La fusione con altre società e la legittimazione a proporre appello
di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, Sez. III, Ordinanza, 21 marzo 2024, n. 7711
Parole chiave: Società – Appello civile – Legittimazione attiva e passiva – Fusione – Sussistenza – Prova del titolo successorio
Massima: “La società risultante dalla fusione, con altre, della società originariamente convenuta in giudizio, che sia anche conferitaria di un ramo d’azienda, è legittimata a proporre appello in luogo della società incorporata, parte del giudizio di primo grado e cedente del ramo d’azienda, non solo per effetto della intervenuta fusione, ma anche per effetto della cessione, assumendo così una duplice legittimazione, quella di successore a titolo universale, che le deriva dalla fusione, e quella di successore a titolo particolare, che le deriva dalla cessione di ramo d’azienda, con la conseguenza che, ove si qualifichi come cessionaria del ramo d’azienda, può limitarsi ad allegare tale titolo, specificandolo nell’intestazione dell’impugnazione, trattandosi di un titolo di natura pubblica e, quindi, di contenuto accertabile.”
Disposizioni applicate: 115, 2° comma, c.p.c., art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., art. 2697 c.c., artt. 201, 191 e 201 D. Lgs. n. 209/2005, artt. 32 L. n. 69/09, art. 54, comma 4 bis D. Lgs. n. 85/2005
Nella fattispecie in esame, una S.r.l. ormai sottoposta a liquidazione e concordato preventivo, aveva adito in giudizio un istituto di credito e una compagnia assicurativa onde ottenerne la condanna a restituire al Commissario liquidatore le somme di denaro relative ad una polizza fideiussoria volta a garantire il pagamento di un debito relativo a un finanziamento nei confronti dell’istituto di credito e ad un contratto di capitalizzazione con una società del gruppo assicurativo, costituito in pegno a favore di un’altra società del gruppo assicurativo a garanzia della polizza fideiussoria.
Il Tribunale di prime cure accoglieva la domanda della S.r.l. con il motivo che sia la vendita dei titoli da parte dell’istituto di credito, sia l’incameramento da parte delle società del gruppo assicurativo di quanto riscosso dalla compagnia assicurativa erano da considerare nulli ai sensi dell’art. 168 L. fall..
Avverso tale decisione proponeva appello la società risultante dalla fusione, con altre, della compagnia assicurativa originariamente convenuta in giudizio e che risultava anche essere conferitaria di un ramo d’azienda.
La Corte d’Appello accoglieva l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla S.r.l. per avere la società appellante fallito nel dimostrare e nell’allegare la propria legittimazione ad impugnare la sentenza del Tribunale pronunciata nei confronti della società originariamente convenuta, quindi, di un soggetto giuridico diverso, considerando che l’appellante non avesse, nonostante il rilievo avversario, comprovato il proprio status e allegato il titolo in base al quale era subentrata in sostituzione della società convenuta nel precedente giudizio di primo grado.
La società appellante ricorreva per cassazione della suddetta sentenza di appello.
La Corte di Cassazione ha innanzitutto rilevato come la società risultante dalla fusione, insieme ad altre, della società originariamente convenuta in giudizio e che fosse anche, come in questo caso, conferitaria di un ramo d’azienda, sia in astratto legittimata a proporre appello in luogo della società incorporata, parte del giudizio di primo grado, e cedente del ramo d’azienda; quanto precede non soltanto in virtù della intervenuta fusione, ma anche per effetto della cessione, sussistendo pertanto una duplice legittimazione (Cass. 22/03/2010, n. 6845): da un lato quella di successore a titolo universale derivante dalla fusione, dall’altro quella di successore a titolo particolare derivante dalla cessione di ramo d’azienda.
Ciò premesso, la Suprema Corte ha sottolineato come la ricorrente si fosse qualificata come cessionaria del ramo d’azienda, in base al principio secondo il quale il successore a titolo particolare nel diritto controverso è legittimato ad impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa (cfr. Cass. 17/3/2009, n. 6444) e avesse fatto riferimento al titolo che le consentiva di sostituire l’originaria convenuta, menzionando espressamente tale titolo nell’intestazione dell’impugnazione, senza produrlo in quanto si trattava di un titolo di natura pubblica (di contenuto quindi accertabile), rimasto del tutto o non idoneamente contestato. Stando così le cose, gli ermellini hanno considerato che la ricorrente avesse dimostrato la propria legittimazione ad agire nella veste di cessionaria di ramo d’azienda.
La Corte di Cassazione, rifacendosi ad una sua giurisprudenza costante (Cass 11/04/2017, n. 9250, Cass. 15/05/2020, n. 8975), ha evidenziato come avesse in passato ritenuto insussistente il dedotto difetto di legittimazione della cessionaria del ramo di azienda a impugnare la sentenza resa nei confronti della sua dante causa, sottolineando come la contestazione dell’avvenuta successione a titolo particolare nella posizione sostanziale controversa era fondata sulla sola contestazione dell’omessa produzione dell’atto di cessione del ramo di azienda.
La Corte di Cassazione ha considerato che, stante l’accertata legittimazione ad agire fondata sulla successione a titolo particolare in ragione della cessione di ramo di azienda, fosse superfluo accertare anche se e come la ricorrente avesse dimostrato di essere inoltre legittimata quale successore universale per effetto della fusione.
Alla luce di quanto precede, la Suprema Corte ha cassato la sentenza pronunciata in appello.
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