4 Giugno 2024

Il frazionamento e la vendita frazionata dell’immobile pignorato non costituisce aliud pro alio

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2024, n. 9847 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo

Esecuzione forzata – Vendita forzata – Vendita di aliud pro alio – Configurabilità – Fattispecie

Massima: “Nella vendita forzata, l’ipotesi di consegna di aliud pro alio è configurabile quando la cosa appartenga a un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, oppure quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto.”

CASO

Nell’ambito di un’espropriazione immobiliare, il giudice dell’esecuzione, dopo avere disposto il frazionamento catastale dei beni pignorati, ordinava la vendita soltanto di alcune delle unità così costituite, mentre, riguardo alle altre, pronunciava ordinanza di riduzione del pignoramento ai sensi dell’art. 496 c.p.c.

La società esecutata proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento emesso ai sensi dell’art. 586 c.p.c., sostenendo che gli immobili trasferiti, per effetto dell’intervenuto frazionamento e della riduzione del pignoramento, erano diversi da quelli pignorati, paventando così la sussistenza di un’ipotesi di vendita di aliud pro alio.

Il Tribunale di Termini Imerese rigettava l’opposizione, con sentenza gravata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che, nella vendita forzata, ricorre un’ipotesi di aliud pro alio quando non vi è corrispondenza tra il bene oggetto dell’ordinanza di vendita e quello in concreto trasferito all’aggiudicatario, mentre non rileva la corrispondenza o meno tra il bene oggetto di pignoramento e quello di cui sia stata disposta la vendita, quando la diversità consegua – come nel caso di specie – a un provvedimento del giudice dell’esecuzione che, a seguito di un frazionamento catastale, abbia disposto la riduzione del pignoramento.

QUESTIONI

[1] Nella vendita forzata, per espressa previsione dell’art. 2922 c.c., è esclusa la garanzia per vizi: si tratta di un presidio che il legislatore ha introdotto al fine di attribuire stabilità al trasferimento coattivo, evitando che l’aggiudicatario che lamenti la presenza di vizi o la mancanza di qualità possa invocare i rimedi dei quali può normalmente avvalersi l’acquirente (riduzione del prezzo, risoluzione del contratto e risarcimento del danno), inficiando così l’esito della vendita esecutiva e il risultato stesso dell’esecuzione forzata, ossia l’attribuzione ai creditori di quanto ricavato dall’alienazione coattiva del bene pignorato.

Va ricordato, infatti, che la vendita esecutiva, pur essendo affine a quella negoziale quanto all’effetto traslativo che ne consegue, ha natura affatto peculiare, giacché, attraverso la propria struttura processuale e procedimentale, persegue sia un interesse privato (proprio dei creditori concorrenti e dell’aggiudicatario), sia un interesse pubblico (connesso a ogni processo giurisdizionale): un tanto giustifica l’esclusione dell’operatività della garanzia per vizi della cosa e delle relative tutele dettate a favore dell’acquirente in materia di compravendita (cioè la rescissione per lesione ex art. 1448 c.c., l’actio redhibitoria, la risoluzione del contratto, l’actio quanti minoris, la riduzione del prezzo ex art. 1492 c.c., l’azione di risarcimento del danno ex art. 1494 c.c.).

Di ciò, peraltro, viene tenuto conto nella determinazione del valore dell’immobile da porre a base dell’esperimento di vendita: come prescritto dall’art. 568 c.p.c., infatti, l’esperto nominato dal giudice dell’esecuzione deve indicare analiticamente, tra l’altro, la riduzione applicata proprio in considerazione dell’assenza della garanzia per vizi del bene che andrà aggiudicato.

Diversamente, nel caso in cui l’aggiudicatario subisca l’evizione, l’art. 2921 c.c. prevede tre differenti tipi di tutela a suo favore:

  • in caso di evizione totale, potrà essere ripetuto l’intero prezzo pagato, al netto delle spese;
  • in caso di evizione parziale, potrà essere ripetuta una parte proporzionale del prezzo;
  • nel caso in cui l’evizione sia stata evitata pagando una somma di denaro, la stessa potrà essere ripetuta.

La giurisprudenza, tuttavia, ha affermato che l’esclusione della garanzia per vizi sancita dall’art. 2922 c.c. non riguarda le ipotesi nelle quali, anziché trattarsi di assenza di conformità, manchi addirittura la corrispondenza tra il bene oggetto dell’ordinanza di vendita e quello oggetto dell’aggiudicazione, versandosi quindi in una fattispecie di aliud pro alio.

La vendita di aliud pro alio, infatti, rappresenta una patologia particolarmente grave, che trascende e va oltre la mera presenza di vizi o mancanza di qualità della cosa, per sostanziarsi nell’appartenenza del bene consegnato a un genere diverso da quello venduto, al punto da impedire alla cosa di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti e, così, di fornire l’utilità richiesta, secondo la sua destinazione economico-sociale.

