3 Settembre 2024

Preliminare di preliminare e diritto alla provvigione del mediatore

di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. II, 13/11/2023, n. 31431, Rel. Dott. F. Rolfi

Mediazione – Provvigione – Preliminare di preliminare – Validità – Sussistenza – Idoneità alla nascita del diritto alla provvigione del mediatore – Esclusione – Fondamento

Il c.d. “preliminare di preliminare”, pur essendo vincolo valido ed efficace se rispondente ad un interesse meritevole di tutela delle parti, risulta idoneo unicamente a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, senza abilitare le parti medesime ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato e, conseguentemente, non viene a costituire un “affare” idoneo, ex artt. 1754 e 1755 c.c., a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti medesime.

CASO

Alfa s.r.l. aveva convenuto in giudizio Tizio e Caio, il primo nella qualità di acquirente e il secondo quale venditore – esponendo di avere svolto in favore dei convenuti attività di mediazione in relazione ad un’operazione immobiliare di rilevante valore.

L’attrice aveva dedotto il proprio diritto ad ottenere il pagamento della provvigione, essendo le parti pervenute alla conclusione di una proposta di acquisto e dovendosi, quindi, ritenere concluso l’affare nonostante la presenza di un impegno delle parti a concludere un successivo contratto preliminare, in considerazione del fatto che tale successivo contratto preliminare non avrebbe aggiunto alcunché alle previsioni già esaurientemente dettagliate nell’accordo.

Il Tribunale aveva respinto la domanda, ritenendo che la proposta irrevocabile accettata – che per l’attrice integrava gli estremi della conclusione dell’affare – non costituisse un contratto preliminare ma un mero accordo in vista della futura conclusione del preliminare vero e proprio, come tale privo di effetto vincolante e non qualificabile come “conclusione dell’affare”.

La Corte d’appello aveva riformato però la sentenza del Tribunale ritenendo che l’intesa in questione costituisse un contratto preliminare con il quale le parti si erano impegnate alla successiva conclusione di un contratto preliminare, come tale idoneo a costituire “conclusione dell’affare” e a fondare il diritto dell’appellante a conseguire la provvigione dalle parti contraenti.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello, Tizio ha presentato ricorso avanti al S.C.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata, per avere la stessa ritenuto che il diritto del mediatore alla provvigione possa scaturire anche dalla conclusione, tra le parti messe in contatto, di un c.d. “preliminare di preliminare”, dovendosi invece escludere che anche quest’ultimo costituisca “affare concluso” ai sensi dell’art. 1755 c.c.

QUESTIONI

La Corte d’appello, nella sentenza gravata, ha fondato la propria decisione sulla sentenza delle Sezioni unite n. 4628 del 2015. Con questa decisione la stessa Cassazione aveva escluso che sia nulla per difetto di causa la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l’esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento), perché tale accordo sarebbe valido ed efficace ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.

Il principio enunciato dalle Sezioni Unite – ribadito anche da Cass. 19/26484 – ha poi costituito la base per la successiva enunciazione del principio – a cui la decisione impugnata ha inteso aderire – per cui anche una proposta di acquisto integrante “preliminare di preliminare” può far sorgere il diritto alla provvigione integrando quella conclusione dell’affare, che costituisce, la fonte del diritto del mediatore alla corresponsione della provvigione ai sensi dell’art. 1755 c.c. (cfr. Cass. 15/24397; Cass. 17/923).

Questa conclusione peraltro era già stata rimessa in discussione da Cass. 19/30083, secondo cui, ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato, dovendosi, conseguentemente, escludere il diritto alla provvigione qualora tra le parti si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, come nel caso in cui sia stato stipulato un cd. “preliminare di preliminare”. Quest’ultimo, infatti, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace, in presenza delle già dette condizioni, non legittima la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l’oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno derivante dalla violazione della specifica obbligazione contenuta nell’accordo interlocutorio. Detta decisione è stata seguita da una nutrita serie di decisioni che si sono poste sulla medesima scia.

