29 Ottobre 2024

Pignoramento di quote intestate a società fiduciaria

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 16 settembre 2024, n. 24859 – Pres. De Stefano – Rel. Condello

Espropriazione di partecipazione sociale – Intestazione della quota a società fiduciaria – Dissociazione tra proprietà sostanziale e formale – Titolarità sostanziale in capo al fiduciante – Pignoramento ai sensi dell’art. 2471 c.c.

Massima: “Il pignoramento della quota di società a responsabilità limitata – la quale esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come un bene immateriale da equipararsi al bene mobile non iscritto in un pubblico registro – intestata a società fiduciaria operante ai sensi della l. 23 novembre 1939, n. 1966, si esegue non già nelle forme del pignoramento presso terzi, ma ai sensi dell’art. 2471, comma 1, c.c., mediante notificazione sia alla società cui si riferisce la quota sottoposta a esecuzione, sia alla società che ne è intestataria formale, nonché a mezzo della successiva iscrizione nel registro delle imprese, generando l’intestazione formale un fenomeno di dissociazione tra la situazione di “proprietà sostanziale” – che resta in capo al fiduciante – e la “proprietà formale” – che ricade in capo alla fiduciaria – per effetto del quale la fiduciaria acquista la sola legittimazione all’esercizio dei diritti sociali”.

CASO

Con atto di pignoramento presso terzi venivano pignorate le partecipazioni sociali detenute dal debitore e da questi intestate ad alcune società fiduciarie, una delle quali rendeva dichiarazione positiva, ai sensi dell’art. 547 c.p.c.; il giudice dell’esecuzione, rilevando che il pignoramento non era stato eseguito nelle forme prescritte dall’art. 2471 c.c., ne dichiarava la nullità e disponeva la chiusura del processo esecutivo.

L’ordinanza di estinzione veniva impugnata ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e, nelle more del giudizio, la società fiduciaria reintestava al fiduciante le quote già pignorate, che venivano azzerate a seguito della delibera dell’assemblea straordinaria della società di azzeramento del capitale a fronte delle perdite emerse.

Poiché il debitore aveva rinunciato a sottoscrivere la ricostituzione del capitale sociale, il Tribunale di Lecco dichiarava cessata la materia del contendere, con sentenza che veniva gravata mediante ricorso per cassazione dal creditore e con ricorso incidentale sia dal debitore esecutato che dalla società fiduciaria.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha respinto il ricorso principale e ha accolto quello incidentale proposto dal debitore esecutato, affermando che il pignoramento di quote di società a responsabilità limitata, anche se intestate a una società fiduciaria, dev’essere eseguito secondo quanto prescritto dall’art. 2471 c.c., essendo quindi invalido quello effettuato nelle forme del pignoramento presso terzi.

QUESTIONI

[1] Le problematiche inerenti all’individuazione della natura delle quote di società a responsabilità limitata e le conseguenti difficoltà nello stabilire la forma attraverso cui espropriarle ha indotto il legislatore a dettare una disciplina del tutto peculiare, contenuta nell’art. 2471 c.c.

Tale disposizione, nel sancire l’espropriabilità della partecipazione, muove dal presupposto della sua qualificazione come bene: a questo proposito, la giurisprudenza ha affermato che la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata, pur non potendosi considerare un bene materiale, è equiparabile a un bene mobile immateriale non iscritto in pubblici registri ai sensi dell’art. 812 c.c. (dal momento che ha un valore patrimoniale oggettivo – dato dalla frazione del patrimonio che rappresenta – ed esprime una posizione contrattuale obiettivata, caratterizzata da un autonomo valore di scambio) ed è conseguentemente aggredibile.

La sequenza scandita dall’art. 2471 c.c. configura il pignoramento della quota come fattispecie complessa a formazione progressiva, dal momento che prevede, in primo luogo, la notificazione di un atto al debitore e alla società e, in secondo luogo, la successiva iscrizione del pignoramento nel registro delle imprese (essendo stata abrogata la previsione che imponeva l’onere di annotarlo nel libro soci): alla stregua di quanto affermato con riguardo al pignoramento immobiliare, il primo adempimento, da un lato, determina la cristallizzazione del patrimonio del debitore relativamente all’oggetto del pignoramento e, dall’altro lato, mira a informare la società di un evento che incide sulla propria compagine, mentre il secondo fa sì che il vincolo impresso dal pignoramento risulti opponibile ai terzi e, in questo modo, lo perfeziona.

La società, dunque, non è propriamente parte dell’espropriazione, ma assume la posizione di terzo interessato, nella cui sfera giuridica il pignoramento è comunque destinato a produrre effetti, sicché la sua notifica non è funzionale a consentire alla società di rendere la dichiarazione prescritta dall’art. 547 c.p.c. (evidentemente superflua, visto che tutti i dati relativi alla società stessa, alla composizione della sua compagine e alle caratteristiche delle partecipazioni al capitale sociale possono essere acquisiti dal registro delle imprese), ma di notiziarla e di rendere operante anche nei suoi confronti il vincolo discendente dall’ingiunzione di non sottrarre la quota alla garanzia del credito formulata dall’ufficiale giudiziario.

