5 Marzo 2024

Annullato l’accordo di separazione estorto con le minacce della famiglia della moglie

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. I, ordinanza del 20/02/2024 n.4440

Annullamento del contratto – violenza morale esercitata da un terzo

(artt. 1427, 1434 e 1435 c.c.)

Può essere annullato l’accordo di separazione se il consenso risulta viziato da una costrizione esplicita e manifesta oppure tramite un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche proveniente da un terzo. In ogni caso è necessario che la minaccia sia specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale chiede l’annullamento e che sia tale da incidere, con efficacia concreta, sulla volontà dell’autore.

CASO

Un uomo agisce in giudizio per far dichiarare l’annullamento dell’accordo di separazione per vizio del consenso, causato dalle minacce provenienti dalla famiglia della moglie.

L’uomo, sposato con una donna di una famiglia ricca ed importante di un paese della Puglia, aveva sottoscritto l’accordo senza previsione di un mantenimento, nonostante non disponesse di redditi in quanto disoccupato, e nonostante l’enorme divario economico tra i coniugi.

Durante il matrimonio egli aveva lavorato presso la famiglia della donna, assunto come impiegato ma svolgendo in realtà funzioni di dirigente senza la relativa retribuzione, e dopo la fine del matrimonio era stato allontanato dal lavoro e dalla casa, costretto ad andare a vivere in un bungalow.

Inoltre, per la figlia della coppia, l’accordo prevedeva l’affidamento condiviso tra i genitori con il collocamento presso la madre e nessun onere contributivo per il padre.

Il ricorrente deduceva che, prima di sottoscrivere la separazione, in seguito ai tentativi di recuperare il rapporto con la moglie, aveva subito ripetute minacce e atti intimidatori da parte di ignoti, culminati nell’avergli fatto trovare un gatto impiccato dietro casa. Il suocero, alla presenza di un testimone, lo aveva invitato a lasciare il Paese, minacciandolo di fargli fare la stessa fine del gatto.

In generale, l’influenza economico e sociale della famiglia della moglie lo aveva indotto ad accettare determinate condizioni anche per il timore che avrebbero impedito o ostacolato la frequentazione con la figlia di circa dieci anni.

In primo grado e in appello la domanda era stata respinta per mancanza di prove, sia circa l’esistenza degli episodi narrati, sia in relazione all’efficacia causale degli stessi rispetto al condizionamento della sua volontà nel concludere l’accordo.

Secondo la Corte d’Appello di Bari la minaccia non sarebbe stata tale da impressionare una persona sensata e far temere un male ingiusto e notevole per sé o il suo patrimonio.

L’uomo ricorre in Cassazione sostenendo la violazione delle norme in tema di violenza e morale e annullamento del contratto e per l’omessa considerazione della particolare situazione fisica e psicologica, in cui si trovava per essere stato allontanato da casa, e della posizione di assoluta preminenza sociale ed economica della famiglia della moglie nel piccolo paese, come pure dei metodi con i quali era stato intimidito e condizionato.

La Cassazione ha accolto il ricorso.

LA SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE E I PRINCIPI DELLA MATERIA

Quando si parla di violenza morale quale vizio invalidante il consenso, secondo la giurisprudenza di legittimità, la costrizione può essere esercitata in modo esplicito, manifesto e diretto, oppure mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo.

Inoltre, è necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l’annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell’autore di essa (Cass. Civ. n. 19974/2017 e Cass. Civ. n. 27323/2022).

Il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c., se la determinazione della parte sia stata indotta da timori meramente interni, o da personali valutazioni di convenienza.

La Corte d’Appello ha errato nell’interpretare i presupposti applicativi della disciplina fornendo una motivazione solo apparente.

Non c’è stato infine nessun apprezzamento, anche negativo, circa i rapporti economici tra le parti prima e dopo la separazione e la situazione economica dell’uomo precipitata a causa della posizione dominante della famiglia della moglie in quella città, che non poteva non essere considerata nel contesto.

La revocabilità del consenso nella domanda di separazione prima dell’omologa del Tribunale.

Un’altra modalità di sottrarsi all’accordo separativo sottoscritto è quella di revocare il proprio consenso di volersi separare legalmente alle condizioni pattuite, comprese le eventuali obbligazioni di mantenimento verso moglie e figli.

Ma fino a quando è possibile?

L’accordo di separazione costituisce secondo dottrina e giurisprudenza, un atto essenzialmente negoziale, espressione della capacità dei coniugi di autodeterminarsi responsabilmente.

Il dissenso unilaterale può essere manifestato solo fino a che i coniugi non siamo comparsi di fronte al giudice innanzi al quale devono confermare il loro consenso e gli accordi. Il giudice avrà il potere/dovere di controllo nell’ambito della procedura di omologazione, destinata a concludersi con un provvedimento che è condizione di efficacia del consenso già manifestato.

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