Con questa espressione, dunque, si è soliti indicare quelle fattispecie nelle quali tra cosa venduta e cosa consegnata sussiste una diversità – che può riguardare tanto un aspetto materiale, quanto un attributo squisitamente giuridico – tale da non potersi parlare di mero vizio o difetto (ossia di imperfetta attuazione del programma traslativo sotteso alla compravendita), ma di vero e proprio inadempimento: per questo motivo, in termini generali, l’azione di risoluzione che può essere promossa dall’acquirente non è nemmeno inquadrabile in alcuna di quelle disciplinate dagli artt. 1492 e 1497 c.c., ma si inscrive nell’ambito di previsione dell’art. 1453 c.c., risultando così sottratta ai termini di decadenza e di prescrizione stabiliti dall’art. 1495 c.c.

Pertanto, quando la cosa oggetto della vendita forzata risulti, successivamente al trasferimento, essere affetta da una patologia talmente grave da renderla radicalmente diversa da quella indicata negli atti del procedimento e su cui è caduta l’offerta dell’aggiudicatario, viene meno il nucleo essenziale e l’oggetto stesso della vendita, conseguendone la sua sostanziale nullità e il diritto dell’aggiudicatario di ripetere quanto indebitamente versato.

Proprio perché la difformità non deve comportare una mera alterazione del rapporto sinallagmatico insito nella vendita, ma deve sostanziarsi in una vera e propria alterità del bene aggiudicato rispetto a quello venduto, si ritiene che sussista un vizio redibitorio o una mancanza di qualità essenziale – determinanti l’operatività della regola dettata dall’art. 2922 c.c. – quando la cosa presenti imperfezioni che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore o che la rendono inidonea all’uso cui dovrebbe essere destinata, ovvero quando essa appartenga, per caratteristiche strutturali, a un tipo diverso o a una specie diversa da quella pattuita; di converso, ricorre l’aliud pro alio qualora il bene sia completamente diverso, in quanto appartenga a un genere diverso e si riveli, pertanto, del tutto inidoneo dal punto di vista funzionale ad assolvere la destinazione economico-sociale, ovvero a fornire l’utilità richiesta.

Nella vendita posta in essere nell’ambito dell’espropriazione immobiliare, peraltro, non tutte le circostanze rilevanti ai fini della precisa individuazione delle caratteristiche del bene pignorato (così come l’esistenza di eventuali oneri o diritti di terzi inerenti allo stesso e, in generale, le informazioni che possono comunque concorrere alla determinazione del suo valore) debbono necessariamente trovare puntuale e dettagliata indicazione nell’ordinanza di vendita e nell’avviso di vendita: è sufficiente, infatti, che tali informazioni siano comunque ricavabili dalla relazione di stima (che deve parimenti formare oggetto di pubblicazione) e dal fascicolo processuale, che è onere (e diritto) degli interessati all’acquisto consultare prima di formulare le offerte.

Di conseguenza, nessuna tutela può essere invocata dall’aggiudicatario quando la circostanza che potrebbe astrattamente rilevare ai fini della predicabilità di una fattispecie di aliud pro alio sia evincibile dal corredo documentale messo a disposizione dei potenziali offerenti affinché possano valutare se formulare o meno offerte d’acquisto.

Venendo a considerare i rimedi azionabili in caso di vendita di aliud pro alio, la giurisprudenza afferma che, soprattutto quando il soggetto interessato sia il debitore esecutato, deve proporsi l’opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni previsto dall’art. 617 c.p.c. e decorrente dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello messo in vendita.

Peraltro, quando – come nel caso esaminato nell’ordinanza annotata – la lamentata difformità intercorra non tanto tra bene posto in vendita e bene aggiudicato, ma tra bene pignorato e bene posto in vendita (che, dal canto suo, corrisponda perfettamente a quello poi fatto oggetto di aggiudicazione), l’opposizione deve necessariamente essere indirizzata nei confronti dell’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 569 c.p.c.; in difetto, nessuna contestazione potrà essere sollevata per infirmare l’aggiudicazione e il conseguente decreto di trasferimento, dal momento che i vizi che affliggono gli atti emessi nella fase propedeutica alla liquidazione del bene non si comunicano a quelli emessi nella successiva fase di liquidazione vera e propria, stante la configurazione del processo esecutivo come successione di subprocedimenti autonomi, nell’ambito dei quali debbono essere tempestivamente denunciate o rilevate le illegittimità inerenti ai relativi atti, che restano altrimenti definitivamente sanate.

Di conseguenza, il ricorso della società esecutata è stato rigettato non solo perché la vendita di alcune delle unità immobiliari derivanti dal frazionamento dei cespiti originariamente pignorati (e la correlativa liberazione delle altre per effetto di riduzione del pignoramento disposta ai sensi dell’art. 496 c.p.c.) non poteva configurare un’ipotesi di aliud pro alio (per il semplice fatto che i beni aggiudicati coincidevano esattamente con quelli posti in vendita e ancora assoggettati a pignoramento), ma anche perché, a tutto volere concedere, la ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente impugnare – con l’opposizione agli atti esecutivi – le ordinanze adottate dal giudice dell’esecuzione ai sensi degli artt. 496 e 569 c.p.c. e non il decreto di trasferimento, che, per quanto osservato, si sottraeva a qualsiasi censura, proprio perché la contestazione riguardava la corrispondenza tra beni pignorati e beni venduti e non tra beni posti in vendita e beni aggiudicati.

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