28 Novembre 2023

Successione a titolo particolare e legittimazione attiva all’azione di manutenzione

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. II, Ordinanza del 3.9.2021 n. 23868, Presidente R.M. Di Virgilio, Estensore A. Casadonte

Massima:Ai fini della legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di manutenzione, la richiesta qualità di possessore del bene non è incompatibile con la possibilità che il soggetto che ha subito la molestia e quello che agisce processualmente per la tutela possessoria siano diversi, attesa la facoltà prevista dall’art. 1146, comma 2 c.c. di invocare in caso di successione a titolo particolare, inter vivos o mortis causa, il cumulo del possesso di chi esercitava il possesso al momento della turbativa con quello di chi lo esercita al momento del ricorso possessorio, sempre che ne sussista il titolo e l’instaurazione della relazione di fatto con il bene”.

CASO

Tizio, Caia e Sempronio presentavano ricorso ex art. 1170 c.c. proponendo azione di manutenzione per ottenere a demolizione di un terrapieno artificiale edificato a confine da Mevio con conseguente riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

Il giudice di prime cure disponeva, quindi, la rimozione del terrapieno con condanna delle spese di lite della parte soccombente. Tuttavia il Tribunale rigettava per difetto di legittimazione attiva delle medesime domande unitamente formulate da Tizio e Caia in quanto precedenti proprietari che avevano ceduto l’immobile a Sempronio.

Mevio, soccombente quanto alla domanda possessoria, conseguentemente, proponeva reclamo che veniva parzialmente accolto dal Collegio.

Contestualmente veniva proseguito giudizio di merito possessorio il quale si concludeva con la condanna alla demolizione e alla rimessione in pristino dei luoghi.

Anche avverso tale decisione Mevio proponeva gravame, fondato sulla contestazione della legittimazione attiva di Sempronio che alla data della turbativa non era ancora nel possesso dell’immobile in quanto meramente promissario acquirente sulla base di un contratto preliminare con Tizio e Caia.

Invero, l’immobile era all’epoca condotto in locazione dalla compagna convivente di Sempronio, il quale al momento della molestia era semplice detentore e non possessore dello stesso.

La Corte d’Appello rigettava tuttavia il gravame poiché il ricorso possessorio veniva presentato congiuntamente dal promissario acquirente Sempronio e dai promissari venditori, Tizio e Caia, avvalendosi quindi del titolo di acquisto e del possesso dei suoi danti causa ai sensi dell’art. 1146, comma 2, c.c., unendolo al proprio che esisteva al momento di instaurare il ricorso possessorio.

Ulteriormente, i giudici di secondo grado ritenevano irrilevante che Tizio e Caia non avessero svolto attività nella fase del merito giacché la stessa non costituisce un giudizio diverso da quello possessorio.

Conseguentemente, Mevio proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado sulla base di tre motivi a cui resistevano con controricorso Tizio e Sempronio.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti delle controparti.

QUESTIONI

Con il primo motivo il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 1146 c.c., comma 2, e art. 1170 c.c., comma 1, per avere riconosciuto la legittimazione a Sempronio che al momento della turbativa non era possessore ma mero detentore in forza della stipula del preliminare di vendita.

Invero, secondo il ricorrente l’accessione nel possesso ai sensi dell’art. 1146 c.c., comma 2, poteva essere invocata solamente dall’acquirente, quale successore a titolo particolare, sempre che egli fosse stato  già nel possesso al tempo della molestia e tuttavia non risulti possessore da oltre un anno come previsto dall’art. 1170 c.c., comma 2, per poter esperire l’azione di manutenzione.

Con la seconda doglianza si censurava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1146 c.c., comma 2, per avere la Corte territoriale ritenuto che Sempronio avesse esercitato la facoltà di avvalersi del titolo di acquisto e del possesso del suo dante causa;

Infine, con il terzo motivo Mevio asseriva la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere omesso la Corte di pronunciarsi sulla dedotta non corretta applicazione dell’accessione del possesso.

La Corte riteneva i tre motivi strettamente connessi e, pertanto, esaminabili congiuntamente.

Risultando pacifico che la realizzazione del terrapieno a distanza non legale configura molestia nei confronti della quale situazione è possibile agire con la tutela manutentiva, la prima censura pone la questione sull’identificazione dei soggetti, ossia se il molestato/dannegiante e chi agisce in sede possessoria debbano essere il medesimo soggetto.

L’art. 1146 c.c. nel comma 1, consente di unire il possesso di soggetti diversi, quello del de cuius con l’erede, successore a titolo universale, nel comma 2 quello del successore a titolo particolare, sia mortis causa che inter vivos con il rispettivo dante causa.

