5 Novembre 2024

Limiti operativi della Responsabilità Civile Auto

di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. III, Sentenza, 17/04/2024, n. 10394, Rel. Dott. S. Guizzi Giaime

Veicoli (circolazione assicurazione obbligatoria) – Risarcimento del danno – Danno dolosamente provocato – Copertura nei confronti del danneggiato – Sussistenza – Verificazione del sinistro in area di circolazione non ordinariamente adibita a transito veicolare – Rilevanza – Esclusione – Utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale – Sufficienza

Massima: “L’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica copre, nei soli confronti del danneggiato e non pure del responsabile, anche il danno dolosamente provocato da quest’ultimo, anche quando l’area di circolazione non risulta ordinariamente adibita a transito, purché l’utilizzazione del veicolo sia conforme alla sua funzione abituale, come avviene allorché il danno sia determinato dal suo movimento, benché in modo improprio rispetto alla sua natura di mezzo di trasporto”.

CASO

Tizio citava in giudizio Caio e la compagnia assicurativa Alfa per ottenere il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’investimento di cui era stato vittima. Tizio riferiva infatti che mentre camminava in una via cittadina, veniva affiancato dalla vettura condotta da Caio che, dopo averlo inseguito con l’auto, insultato e minacciato, raggiuntolo in un campo arato lo investiva per due volte.

La pretesa risarcitoria dell’attore, avanzata pure nei confronti della compagnia assicurativa Alfa in quanto assicuratrice per la RCA del veicolo investitore, veniva tuttavia accolta soltanto nei confronti di Caio, con statuizione confermata, sul punto, anche in appello.

Il giudice di seconde cure, infatti, riteneva che Alfa dovesse ritenersi esonerata da ogni obbligo assicurativo, sul rilievo che l’investimento era avvenuto in area non adibita a pubblico transito e quindi estranea alla circolazione stradale cui fa riferimento l’art. 2054 c.c; per il giudice, per valutare se un luogo possa essere o meno considerato deputato alla circolazione veicolare e quindi per accertare il presupposto dell’operatività dell’obbligo assicurativo, occorre verificare se lo stesso sia soggetto al traffico di mezzi finalizzato alla fruizione di un’oggettiva destinazione dell’area, caratteristiche che indubbiamente non era dato riscontrare nella zona ove era avvenuto l’investimento, non essendo la stessa aperta all’uso pubblico e ordinariamente adibita al transito veicolare. Riteneva infine la Corte che l’azione nei confronti dell’assicuratore andasse esclusa anche perché l’investimento era stato intenzionale e frutto di una scelta dolosa del danneggiante.

Avverso la sentenza della Corte territoriale, Tizio propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Con il primo denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., nonché degli artt. 122 e 144 cod. assicurazioni, in quanto  interpretati senza tenere conto, anche in un’ottica costituzionalmente orientata, dell’interpretazione delle disposizioni della direttiva europea 2009/103/CE in materia di assicurazione della responsabilità civile, così come chiarite dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 30 luglio 2021, n. 21983. La sentenza impugnata aveva infatti stabilito che il luogo dell’incidente, essendo un campo arato, non poteva considerarsi soggetto al traffico di mezzi poiché non aperto al pubblico né abitualmente utilizzato per il transito veicolare, mentre Tizio contesta questa posizione, richiamando l’interpretazione della Corte di Giustizia UE secondo cui la circolazione veicolare si identifica con qualunque uso di un veicolo conforme alla sua funzione abituale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del luogo. Tizio sostiene quindi che, in base a questa interpretazione, l’utilizzo del veicolo in aree non pubbliche o inusuali dovrebbe comunque rientrare nella normativa sulla responsabilità civile e sulla copertura assicurativa, se risponde alla funzione abituale del mezzo.

Con il secondo motivo, Tizio contesta poi la decisione della Corte d’Appello che ha escluso la possibilità per il danneggiato di agire direttamente contro l’assicuratore Alfa, in quanto l’incidente sarebbe stato causato da una condotta dolorosa e intenzionale del conducente, nell’ambito di un disegno criminoso. La Corte ha ritenuto infatti che, essendo l’investimento intenzionale e non legato alla normale circolazione stradale, esso non potrebbe ricadere nell’ambito della copertura della responsabilità civile auto (RCA). Sul punto, Tizio sostiene invece che la giurisprudenza della Cassazione ha stabilito che la copertura assicurativa per il danneggiato deve applicarsi indipendentemente dall’intento o dall’uso illecito del veicolo; in particolare, Tizio cita precedenti sentenze della Cassazione (come Cass. Sez. 3, ord. 3 agosto 2017, n. 19368 e Cass. Sez. 3, sent. 20 agosto 2018, n. 20786), le quali riconoscono che il danneggiato ha diritto alla copertura RCA anche se il veicolo è stato utilizzato per commettere un reato, in questi casi la copertura assicurativa restando esclusa solo per l’assicurato (ma appunto non per i danneggiati).

