Locazione: convalida di sfratto opposta e mediazione obbligatoria da parte dell’intimante opposto
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Arezzo, Sezione civile, Sentenza n. 397 del 14.04.2024, Giudice Onorario Dott. A. Mattielli
Massima: “Nel procedimento di intimazione di sfratto per morosità, una volta mutato il rito ed assegnato alle parti il termine per promuovere il procedimento di mediazione obbligatoria, il mancato esperimento del tentativo conciliativo, determina l’improcedibilità del giudizio e la revoca dell’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile locato, restando la stessa ineluttabilmente travolta dalla declaratoria di improcedibilità conseguente all’omesso esperimento del suddetto tentativo”.
CASO
Tizio conveniva avanti al Tribunale di Arezzo Caio con atto di intimazione di sfratto per morosità ritualmente notificato, intimando sfratto per morosità relativa al rapporto di locazione abitativa. Il locatore lamentava il mancato versamento dei canoni di 5 mensilità per complessivi €. 2.000.
Caio si costituiva opponendosi allo sfratto e contestando la morosità con documentazione di ricevuta per alcuni dei canoni contestati, evidenziando intervenuti pagamenti ed anche richieste superiori a quelle concordate contrattualmente. Egli, inoltre, eccepiva l’inadempimento del locatore in merito all’approvvigionamento dell’acqua nell’unità immobiliare.
Il giudice emetteva ordinanza non impugnabile di rilascio ex art. 665 cpc, con riserva delle eccezioni del convenuto, e disponeva il mutamento del rito, assegnando termine di legge per la proposizione del procedimento di mediazione obbligatoria.
All’udienza fissata ex art. 420 cpc, il giudice rinviava su concorde richiesta delle parti ad altra udienza, nella quale le parti riferivano che gli accordi transattivi non avevano avuto esito positivo e che il procedimento di mediazione non era stato incardinato. L’opponente, in ogni caso, contestava l’improcedibilità della domanda per assenza della mediazione, mentre l’opposto chiedeva di essere rimesso in termini, contestando la perdurante efficacia della ordinanza di rilascio
Il giudice rinviava quindi per consentire il contraddittorio sul punto con discussione, assegnando termine per note conclusive.
SOLUZIONE
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, disponeva che, accertato il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria da parte dell’intimante opposto, dichiarava l’improcedibilità della domanda proposta e ritenendo che la dichiarazione di improcedibilità della domanda travolga la stessa ordinanza provvisoria di rilascio, revocava la stessa.
Condannava, inoltre, parte soccombente alla refusione delle spese di lite nei confronti di controparte.
QUESTIONI
La sentenza del tribunale aretino è di interesse per gli studiosi della materia in quanto si occupa di risolvere la questione preliminare riguardante gli effetti della mancata proposizione della mediazione obbligatoria in materia di locazione, in esito all’opposizione alla convalida di sfratto ed al conseguente mutamento di rito, nonché l’onere di proporre l’adr da parte dell’intimante-opposto, attore sostanziale.
Interessante il richiamo analogico che il giudice offre al lettore con l’equivalenza rispetto al decreto ingiuntivo in cui afferma che: “dopo notevoli oscillazioni, la giurisprudenza ha ormai sposato la tesi (contestata da questo GI) che in caso di opposizione a convalida l’onere di introdurre la mediazione in materia obbligatoria (come lo sono tutti i procedimenti in materia di locazione) spetti all’opposto, attore sostanziale, poiché sua è la domanda”.
E’ noto che il d.lgs 28/10, all’art. 5 dispone che: chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di locazione è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione. Tale procedimento non risulta, tuttavia, condizione di procedibilità giudiziale nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’art. 667 c.p.c..
Pertanto, una volta disposto il mutamento del rito, le parti devono esperire il procedimento di mediazione a pena di improcedibilità delle rispettive domande, posto che le controversie in materia di locazione rientrano tra quelle per le quali è obbligatorio il tentativo di mediazione[1].
Orbene, tornando alla fattispecie in esame, al momento della suddetta udienza di rinvio erano trascorsi circa sei mesi e il giudice teneva a rammentare come, nonostante il termine di 15 giorni assegnato dal giudice non abbia natura perentoria, era comunque onere dell’opposto-intimante avviare la mediazione in tempo adeguato affinché il procedimento si concludesse entro il termine massimo previsto in quattro mesi[2] ai fini del contenimento dei tempi processuali in ragione dei principi del “giusto processo”.
Il giudice, in ogni caso, riteneva che la richiesta di remissione in termini avanzata da parte opposta non fosse supportata da alcuna motivazione, soprattutto considerato l’eccessivo sforamento rispetto ai limiti imposti per legge; pertanto, non essendo la mediazione stata introdotta tempestivamente dalla parte obbligata la domanda proposta con l’intimazione doveva essere dichiarata improcedibile.
