accesso alla diversa procedura di esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII).
La giurisprudenza della procedura di liquidazione controllata ha visto in un primo momento concedere l’accesso solo ai debitori che avessero un patrimonio da offrire (Tribunale di Piacenza 20.6.2022, Tribunale di Rimini 22.4.2021 e 23.12.2022 e Tribunale di Palermo 30.9.2022 per cui, pur in assenza di beni o in presenza di una disponibilità finanziaria minima, la liquidazione non può essere aperta, considerato che “anche nella procedura di liquidazione del sovraindebitato deve tenersi conto, ai fini della ammissibilità, della economicità della procedura, cioè della sua utilità prospettica rispetto allo scopo, che è quello di distribuire ai creditori un qualche attivo di liquidazione, in relazione ai costi professionali che l’attività liquidatoria e distributiva comporta”).
A dire la verità, già in vigenza della procedura ex art. 14ter L3/12, qualche tribunale aveva ammesso la possibilità di accedere alla liquidazione senza beni (Trib. Matera 24 ottobre 2019 e Trib. Roma 29 aprile 2019), e con l’entrata in vigore del CCI, sicuramente maggiori sono state le decisioni in tal senso anche a favore delle società (Trib. di Rimini, 12 dicembre 2023; Trib. di Bologna 3 luglio 2023; Trib. di Bergamo, 7 giugno 2023 e Trib. di Mantova 9 febbraio 2023). Tale seconda previsione deriva sicuramente dal possibile alternativo accesso all’esdebitazione di cui all’art. 283 CCI, differenziando in questo modo la posizione dell’incapiente, pur idoneo all’esdebitazione, rispetto al debitore che sia in grado di corrispondere un qualcosa ai creditori. Parimenti, la giurisprudenza ha accolto e quindi conseguentemente aperto procedure di liquidazioni giudiziali anche nei casi di assenza di attivo (così Trib. Bologna 4.8.2020, Trib. Milano 12.1.2023) o quando le somme ricavabili dalla liquidazione siano capaci di coprire le sole spese in prededuzione (Trib. di Milano 12.1.2023 contra Trib. Rimini 22.4.2021; Trib. Piacenza 20.6.2022; Trib. Palermo 30.9.2022, che hanno tutti sottolineato l’inutilità di consentire l’apertura di una procedura senza attribuzioni ai creditori, e generativa di costi in prededuzione).
La procedura qui in esame, elenca da una parte l’effettiva presenza di un complesso immobiliare il cui valore supera i 400.000 euro (il passivo però ha un valore di oltre il triplo) ed un attivo costituito dal versamento della differenza tra lo stipendio percepito dal debitore e quanto assorbito dal fabbisogno familiare.
La presenza sia di un complesso immobiliare, che rappresenta sicuramente un attivo in termini di cespite, ma che dovrebbe parimenti divenire un attivo in termini monetari, tacita il requisito dell’attivo “potenziale” richiesto dalla norma. Non si può estendere completamente tale ragionamento all’attivo di derivazione monetaria, trattandosi di somme di poca consistenza che coprono circa il 20% delle spese in prededuzione della procedura (ivi compresi i costi e gli advisors).
L’esame dell’attivo permette di riscontrare positivamente il quesito sospeso del legislatore del possibile attivo da distribuire ai creditori, in quanto il realizzo andrebbe a copertura di tutte le spese di procedura (in prededuzione) e di parte dei creditori.
In merito all’esdebitazione del debitore
Quanto alla successiva esdebitazione, la decisione in esame rammenta come ai sensi del nuovo art. 282 CCI la stessa operi di diritto al trascorrere del tempo. Resta tuttavia non solo la necessaria richiesta di declaratoria di esdebitazione, decorsi i tre anni dall’apertura della procedura, ma altresì la necessità di parere positivo, raggiungibile in assenza di malafede, frode o colpa grave.
L’esdebitazione può essere dichiarata unitamente al decreto di chiusura della procedura oppure nel caso in cui la liquidazione controllata si concluda prima del decorso dei tre anni, l’art. 281, comma 1, CCII prevede che il tribunale contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura e verificata la sussistenza delle condizioni, dichiari inesigibili i debiti non soddisfatti nel concorso (in tal senso si veda Trib. di Padova 20 ottobre 2022 “Dalla disamina dell’art. 282 CCI raffrontato con l’art. 279 CCI in tema di esdebitazione, si desume che la procedura di liquidazione controllata deve avere una durata di almeno tre anni, in ragione della persistente esigibilità dei crediti della massa fino al decorso del triennio necessario per la dichiarazione di esdebitazione del sovraindebitato”).
Viene richiesta, oltre all’assenza di atti in frode, la presenza del requisito della meritevolezza. Scompare l’indicazione di una qualche misura di soddisfacimento ai creditori concorsuali, precedentemente prevista dall’art. 14terdecies, lett. f), L. n. 3/2012 quale condizione per l’accesso al beneficio. Ne discende che il diritto all’esdebitazione introdotto dalla direttiva Insolvency, sancito dall’art. 279 CCII è consentito nella liquidazione controllata priva di attivo da distribuire.
In merito al requisito della meritevolezza il Tribunale di Ascoli Piceno effettua un’ulteriore valutazione. Esamina il trascorrere del tempo tra l’insorgere dei debiti di natura tributaria, previdenziale ed erariale e la cessazione dell’attività d’impresa. Il lasso (eccessivo) del tempo trascorso, che aveva erroneamente fatto ritenere l’attività cessata prematuramente rispetto la chiusura formale, evidenzia come il debitore (al tempo imprenditore) avesse abbandonato ogni attività e ogni direzione d’impresa. Il mancato immediato accesso ad una delle procedure di ristrutturazione della crisi resta un elemento negativo a sfavore della concessione dell’esdebitazione futura.
Concludendo
Il Tribunale di Ascoli Piceno, nell’esame dei requisiti al fine dell’apertura di una procedura di liquidazione controllata, avanza la richiesta che il gestore anticipi – così come richiesto esplicitamente dal comma 3 dell’art. 268 CCII la valutazione di un possibile realizzo di attivo da distribuire ai creditori. Richiede altresì, benché consapevole che la valutazione non possa che essere confezionata solo in sede di conclusione della liquidazione medesima, che il gestore anticipi il giudizio in merito all’esdebitazione. Esclusi gli elementi proibitivi di atti in frode e colpa grave, ritiene però che l’aver incautamente lasciato trascorrere tanto tempo (circa 3 anni) dalla cessazione di fatto dell’attività di impresa alla formalizzazione di chiusura, debba leggersi come malafede, quale consapevolezza del debitore di essere incorso in debiti che il mancato esercizio di qualsivoglia attività d’impresa riuscirà a ripagare.
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