Il mediatore immobiliare come conduttore e il suo diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Bari, 5 febbraio 2024, Giudice Lella
Parole chiave
Locazione – Indennità perdita avviamento – Mediatore immobiliare – Contatti con il pubblico
Massima: “In tema di locazioni immobiliari, il mediatore immobiliare che sia conduttore svolge un’attività che implica contatti con il pubblico, cosicché – alla cessazione del rapporto di locazione – ha diritto a percepire dal locatore l’indennità per la perdita dell’avviamento”.
Disposizioni applicate
Art. 34 l. 392/1978 (indennità per la perdita dell’avviamento)
CASO
Viene concluso un contratto di locazione ad uso commerciale. La locatrice è una persona fisica, mentre il conduttore esercita la professione di mediatore immobiliare all’interno dell’unità immobiliare locata. Decorsa la durata prevista, ma nel rispetto del termine di preavviso, la locatrice recede dal contratto di locazione. Il conduttore chiede il pagamento della indennità di fine rapporto.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Bari accoglie la domanda, sul rilievo che l’attività di mediatore immobiliare implica contatti con il pubblico.
QUESTIONI
Le locazioni commerciali sono disciplinate nella l. 392/1978. Una delle peculiarità di questo testo normativo è la previsione di un’indennità a favore del conduttore per la perdita dell’avviamento. Più precisamente l’art. 34 comma 1 della legge 392/1978 prevede che “in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili … il conduttore ha diritto … a una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto”. La logica sottesa a questa previsione normativa è che il conduttore, nel rilasciare l’immobile, perde l’avviamento faticosamente conseguito. Per questa perdita deve essere indennizzato e il legislatore identifica nel locatore il soggetto che deve tenere indenne il conduttore.
L’obbligo di pagare l’indennità sussiste solo nei casi previsti dalla legge. Uno dei casi di esclusione si ha quando l’attività non comporta contatti diretti con il pubblico (così l’art. 35 comma 1 l. 392/1978). Se l’attività svolta nell’immobile non prevede la presenza di pubblico, il trasferimento dell’attività da un posto all’altro – a seguito della cessazione del rapporto di locazione – non fa perdere la clientela al conduttore. I clienti del conduttore si rivolgono al conduttore non per il luogo in cui è collocata l’attività, ma per motivi diversi. A queste condizioni appare ingiusto far pagare al locatore per una perdita che non esiste.
L’attività di mediatore immobiliare implica contatti diretti con il pubblico? Secondo il Tribunale di Bari la risposta è affermativa in quanto il pubblico – scrive testualmente il giudice barese – “viene raggiunto attraverso modalità tipiche per tale genere di attività, quali inserzioni sui giornali, manifesti, cartelli affissi sugli immobili da vendere, volantini”. Va detto che questa argomentazione del Tribunale di Bari è piuttosto debole. Il mediatore immobiliare deve reperire clienti (ossia persone interessate a vendere o ad acquistare immobili) e sicuramente una condotta passiva non lo facilita. Tuttavia la legge dà peso ai contatti “diretti” con il pubblico, e tale espressione deve intendersi nel senso di contatti che vengono posti in essere grazie all’immobile (o almeno facilitati dall’immobile). Gli esempi elencati dal giudice barese si riferiscono tutti ad attività rispetto alle quali la presenza nell’immobile è del tutto indifferente.
Il contatto diretto con il pubblico è una circostanza di fatto: può esserci o non esserci e – se oggetto di contestazione – deve essere dimostrato dalla parte interessata. Nella prassi dei contratti di locazione è peraltro frequente la clausola che indica la sussistenza di tale circostanza. Nel caso affrontato dal Tribunale di Bari, il medesimo contratto di locazione stabiliva che si trattava di un’attività che implica contatti con il pubblico. Se c’è una clausola del genere, non è vietato provare il contrario. Il giudice assume la veridicità dell’affermazione contenuta nel contratto, ma la parte interessata può provare il contrario. Nel caso di specie la locatrice avrebbe dovuto dimostrare che l’attività del conduttore-mediatore veniva svolta senza contatti con il pubblico.
Un precedente che si è occupato di contatti diretti con il pubblico è rappresentato dall’ordinanza della Corte di cassazione n. 20732/2020. Si trattava di un rapporto contrattuale instaurato tra un condominio (in qualità di locatore) e una s.n.c. (in qualità di conduttrice). La società gestiva un’autofficina, e – essendo l’immobile principale privo di un ufficio – aveva preso in locazione un piccolo locale a piano terra, di proprietà del condominio e limitrofo all’autofficina, che veniva usato come ufficio. Decorsi 12 anni, il condominio recede dal contratto limitatamente all’ufficio e la s.n.c. chiede il pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento. La Suprema Corte rigetta la domanda sul rilievo che il locale è accessorio rispetto all’autofficina e non è in grado di attirare clientela, anche perché privo di insegne. Non vi è insomma un avviamento dell’ufficio, che possa dar luogo al riconoscimento dell’indennità a favore della società.
Un altro interessante profilo trattato nel provvedimento del Tribunale di Bari riguarda la revoca della disdetta. La locatrice invia disdetta al conduttore. Successivamente si pente e invia una seconda comunicazione con la quale revoca la prima. Nel frattempo peraltro il conduttore aveva risposto alla prima raccomandata, prendendo atto della disdetta e comunicando che avrebbe riconsegnato i locali alla scadenza previo versamento della indennità di avviamento. Secondo il giudice barese, la revoca della disdetta non può produrre alcun effetto. La revoca è possibile finché non giunge al destinatario. Nel caso di specie, non solo il conduttore aveva ricevuto la prima raccomandata di revoca, ma aveva risposto alla medesima con altra raccomandata. Vi è dunque la prova che la prima raccomandata sia giunta al destinatario.
La locatrice, pentitasi di avere inviato la disdetta (e forse spaventata dal dover pagare l’indennità per la perdita dell’avviamento), argomenta davanti al Tribunale di Bari nel senso che – avendo ella poi proposto un nuovo contratto al medesimo conduttore – ciò sarebbe incompatibile con la sua volontà di porre termine al rapporto contrattuale. Il giudice barese tuttavia non accoglie questa impostazione, anzi sottolinea che proprio il fatto che sia stato proposto un nuovo contratto è indice della cessazione del precedente contratto. La proposta di nuovo contratto non viene accettata dal conduttore, cosicché il rapporto contrattuale cessa definitivamente.
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