26 Novembre 2024

Responsabilità da cose in custodia: l’ente proprietario di una strada si presume responsabile anche per i danni derivanti dai c.d. dissuasori di sosta

di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2024, n. 11140 – Pres. De Stefano– Rel. Guizzi

[1] Responsabilità da cose in custodia – Responsabilità dell’ente proprietario della strada – Dissuasori di sosta – Prova liberatoria – Presunzione di colpa

 (Cod. civ. art. 2041).

[1] “In tema di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., l’ente proprietario di una strada si presume responsabile dei sinistri riconducibili alle condizioni della struttura ed alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, ivi compresi i cosiddetti ‘‘dissuasori di sosta’’, salva la dimostrazione che l’installazione di tali manufatti sia avvenuta ad opera di terzi, in area a questi assegnata e in forza di uno specifico titolo abilitativo e con esclusione di qualunque potere di controllo da parte del custode proprietario, oppure, in difetto delle predette con- dizioni, con tempi talmente rapidi, rispetto alla verificazione del sinistro, da non consentire l’intervento dell’ente custode.” 

CASO

[1] Tizio e Caio, in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio Mevio, proponevano ricorso in cassazione per ottenere la riforma della sentenza con cui la Corte d’appello di Lecce aveva respinto la domanda avanzata nei confronti del Comune di Melendugno volta ad ottenere il risarcimento dei danni per il sinistro occorso al loro figlio per il ribaltamento di un dissuasore di sosta, non ancorato al suolo.

In particolare, il giudice di seconde cure aveva respinto le doglianze attoree in ragione del difetto di legittimazione passiva del convenuto per mancata prova che i dissuasori di sosta, che provocarono l’incidente, fossero di proprietà del Comune ovvero sotto il controllo oppure la custodia dello stesso.

SOLUZIONE

[1] Per quanto di interesse, con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 2051 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. in quanto il giudice d’appello avrebbe errato palesemente nell’applicazione dell’art. 2051 c.c. a fronte della circostanza, acquisita agli atti del giudizio, che i dissuasori fossero collocati sulla pubblica via, trascurando di considerare che il rapporto di custodia si sostanzia nella disponibilità materiale e giuridica del bene (pubblica via) da cui consegue il potere/dovere di intervento su di essa.

Infatti, indipendentemente dalla proprietà di detti dissuasori o dal soggetto che materialmente li ha posati in opera sulla carreggiata, il fatto stesso che vi fosse sulla stessa un elemento atto a porre in pericolo l’incolumità pubblica determinava l’insorgere dell’esercizio del potere/dovere di custodia. Era, dunque, la titolarità della pubblica via che determinava ex se l’insorgere del rapporto di custodia, sicché, una volta acclarata tale evenienza, il Comune avrebbe potuto dedurre solo due circostanze per sottrarsi alla responsabilità da custodia, ovvero che l’area di che trattasi era stata oggetto di concessione in favore di un soggetto terzo (e in tal caso avrebbe dovuto fornire la prova documentale della concessione), oppure che i dissuasori erano stati posti in un arco temporale così ravvicinato da non consentire il potere di controllo da parte dell’Ente proprietario dell’area demaniale.

QUESTIONI

[1] L’art. 2051 c.c. rubricato «Danno cagionato da cosa in custodia» stabilisce che «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito» disciplina la responsabilità da cose in custodia che pone a carico del custode l’obbligo di risarcire i danni cagionati a terzi dalla res custodita salvo il caso fortuito.

In passato la giurisprudenza tendeva ad escludere l’applicabilità della norma nei casi di beni, facenti parte del demanio pubblico (tra cui rientra il demanio stradale), rispetto ai quali, a causa dell’estensione e dell’uso generalizzato e diretto da parte dei terzi, non fosse possibile svolgere i doveri di vigilanza posti a carico del custode (Cass. civ. SS.UU. 5 settembre 1997 n. 8588). Tale orientamento si basava sulla considerazione che la predetta categoria di beni non potesse essere sottoposta ad una idonea custodia della P.A.  Di conseguenza si poteva applicare l’art. 2051 soltanto se l’estensione dei beni demaniali era tale da consentire l’esercizio di un continuo ed efficace controllo volto ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi (Cass. civ. 23 gennaio 2009 n. 1691).