Anche la sentenza in commento si allinea a questo secondo e più recente indirizzo giurisprudenziale, sulla scorta di una motivazione che vale la pena riprendere.

La Corte di Cassazione rileva infatti, anzitutto, che l’orientamento favorevole al riconoscimento della provvigione anche in presenza di un “preliminare di preliminare”, non fornisce in realtà argomenti convincenti a sostegno della propria posizione, limitandosi per lo più a conclusioni prive di un reale approfondimento e attribuendo al precedente delle Sezioni Unite un significato che invece non ha.

La sentenza delle Sezioni Unite n. 4628/2015, nell’escludere la nullità per difetto di causa del “preliminare di preliminare”, non si è, infatti, specificamente occupata del profilo della idoneità di tale forma di pattuizione a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti poi addivenute alla conclusione dell’intesa stessa. In più passaggi, anzi, le stesse SS.UU. hanno richiamato l’esigenza di verificare in concreto la validità ed efficacia dell’accordo, in una situazione che può essere sintomatica del fatto che le parti hanno consapevolezza che la situazione non è matura per l’assunzione del vincolo contrattuale vero e proprio.

Altrettanto significativo è il richiamo, operato nella sentenza a SS.UU., a quella dottrina che riconduce al “preliminare di preliminare” non un obbligo di contrarre – come invece avviene nel caso del contratto preliminare vero e proprio – bensì un obbligo di contrattare, la cui violazione le stesse Sezioni Unite ritengono sanzionabile, in quanto contraria a buona fede, come responsabilità da inadempimento di un’obbligazione di natura contrattuale per rottura di un rapporto assunto nella fase precontrattuale. Non c’è dubbio pertanto che anche per le Sezioni Unite il “preliminare di preliminare” si presenta come mezzo per dilatare la fase temporale anteriore all’assunzione di un vincolo alla cui violazione possa reagirsi con l’azione ex art. 2932 c.c.  o, in alternativa, con una domanda risarcitoria volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata conclusione del negozio programmato. Dal “preliminare di preliminare”, cioè, viene a scaturire il solo vincolo a non interrompere, violando la clausola generale di buona fede e correttezza, l’ulteriore trattativa finalizzata a pervenire alla definizione completa dell’operazione negoziale, pena l’insorgere di un obbligo meramente risarcitorio.

È allora evidente che la figura del “preliminare di preliminare”, per come individuata e descritta dall’arresto delle SS.UU. del 2015, venga comunque a porsi al di fuori di quella “conclusione dell’affare” cui l’art. 1755 c.c. subordina l’insorgenza del diritto del mediatore alla provvigione, dal momento che se, da un lato, è vero che la giurisprudenza di legittimità ha adottato un’interpretazione quanto mai ampia del concetto “affare”, riconducendovi qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, è anche vero, dall’altro lato, che tale operazione economica deve comunque ricollegarsi ad un contratto in grado di produrre pienamente gli effetti dalle parti medesime convenzionalmente programmati, e non ad un’intesa, quale appunto il “preliminare di preliminare”, che – come chiarito dalle stesse Sezioni Unite – viene comunque a produrre un mero vincolo di natura precontrattuale a carattere prodromico.

Fermo, quindi, il consolidato principio per cui il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, detto principio deve essere coerentemente declinato nel senso di negare la possibilità di qualificare come “affare” concluso la mera conclusione di una intesa, come il “preliminare di preliminare”, la quale, in caso di inadempimento, legittima – come già rimarcato – la parte non inadempiente non ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, bensì per il risarcimento del danno derivante dalla mancata prosecuzione delle trattative, e quindi dalla violazione dell’“obbligo a contrattare”.

Per questo motivo, la decisione della Corte d’Appello è stata pertanto cassata dal S.C. con rinvio ad altra sezione della medesima Corte.

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