La giurisprudenza sul riconoscimento di affidamenti bancari di fatto: criteri sintomatici e presunzioni
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFL’esistenza di un c.d. affidamento di fatto è stata riconosciuta dalla giurisprudenza, anche di legittimità (Cass., 18 ottobre 2023, n. 34997; Cass., 24 gennaio 2024, n. 2338), alla presenza di una serie di indici sintomatici, tra cui:
- una sistematica, non occasionale e tollerata operatività del correntista con “saldo passivo”;
- l’assenza di azioni di recupero dell’esposizione debitoria da parte della banca. A tale riguardo, si sottolinea la mancanza di intimazioni di rientro, di rifiuti nell’esecuzione di ordini su saldo debitore o di diffide rivolte al correntista a non disporre ulteriormente sul conto passivo («neppure consta che la banca abbia mai intimato il rientro o rifiutato l’esecuzione di ordini sul saldo debitore, diffidato l’attrice dal fare ulteriori atti dispositivi sul c/c a debito», così Trib. Torino, 2 luglio 2015; conf. Trib. Bergamo, 3 agosto 2016; App. Torino, 23 febbraio 2012 e 3 maggio 2013);
- l’esistenza di estratti conto nei quali siano riportati tassi differenziati (evidentemente riferibili a condizioni entro-fido ed extra-fido) (App. Milano, 4 luglio 2018; Trib. Firenze, 22 giugno 2022; App. Perugia, 2 novembre 2022, n. 580). Tale presunzione è altresì confermata dall’applicazione delle condizioni economiche previste negli e/c per lo “scoperto nei limiti del fido”, come la misura dei tassi d’interesse o l’apertura di credito, nonché dall’esplicito riconoscimento, nei medesimi estratti conto e negli scalari, di uno “scoperto nei limiti del fido” e di una “apertura di credito fiduciaria”;
- il pagamento di assegni con saldo del conto in passivo (App. Milano, 5 gennaio 2023, n. 15);
- l’addebito di spese riferibili a istruttoria fido/apertura di credito o alla revisione della pratica di fido;
- l’applicazione della commissione di massimo scoperto, considerata una remunerazione per l’utilizzazione di somme di denaro extra-fido (Trib. Bergamo, 3 agosto 2016; App. Milano, 4 luglio 2018);
- l’invio di una lettera di revoca dell’affidamento seguita da comportamenti della banca incompatibili con una revoca effettiva, come il continuo avallo e gestione di operazioni del correntista con saldo passivo (Trib. Bergamo, 3 agosto 2016).
Ai fini della prova dell’esistenza e dell’entità dei fidi accordati ed effettivamente utilizzati “di fatto”, risultano opportunamente valorizzate anche le informazioni presenti nella Centrale dei Rischi di Banca d’Italia (voci “accordato/utilizzato”), che possono configurarsi come una prova privilegiata e, in alcuni casi, addirittura confessoria dell’esistenza di un affidamento di fatto (Trib. Firenze, 29 novembre 2018; Trib. Milano, 29 novembre 2017; Trib. Massa, 21 dicembre 2017; Trib. Torino, 8 gennaio 2021; Trib. Firenze, 22 giugno 2022).
Sul punto, assume rilievo l’ordinanza della Cassazione del 14 dicembre 2023, n. 34997, che ha affermato la possibilità di provare l’esistenza di affidamenti in conto corrente tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, consentendo di evincere il consenso delle parti alla messa a disposizione di provvista per far fronte a scoperti sul conto. Nel caso specifico, sono stati valorizzati estratti conto e altri documenti bancari attestanti le linee di credito concesse. Alla luce di queste considerazioni, la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, come i suoi avente causa, può essere fornita dando riscontro, attraverso presunzioni, della conclusione del contratto di apertura di credito, quando tale contratto sia stato concluso prima dell’entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 e del d.lgs. n. 385/1993, o quando, pur operando, per il periodo successivo a quest’ultima disciplina, la nullità del contratto per vizio di forma, il correntista o il suo avente causa non facciano valere, a norma dell’art. 127, comma 2, d.lgs. cit., la nullità stessa».
Con decisione del 29 febbraio 2024, n. 5387, la Cassazione ha altresì confermato che, non essendo la nullità per mancanza di contratto scritto rilevabile d’ufficio, non è precluso agli attori di provare l’esistenza dell’affidamento tramite mezzi probatori alternativi alla produzione del documento contrattuale. Tra questi mezzi, si annoverano anche gli estratti conto, qualora attestino il reiterato adempimento di ordini di pagamento da parte della banca impartiti dalla correntista, sebbene in assenza di provvista, nella misura in cui tali documenti possano essere ritenuti idonei a dimostrare l’accordo tra le parti per consentire al correntista l’utilizzo di importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto e i relativi limiti di utilizzo (cfr. in senso conforme Cass., 24 gennaio 2024, n. 2338; Cass., 14 dicembre 2023, n. 34997; Cass., 17 luglio 2023, n. 20455).
In conclusione, non è precluso ai ricorrenti di fornire la prova dell’affidamento tramite elementi diversi dal documento contrattuale, come estratti conto o riassunti scalari, che evidenzino l’adempimento reiterato di ordini di pagamento da parte della banca, anche in assenza di provvista, o le risultanze del libro fidi, che attestano l’esistenza di una delibera di concessione di finanziamento, o infine le segnalazioni alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, laddove tali elementi siano considerati idonei a dimostrare l’accordo tra le parti per consentire al correntista l’utilizzo di somme eccedenti la disponibilità sul conto e i relativi limiti di utilizzo (v. Cass. n. 2338/2024).
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