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

QUESTIONI

Quanto al primo motivo, la Corte evidenzia in effetti che –  dopo l’ intervento delle Sezioni Unite del 2021 – non è più sostenibile, come invece affermato dalla sentenza impugnata, che l’investimento di cui fu vittima Tizio non rilevi ai fini dell’esercizio dell’azione diretta contro l’assicuratore, perché avvenuto in un campo arato, trattandosi di area non aperta all’uso pubblico (ciò che nella prospettiva della Corte d’Appello impedirebbe di ritenerla ordinariamente adibita a transito veicolare). Il Supremo Collegio, infatti, ha sancito l’irrilevanza della natura pubblica o privata dell’area di circolazione, nonché del tipo di uso che del mezzo si faccia, sicché è l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del numero indeterminato di persone, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro.

L’ammissibilità della pretesa risarcitoria azionata dal danneggiato verso l’assicuratore del responsabile risulta, dunque, subordinata alla sola condizione che l’uso del veicolo, qualunque esso sia, rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo, sicché, in tale prospettiva, viene in rilievo la questione oggetto del secondo motivo, ovvero se l’uso intenzionale dello stesso, per arrecare danno, possa dirsi riconducibile a tale paradigma.

Anche con riferimento a quest’ultimo punto, la Corte, richiamandosi alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 4 settembre 2014, in C-162/2013 (secondo cui, ai sensi della normativa europea, rientra nella nozione di circolazione dei veicoli qualunque uso che sia conforme alla funzione abituale dello stesso), ha osservato, con riferimento all’impiego di un veicolo sostanziatosi nell’investimento reiterato della malcapitata vittima nell’intento deliberato di ferirla o di ucciderla, che di circolazione comunque si trattava, e ciò perché l’incidente risulta comunque determinato dal movimento di un’automobile, sia pure in modo improprio rispetto alla sua natura di mezzo di trasporto.

Su tali basi, dunque, si è affermato che, in nome dell’esigenza di tutela primaria del soggetto danneggiato – esigenza che è a fondamento dell’intero sistema della responsabilità civile autoveicoli, tanto che il Fondo di garanzia per le vittime della strada è tenuto a coprire anche il danno causato da veicolo non assicurato – il contratto di assicurazione viene, in un certo senso, a scindersi; esso opera in favore del terzo danneggiato che ha diritto di ottenere dall’assicuratore del responsabile il risarcimento del danno, mentre non opera in favore dell’assicurato danneggiante, contro il quale l’assicuratore avrà il diritto di regresso, come se il contratto in realtà non ci fosse.

Interessante è poi l’ultimo passaggio della parte motiva della sentenza del S.C. Secondo la Corte, infatti, non sussisterebbero nemmeno le condizioni – come invece prospettato da Alfa – perché possa applicarsi la logica del c.d. “prospective overruling”, e quindi per circoscrivere solo a future controversie la portata del principio secondo cui, rispetto al terzo danneggiato, la responsabilità dell’assicuratore della RCA può essere ipotizzata anche per investimenti dolosi che avvengano in aree non destinate ordinariamente al transito veicolare.

Secondo il Collegio, infatti, deve rilevarsi: a) che, per un verso non viene in rilievo un principio, in assoluto, inedito, bensì solo la riconduzione di una fattispecie concreta all’ambito di applicazione di un principio di diritto già affermato; b) per un altro verso ed in ogni caso, che il c.d. “prospettive overruling” è solo finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti processuali pregiudizievoli (nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità) di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo (così, tra le più recenti, Cass. Sez. Un. sent. 12 febbraio 2019, n. 4135), e non pure su norme di diritto sostanziale (da ultimo, Cass. Sez. Lav., sent. 14 gennaio 2021, n. 55).

In conseguenza di tutto ciò, il S.C. accoglie i due motivi di ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello, in diversa composizione, per la relativa decisione.

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