Acclarato, dunque, che il pignoramento delle quote di società a responsabilità limitata non avviene nelle forme del pignoramento presso terzi, ma seguendo la speciale disciplina dettata dall’art. 2471 c.c., nella fattispecie scrutinata dalla sentenza che si annota si discuteva della sua applicabilità o meno anche nel caso in cui la partecipazione sia intestata a una società fiduciaria.

La risposta della Corte di cassazione è stata positiva, dal momento che l’intestazione fiduciaria non comporta un trasferimento della titolarità sostanziale del diritto dal fiduciante al fiduciario, ma attribuisce soltanto a quest’ultimo la legittimazione a esercitare i diritti connessi alla partecipazione, sicché non vi è ragione di deviare dal modello specificamente apprestato dal legislatore.

Il mandato fiduciario, infatti, viene definito come l’accordo tra due soggetti attraverso il quale il primo costituisce in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore: per effetto di ciò, il fiduciario assume l’obbligo di compiere uno o più atti giuridici in nome proprio, ma per conto e nell’interesse di un’altra persona, per la realizzazione di tale risultato, come avviene nel mandato senza rappresentanza ex art. 1705 c.c.

Anche la normativa che disciplina lo svolgimento dell’attività fiduciaria (l. 23 novembre 1939, n. 1966), del resto, prevede espressamente che l’incarico di amministrazione fiduciaria debba avere la forma del contratto di mandato.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13143 del 27 aprile 2022, hanno confermato che l’intestazione fiduciaria dà luogo a una fattispecie classificabile alla stregua della cosiddetta “fiducia germanistica” (in cui al fiduciario viene conferita la sola legittimazione all’esercizio dei diritti inerenti alla partecipazione nell’interesse del fiduciante, che ne conserva la titolarità), contrapposta alla “fiducia romanistica” (in cui il fiduciario acquista a tutti gli effetti la titolarità del diritto) e non ha, dunque, efficacia traslativa (tant’è vero che la società fiduciaria non ha il potere di disporre autonomamente delle partecipazioni intestatele), sicché non si verifica uno spossessamento del fiduciante a favore del fiduciario.

La società fiduciaria non può considerarsi nemmeno debitrice del titolare della partecipazione sociale, ossia del fiduciante, perlomeno alla stregua dell’art. 543 c.p.c.: essa, a ben vedere, funge piuttosto da schermo (tant’è vero che l’identità del fiduciario non compare nel registro delle imprese), mentre il pactum fiduciae regola esclusivamente i rapporti interni, ma non assume rilievo nei confronti dei terzi.

Pertanto, secondo i giudici di legittimità, non vi sono le condizioni affinché l’espropriazione di quote intestate a una società fiduciaria possa essere eseguita nelle forme del pignoramento presso terzi: l’atto prescritto dall’art. 2471 c.c. andrà quindi notificato, oltre che alla società le cui quote formano l’oggetto dell’espropriazione, alla società fiduciaria (in quanto titolare formale della partecipazione e, come tale, formalmente assoggettata all’azione esecutiva, quindi non in qualità di terzo debitore o possessore di beni del fiduciante).

D’altra parte, il pignoramento presso il debitore di cui all’art. 513 c.p.c. non riguarda solo le cose che siano fisicamente nella casa o in altri luoghi appartenenti al debitore medesimo, ma, giusta quanto previsto dal comma 3, anche quelle che, pur trovandosi altrove, sono nella sua libera disponibilità, anche se in possesso di terzi, purché ne sia consentita l’esibizione (come stabilito dall’ultimo comma della richiamata disposizione).

Infine, non rappresenta un ostacolo all’impostazione espressa nella sentenza annotata il fatto che, nel caso di intestazione fiduciaria, nel registro delle imprese risultano unicamente i dati dall’intestatario formale, mentre non viene fatta menzione dell’esistenza del rapporto fiduciario e dell’identità del fiduciante, sicché non sarebbe assicurato il presupposto – comune tanto all’espropriazione mobiliare che a quella immobiliare – della sussistenza di indici formali di appartenenza dei beni pignorati al debitore esecutato.

Sebbene il giudice dell’esecuzione non possa, mediante l’esercizio dei poteri d’indagine che gli competono, neutralizzare l’obbligo di mantenere riservata l’identità del fiduciante nei confronti dei terzi che la società fiduciaria assume con la sottoscrizione del mandato, visto che la legge stabilisce in modo tassativo i casi nei quali è possibile superare l’anonimato, deve ritenersi che l’allegazione del creditore pignorante secondo cui il fiduciante si identifica con il debitore esecutato sia sufficiente a fare desumere che le partecipazioni gli appartengono; il diverso effettivo titolare della quota, tempestivamente informato dalla società fiduciaria in virtù degli obblighi da questa assunti in forza del pactum fiduciae, può reagire, contestando tale allegazine, mediante opposizione ex art. 619 c.p.c.

Si verifica, dunque, un singolare caso di – apparente – dissociazione tra soggetto obbligato risultante dal titolo esecutivo e soggetto passivo dell’azione esecutiva, ma ciò non deve sorprendere, dal momento che è quanto normalmente avviene nell’esecuzione in forma specifica, quando non vi sia coincidenza tra chi risulta obbligato e chi è nella materiale ed effettiva disponibilità della cosa che deve formare oggetto di consegna o rilascio o su cui dev’essere attuato l’obbligo di fare o di non fare allorché venga minacciata o avviata l’esecuzione forzata.

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