La clausola floor è uno strumento derivato?
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFLa clausola floor, talora apposta ai contratti di mutuo (o leasing) a tasso variabile, è un meccanismo di redditività minima del finanziamento scollegato dalla variabilità dell’interesse corrispettivo; configura un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti dal mutuatario non possono scendere, anche in presenza di una sensibile riduzione dei tassi di interesse di periodo.
Tale clausola ha una evidente funzione di salvaguardia per la banca mutuante, poiché garantisce all’istituto bancario interessi almeno pari al valore percentuale individuato dalla clausola stessa, anche laddove il tasso di interesse (variabile e di regola parametrato all’Euribor) risultasse inferiore al valore del tasso assunto dalla clausola floor. In sostanza, il mutuatario non potrà mai beneficiare completamente di un calo dei tassi d’interesse, poiché è tenuto a pagare interessi almeno pari al limite fissato nella clausola floor.
È diffuso il convincimento giurisprudenziale secondo cui la presenza di una clausola floor non faccia assumere automaticamente al contratto cui accede la natura di strumento finanziario, con conseguente applicabilità della disciplina del TUF, e in particolare degli obblighi informativi in esso previsti a carico dell’intermediario finanziario. Né può ritenersi fondatamente che, a fronte dell’inserimento di tale clausola, la pattuizione di interessi “minimi” da corrispondersi da parte del mutuatario al mutuante, quale accessorio dell’obbligo di restituzione e remunerazione per la cessione del capitale, snaturi l’essenza del contratto, mutandone la natura da contratto reale avente causa di finanziamento a strumento finanziario con cui il cliente, controparte dell’istituto di credito, mira a realizzare un investimento mobiliare economicamente proficuo (ed ha diritto a ricevere informazioni complete e puntuali riguardo all’effettivo grado di rischio assunto e sull’equilibrio delle condizioni contrattuali così come effettivamente praticate) (Trib. Bologna 6.3.2018; Trib. Pesaro 7.8.2018; Trib. Genova 5.2.2019; Trib. Crotone 27.1.2020; Trib. Pordenone 24.4.2020; Trib. Rovereto 19.12.2020; Trib. Roma 13.10.2020; Trib. Bari 14.9.2022 n. 3318).
L’equiparazione della clausola floor ad uno strumento derivato è stata reputata « una vera e propria acrobazia logica e dialettica », considerato che non si è in presenza di un contratto d’investimento mobiliare, ma di un contratto di mutuo, « dove la prestazione del mutuante è già avvenuta, mentre deve avvenire soltanto quella del mutuatario, e dove l’unica “alea” consiste proprio nell’inadempimento di quest’ultimo. In sostanza, con la sottoscrizione di un contratto di mutuo con clausola floor, il mutuatario non intende realizzare un investimento ma mira solamente ad ottenere fondi in previsione dell’acquisto di un bene e non già, ad esempio, a gestire un rischio di cambio o a speculare sul tasso di cambio di una valuta estera et similia, specialmente quando sussiste una previsione chiara e determinata in ordine al tasso d’interesse, che esclude ogni rilevanza a meccanismi aleatori, giuridicamente rilevanti e facenti parte come tali del contenuto del contratto» (così Trib. Bologna 8.2.2018; conf. Trib. Bologna 29.5.2017; Trib. Crotone 27.1.2020; Trib. Forlì 18.6.2020; Trib. Sondrio 12.6.2020).
Dirimente, in argomento, è infine quanto stabilito dalle Sezioni Unite n. 5657/2023 (conf. Cass. n. 5151/2024), secondo cui «costituisce un puro artificio la tesi (anch’essa sostenuta in dottrina) secondo cui la previsione di un tasso minimo dovuto dal cliente, inserita in un contratto di finanziamento a tasso indicizzato, costituirebbe una “inconsapevole vendita da parte del cliente al finanziatore” di una option, e dunque un contratto derivato. Infatti la previsione per cui, anche nel caso di fluttuazione dell’indice di riferimento per la determinazione degli interessi, il debitore sia comunque tenuto al pagamento di un saggio di interessi minimo, non è che una clausola condizionale, in cui l’evento condizionante è la fluttuazione dell’indice di riferimento al di sotto di una certa soglia, e l’evento condizionato la misura del saggio: dunque un patto lecito e consentito dall’art. 1353 c.c.».
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