Riconosciuto l’assegno divorzile in funzione assistenziale alla donna sessantunenne priva di redditi
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, ordinanza del 13/12/2024 n.32354
(art. 5, comma 6 L. n. 898 del 1970 – art. 438 c.c.)
Massima: “L’assegno divorzile può essere giustificato da una esigenza strettamente assistenziale se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa e non può procurarseli per ragioni oggettive. Se la finalità assistenziale assume rilievo preponderante rispetto a quella perequativo-compensativa, la quantificazione dell’assegno divorzile dovrà tendenzialmente effettuarsi sulla base dei criteri di cui all’art. 438 c.c., salvi gli opportuni adattamenti a seconda della maggiore o minore importanza degli apporti ricevuti o goduti dall’ex coniuge obbligato”.
CASO
In sede di giudizio divorzile il tribunale di Cagliari respinge la richiesta di assegno della moglie. Dal matrimonio erano nati tre figli, uno morto in età prematura per una grave malattia genetica e gli altri due divenuti autosufficienti economicamente. La donna ricorre in appello poiché il tribunale non avrebbe tenuto conto della sua incapacità e impossibilità concreta ed effettiva di lavorare, come da documentazione medica attestante la presenza di ernie fin che da molti anni le impedivano un proficuo utilizzo delle mani, e la sindrome vasovagale, che non le consentiva di stare in piedi a lungo. La donna all’epoca del divorzio aveva sessantuno anni e non aveva particolari qualifiche professionali da spendere anche alla luce del mercato lavorativo in Sardegna.
Erano stati ignorati inoltre i seguenti fatti. La separazione era stata addebitata al marito a causa delle violenze, aggressioni e minacce da questi compiute ai danni della moglie durante il matrimonio.
Lo stesso clima di terrore che aveva caratterizzato la vita matrimoniale era proseguito anche dopo la fine della convivenza fra le parti, per gli atteggiamenti violenti del marito, che avevano condizionato fortemente la capacità di autodeterminarsi della donna.
Con riguardo al contributo dato alla famiglia nel corso del matrimonio, la stessa non aveva potuto lavorare per volontà del marito e si era sempre occupata dei figli. Infine, aveva versato sul conto del marito la somma di 200 milioni di Lire per l’acquisto della casa coniugale, di cui aveva sempre beneficiato il marito, avendo lei lasciato l’abitazione e pagato un canone di locazione.
Secondo i giudici dell’appello la donna pur non lavorando avrebbe avuto altre disponibilità in denaro derivanti da somme ottenute a titolo di risarcimento danni e un lascito ereditario da una zia e dal momento che la stessa sosteneva un canone di locazione di 700 euro a fronte di un assegno di mantenimento di 600 euro versato dal marito per la separazione, doveva presumersi la disponibilità di altre somme di denaro.
Di nessun rilievo ai fini dell’assegno di divorzio il riferimento alle violenze subite durante il matrimonio, che avevano determinato l’addebito della separazione al marito.
Tali fatti pur rientrando tra i criteri di determinazione dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 5, L. n. 898 del 1970, come “ragioni della decisione”, non sarebbero stati sufficienti di per sé a fondare il riconoscimento dell’assegno divorzile. In ogni caso, la Corte escludeva un nesso causale fra l’eventuale disparità economica e le scelte condivise durante il matrimonio.
La donna ricorre in Cassazione.
Soluzione e percorso argomentativo seguito dalla Cassazione
Secondo la Corte suprema i giudici di appello hanno errato nei seguenti punti viziando la decisione di merito.
In ordine alla non rilevanza del contributo della donna alla formazione del patrimonio comune dell’altro coniuge e alla non riconducibilità alle scelte di vita familiare della situazione economica della donna al momento del divorzio. Il marito, infatti, aveva dalla separazione beneficiato in via esclusiva dell’immobile comune adibito ad abitazione familiare in cui la donna aveva messo un ingente somma di denaro.
Inoltre, per la spettanza dell’assegno divorzile occorre tenere conto degli indici contenuti nella legge sul divorzio, sia in funzione perequativo-compensativa che, in via gradata, assistenziale, nella specie non valutata dalla Corte di merito.
L’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente va accertata considerando che l’assegno è finalizzato a garantire un livello reddituale rapportato alle pregresse dinamiche familiari e quindi collegato, secondo la composita declinazione delle sue tre componenti (assistenziale, perequativa e compensativa), alla storia coniugale e familiare (cfr. Cass. Civ. n. 5055/2021).
L’assegno può essere anche solo giustificato da una esigenza strettamente assistenziale se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa e non può procurarseli per ragioni oggettive (Cass. Civ. n. 35434/2023).
In particolare, la funzione assistenziale va valutata tutte le volte in cui il giudice di merito accerti che il sopravvenuto e incolpevole peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non può essere in altro modo compensato per l’assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico.
La Corte precisa che se la finalità assistenziale, come in questo caso, ha rilievo prevalente rispetto a quella perequativo-compensativa, la quantificazione dell’assegno divorzile dovrà tendenzialmente effettuarsi sulla base dei criteri di cui all’art. 438 c.c., salvi gli opportuni adeguamenti a seconda della maggiore o minore importanza degli apporti ricevuti o goduti dall’ex coniuge onerando (Cass. Civ. n. 19341/2023).
QUESTIONI
Il principio di autoresponsabilità.
A fronte dell’assunto secondo cui ciascun ex coniuge deve ricercare la propria autosufficienza economica, le Sezioni Unite della Cassazione del 2018 hanno precisato che “l’autoresponsabilità deve percorrere tutta la storia della vita matrimoniale e non solo alla sua fine ma dal primo momento di autoresponsabilità della coppia, quando all’inizio si concordano le scelte fondamentali su come organizzarla, alle varie fasi successive, quando le scelte iniziali vengono più volte ridiscusse ed eventualmente modificate, restando l’autoresponsabilità pur sempre di coppia”. La previsione dell’assegno divorzile serve appunto per temperare le “storture” che la rigida applicazione di questo principio provocherebbe.
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