Si riteneva, quindi, applicabile l’art. 2051 nei confronti della P.A. per i beni demaniali – quali le strade pubbliche – solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne era possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza tale da impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti (Cass. civ. 26 settembre 2006 n. 20827).

La giurisprudenza oggi, invece, è orientata ad affermare un più pregnante dovere di custodia delle strade in capo alla P.A. (Cass. civ. 20 febbraio 2019 n. 4963) affermando che la responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. è ravvisabile anche in relazione ai beni demaniali (tra le più recenti Cass. civ., Sez. III, ord., n. 33074/2023, Cass. civ., Sez. III, sent., n. 27137/2023), e quindi pure alle strade pubbliche “in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione” (così Cass. civ., Sez. III, sent., n. 15761/2016; Cass. civ., Sez. III, sent., n. 7763/2007, nonchè Cass. civ., Sez. III, ord., n. 2481/2018).

Sempre con riferimento alla custodia di strade pubbliche la giurisprudenza di legittimità ha altresì precisato che ‘‘la responsabilità ex art. 2051 c.c. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa, sussistendo – in questo, e in ogni altro caso in cui la suddetta norma risulti applicabile – un’ipotesi di responsabilità oggettiva, il cui unico presupposto è l’esistenza di un rapporto di custodia, essendo del tutto irrilevante, per contro, accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio della vigilanza sulla cosa’’ (così Cass. civ., Sez. III, ord., n. 2481/2018).

Di conseguenza, il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un valido nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre il custode ha l’onere di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato o del terzo.

D’altra parte, gli enti proprietari delle strade, ai sensi dell’art. 14, D.Lgs. 30.4.1992, n. 285 devono provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e delle relative pertinenze; c) all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.

Alla stregua di tali principi, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha giudicato erroneo il ragionamento del giudice d’appello il quale, nel rigettare la domanda risarcitoria sul presupposto che i dissuasori, presenti sul tratto di strada pubblica difronte al ristorante, fossero ‘‘posizionati agli angoli di un rettangolo delimitato da strisce bianche che evidenziano una zona di suolo pubblico riservata allo stesso esercizio commerciale’’, ha ritenuto, per ciò solo, che fosse stato quest’ultimo ad installare i dissuasori, così, pertanto, escludendo che il Comune avesse alcuna responsabilità.

Al contrario, secondo la Suprema Corte la semplice presenza dei dissuasori sul suolo pubblico legittimava, alla stregua dei principi sopra richiamati, la pretesa risarcitoria ex art. 2051 c.c. fatta valere nei suoi confronti. Era, dunque, a carico del convenuto la dimostrazione o del titolo amministrativo in forza del quale terzi, non solo fruivano dell’area in questione, ma erano stati abilitati all’installazione dei dissuasori e per di più in modo tale da escludere qualunque signoria di fatto sui medesimi da parte del custode della strada pubblica, ovvero che tali manufatti, in assenza di un titolo siffatto, fossero stati posti in un arco temporale così ravvicinato da non consentire il potere di controllo da parte dell’Ente proprietario dell’area demaniale.

Nel caso di specie, sussistendo la seconda delle evenienze delineate, avrebbe potuto trovare applicazione il principio secondo cui la pubblica amministrazione è liberata dalla responsabilità civile ex art. 2051 c.c., con riferimento ai beni demaniali, ove dimostri che l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che l’evento stesso ha esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode (da ultimo, Cass. civ. sez. III n. 6826/2021; analogamente, Cass. civ., sez. III, ord., n. 6651/2020; Cass. civ., sez. III, ord., n. 16295/2019; Cass. civ., sez. VI-3, ord., n. 6703/2018).

Alla luce di quanto esposto, nel caso oggetto della sentenza in epigrafe, la III Sezione civile della Corte di Cassazione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, per la decisione sul merito.

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