La continuazione del possesso in favore dell’erede opera automaticamente, senza fornire prova dell’apprensione del bene.

Pertanto, il coerede che dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza la necessità di interversione del titolo del possesso. Orbene, egli, che già possiede animo proprio e a titolo di comproprietà, è tenuto a estendere tale possesso in termini di esclusività, ossia qualora il coerede goda del bene con modalità incompatibile con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non uti condominus.

In tal senso, non è rilevante che egli abbia utilizzato e amministrato il bene ereditario e che i coeredi si siano astenuti dal fare lo stesso, giacché sussiste la presunzione iuris tantum  che egli abbia agito nella qualità e operato anche nell’interesse degli altri coeredi[1].

Al contrario, ai sensi dell’art. 1146, comma 2, c.c., affinché operi il trasferimento del possesso da un soggetto all’altro e il successore a titolo particolare possa unire al proprio il possesso del dante causa è necessario che il trasferimento trovi la propria giustificazione in un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà o altro diritto reale sul bene. Pertanto, data la tipicità dei negozi traslativi reali, l’oggetto del trasferimento non può essere il mero potere di fatto sulla cosa[2].

Oltretutto, l’acquirente a titolo particolare del bene deve fornire la prova del concreto esercizio del possesso sul bene, risultando, invece, irrilevante nonché inidonea la mera produzione del titolo di acquisto[3].

Tale principio, c.d. accessio possessionis, stabilito dall’art. 1146, comma 2, c.c., fa riferimento non solo per il computo del termine utile per l’usucapione ma anche in ordine ai requisiti temporali delle azioni possessorie e, pertanto, il termine per la proposizione di dette azioni entro l’anno dallo spoglio o dalla turbativa va accertato, non compiendo il relativo calcolo dalla data del trasferimento della cosa, bensì tenendo presente pure il possesso del dante causa[4].

In merito al calcolo del termine, nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di essi solo se quelli successivi, essendo strettamente legati e connessi, devono ritenersi prosecuzione della stessa attività. Al contrario, qualora ogni atto presenti delle caratteristiche proprie che, escludono l’ipotesi precedente, il termine decorrerà dall’ultimo atto[5].

Nel caso di specie era stato accertato che all’epoca della realizzazione del terrapieno, Sempronio era detentore dell’immobile occupandolo quale convivente della compagna locataria e che, quindi, possessori seppure mediati erano i coniugi Tizio e Caia con cui Sempronio aveva sottoscritto il contratto preliminare di vendita.

Del pari risultava accertato che Sempronio era incontestabilmente possessore dopo avere stipulato il definitivo contratto di trasferimento dell’immobile continuando a viverci dopo il rogito e divenendone possessore esclusivo per effetto della sopravvenuta titolarità.

Per ultimo, era accertato che l’azione di manutenzione era stata proposta unitamente dai proprietari possessori Tizio e Caia al momento della molestia denunciata e da Sempronio divenuto possessore al momento della proposizione della domanda possessoria.

Orbene, “ai fini della legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di manutenzione la richiesta qualità di possessore del bene non è incompatibile con la possibilità che il soggetto che ha subito la molestia e quello che agisce processualmente per la tutela possessoria siano diversi, attesa la facoltà prevista dall’art. 1146, comma 2 c.c. di invocare in caso di successione a titolo particolare, inter vivos o mortis causa, il cumulo del possesso di chi esercitava il possesso al momento della turbativa con quello di chi lo esercita al momento del ricorso possessorio, sempre che ne sussista, come accertato nel caso di specie, il titolo e l’instaurazione della relazione di fatto con il bene”.

Pertanto, legittimato a proporre azione di manutenzione ex art. 1170 c.c. è il solo possessore, e non anche il detentore, dovendosi comunque ricollegare la presunzione di possesso, ex art. 1141  c.c., ad un potere di fatto sulla cosa che si manifesta in attività corrispondenti all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, secondo la definizione contenuta nell’art. 1140 c.c..

Va, per contro, rilevato che detta presunzione non opera in favore di chi si trovi con la cosa in una relazione materiale che si svolge in nome del possessore e per sua volontà, sia che si tratti di detenzione qualificata, sia di mera disponibilità materiale del bene, o detenzione semplice[6].

[1] Cass. civ., sez. II, Ord. n. 966/2019.

[2] Cass. civ., sez. II, Ord. n. 20715/2018.

[3] Cass. civ., sez. II, Sent. n. 5760/2004.

[4] Cass. civ., sez. II, Sent. n. 1943/1981.

[5] Cass. civ. sez. II, Ord. n. 16053/2019.

[6] Cass. civ. sez. II, Ord. n. 1824/2000 e Cass. civ., sez. II, Ord. n. 22642/2018.

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