Parte opposta introduceva un ulteriore motivo di eccezione, ossia l’efficacia della improcedibilità del giudizio di merito rispetto all’ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 cpc, sostenendo l’ultrattività di quest’ultima anche per effetto dell’estinzione del giudizio di convalida.
Sul punto la giurisprudenza non è, tuttavia, univoca.
Secondo parte della giurisprudenza di merito “l’ordinanza provvisoria di rilascio, pur se non idonea ad acquistare autorità di giudicato in ordine al diritto fatto valere dal locatore, rientrando nella categoria dei provvedimenti di condanna con riserva delle eccezioni del convenuto, ha natura non di provvedimento cautelare o meramente ordinatorio ma di provvedimento sostanziale provvisorio, i cui effetti dunque permangono fino a quando, ove non vengano definitivamente continuati, siano messi nel nulla dalla sentenza di merito che conclude l’ordinario giudizio di cognizione, salva restando, in caso di estinzione di questo, al conduttore di far valere nel termine di prescrizione le sue eccezioni in un autonomo nuovo processo”[3].
Stando a tale orientamento, quando l’azione viene dichiarata improcedibile per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, tale pronuncia non è atta a far perdere l’efficacia esecutiva all’ordinanza provvisoria di rilascio emessa ai sensi dell’art. 665 c.p.c., cosicché, in caso di estinzione del processo, rimangono validi gli effetti esecutivi dell’ordinanza.
Altro orientamento ritiene, invece, che “l’ordinanza non impugnabile di rilascio ex art. 665 c.p.c. soggiace al regime previsto dall’art. 310 c.p.c. che, nel disciplinare gli effetti dell’estinzione del processo, sancisce l’inefficacia di tutti gli atti compiuti ad eccezione delle sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e di quelle che regolano la competenza. Ne consegue che tale ordinanza non è idonea a dispiegare i propri effetti al di fuori del processo e che resta travolta dalla declaratoria di improcedibilità susseguente all’omesso esperimento del procedimento di mediazione disposto dal giudice”[4].
Alla luce dei due orientamenti esposti, il Tribunale di Arezzo partiva nell’esporre la propria posizione al riguardo ravvisando una similitudine tra il decreto ingiuntivo e l’ordinanza provvisoria di rilascio, in quanto entrambi sono provvedimenti emanati a seguito di un procedimento sommario a cui segue una fase eventuale di merito il cui esito va integralmente a sostituire quello della fase precedente.
Il giudice riteneva doverosa tale premessa poiché è ormai consolidato il principio, anche a seguito della pronuncia in merito da parte delle Sezioni Unite (sent. 18.9.2020 n.19596), secondo cui nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, dalla pronuncia di improcedibilità di cui al citato deriverà la revoca del decreto ingiuntivo[5].
Analogicamente, secondo il tribunale aretino, il mancato esperimento della mediazione a seguito del mutamento di rito per opposizione all’ordinanza di rilascio comporta l’improcedibilità della domanda dell’intimante e la revoca dell’ordinanza ex art. 665 cpc.
[1] Trib. Napoli, Sent. n. 9120/2023.
[2] Sul punto, effettuando un ragionamento di tipo sillogistico, se ai sensi dell’art 152, comma 2, c.p.c. i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che la stessa li dichiari espressamente perentori, e l’art. 5, comma 2, d. lgs. n. 28/2010 non definisce tale termine come perentorio, allora il termine di 15 giorni, fissato dal giudice nella mediazione demandata, non potrà essere ritenuto perentorio. Oltretutto, secondo Cass. civ., Sent. n. 40035/2021 “la ratio legis sottesa alla mediazione obbligatoria ope iudicis e cioè la ricerca della soluzione migliore possibile per le parti, dato un certo stato di avanzamento della lite e certe sue caratteristiche, mal si concilia con la tesi della natura perentoria del termine, che finirebbe per giustificare il paradosso di non poter considerare utilmente esperite le mediazioni conclusesi senza pregiudizio per il prosieguo del processo solo perché tardivamente attivate, e così escludendo in un procedimento deformalizzato qual è quello di mediazione l’operatività del generale principio del raggiungimento dello scopo”.
[3] Trib. Napoli Nord, Sent. n. 326/2016. Sul punto si veda anche Trib. Milano, Sent. n. 5466/2020 la quale, come la pronuncia del giudice napoletano, riprendeva Cass. civ., n. 3730/1995.
[4] Trib. Milano, Sent. n. 2111/2016.
[5] Cass. SS. UU., Sent. n. 19596/2020.
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