8 Ottobre 2024

Apertura di credito: modalità di utilizzo del credito accordato

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Il primo comma dell’art. 1843 c.c. stabilisce che “Se non è convenuto altrimenti, l’accreditato può utilizzare in più volte il credito, secondo le forme d’uso, e può con successivi versamenti ripristinare la sua disponibilità”.

Le modalità concrete di utilizzo del credito accordato (provvista) sono sostanzialmente rimesse alla determinazione delle parti. Gli atti di utilizzo sono operazioni autonome, anche se collegate economicamente all’apertura di credito, rispetto alla quale incidono soltanto in quanto modificano la misura della disponibilità.

Ai fini dell’utilizzo delle somme messe a disposizione con l’apertura di credito, è sufficiente che l’accreditato compia operazioni — come prelievi diretti, bonifici a favore di terzi o emissione di assegni (per i quali è discusso se rientrino tra le «forme d’uso» o richiedano una specifica convenzione di assegno) — a debito del conto entro i limiti del fido concesso, cui la banca accreditante è tenuta a dare esecuzione. Oltre al pagamento diretto all’accreditato, la banca è obbligata a pagare la persona autorizzata o indicata da quest’ultimo (art. 1188 c.c.) e anche al cessionario dell’accreditato (art. 1260 c.c.).

Su specifica richiesta del cliente, la banca è quindi tenuta a trasferire le somme messe a disposizione, in tutto o in parte, direttamente all’accreditato o, su sua indicazione, a terzi (v. anche art. 1183 c.c.). L’accreditato ha anche la facoltà di non utilizzare la provvista, e la banca non può costringerlo a farlo. Poiché la decisione di utilizzare o meno le somme è una scelta libera dell’accreditato, è escluso che i suoi creditori possano agire con l’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c., dato che il creditore dovrebbe sostituirsi all’accreditato per poter utilizzare le somme messe a disposizione dalla banca.

L’espressione «secondo le forme d’uso» non si riferisce agli usi normativi, che non disciplinano le modalità di erogazione del credito, ma piuttosto agli strumenti abituali dell’operatività bancaria (prassi bancaria): ad esempio, prelievi di denaro o emissione di assegni. È dibattuto in dottrina se tra le «forme d’uso» possano essere inclusi anche l’emissione di cambiali o lo sconto cambiario; è comunque da escludere che siano compresi i cosiddetti crediti di firma, poiché l’apertura di credito di firma appare strutturalmente diversa dall’apertura di credito per cassa, che implica la messa a disposizione del cliente di una somma di denaro (Trib. Bologna, 17 febbraio 1989; v. anche Cass., 16 settembre 1993, n. 4552).

L’utilizzo dell’apertura di credito può essere sottoposto a condizioni, ad esempio quando la disponibilità delle somme è legata all’esecuzione di lavori (come quelli pubblici), la cui verifica dello stato di avanzamento rende di volta in volta utilizzabili le somme concesse; l’apertura di credito può altresì prevedere una specifica destinazione delle somme accreditate.

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