7 Novembre 2023

Conseguenze e rimedi in caso di deposito incompleto o tardivo della documentazione prescritta dall’art. 567 c.p.c.

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2023, n. 28846 – Pres. Rubino – Rel. Tatangelo

Espropriazione immobiliare – Documentazione ex art. 567 c.p.c. – Termine per il deposito – Inosservanza – Rilevabilità – Completezza o meno della documentazione – Conseguenze

Massima: “Qualora rilevi il tardivo o incompleto deposito della documentazione prescritta dall’art. 567 c.p.c., il giudice dell’esecuzione non potrà emettere l’ordinanza di vendita: se la documentazione è stata depositata tempestivamente ma è incompleta, dovrà ordinarne l’integrazione in un termine perentorio, ai sensi dell’art. 567, comma 3, c.p.c., mentre se il deposito è avvenuto tardivamente o non è avvenuto affatto, dovrà dichiarare, anche d’ufficio, l’estinzione del processo esecutivo”.

CASO

Il giudice dell’esecuzione disponeva la vendita dell’immobile pignorato, non rilevando che la documentazione di cui all’art. 567 c.p.c. era stata depositata dai creditori procedenti quando il relativo termine era già scaduto.

Solo dopo che erano trascorsi nove mesi dall’emissione dell’ordinanza di vendita, la debitrice esecutata chiedeva che venisse dichiarata l’estinzione del processo esecutivo in conseguenza della tardività del deposito: il giudice dell’esecuzione, tuttavia, rigettava l’istanza, con provvedimento confermato all’esito del reclamo proposto ai sensi dell’art. 630 c.p.c., ritenendo che la pronuncia dell’ordinanza di vendita, avverso cui non era stata proposta alcuna impugnazione, avesse determinato la sanatoria di ogni precedente vizio.

Adita dall’esecutata, la Corte d’appello di Lecce riformava la sentenza che aveva respinto il reclamo e, per l’effetto, dichiarava l’inefficacia del pignoramento e l’estinzione del processo esecutivo.

I creditori procedenti proponevano quindi ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che, una volta pronunciata l’ordinanza di vendita e qualora quest’ultima non sia stata tempestivamente impugnata con l’opposizione agli atti esecutivi, è definitivamente precluso il rilievo – a istanza di parte o d’ufficio – del tardivo deposito della documentazione prescritta dall’art. 567 c.p.c., sempre che la stessa sia completa, essendosi determinata la sanatoria del vizio; in questi casi, di conseguenza, il giudice dell’esecuzione non potrà dichiarare l’estinzione del processo esecutivo.

QUESTIONI

[1] Con la sentenza che si annota, la Corte di cassazione non solo precisa quando il tardivo o incompleto deposito della documentazione prescritta dall’art. 567 c.p.c. può condurre alla declaratoria di estinzione del processo esecutivo, ma si preoccupa soprattutto di fornire una sorta di decalogo dei provvedimenti che il giudice dell’esecuzione deve assumere allorché riscontri una delle predette situazioni o, al limite, entrambe.

L’occasione per i giudici di legittimità di analizzare compiutamente la questione è stata fornita dal ricorso proposto dai creditori procedenti avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Lecce aveva dato ragione alla debitrice esecutata, che si era vista respingere l’istanza rivolta al giudice dell’esecuzione affinché dichiarasse l’estinzione del processo esecutivo in ragione dell’eccepita tardività del deposito delle certificazioni richieste dall’art. 567 c.p.c.; l’istanza in parola era stata rigettata perché avanzata dopo che era stata emessa l’ordinanza di vendita, che non era stata fatta oggetto di alcuna impugnazione.

L’art. 567 c.p.c. – interessato dalla riforma di cui al d.lgs. 149/2022, che ha ridotto il termine per il deposito della documentazione ivi prevista, facendolo coincidere con quello stabilito dall’art. 497 c.p.c. per il deposito dell’istanza di vendita – prescrive che vengano prodotti l’estratto del catasto e i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento, o, in alternativa, un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari riferite al medesimo arco temporale.

In realtà, anche se la norma non lo richiede espressamente, le ispezioni ipotecarie debbono essere condotte in modo da risalire fino al primo atto d’acquisto anteriore al ventennio che precede la trascrizione del pignoramento, per consentire di raggiungere un ragionevole grado di certezza circa la titolarità, in capo all’esecutato, del diritto pignorato e assicurare, in questo modo, la stabilità della vendita (Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2019, n. 15597).

È questa, d’altro canto, la ratio sottesa all’esplicita previsione della rilevabilità in via officiosa del mancato o incompleto deposito della documentazione di cui all’art. 567 c.p.c., ricollegabile alla necessità di assicurare che la vendita dell’immobile pignorato sia disposta solo dopo l’adeguata verifica – sulla base di indici di appartenenza formale e documentale – dell’effettiva titolarità del bene in capo all’esecutato, in virtù di una serie continua di atti trascritti: solo in questo modo, infatti, il processo esecutivo può pervenire al suo esito e conseguire il suo scopo.

Il comma 3 dell’art. 567 c.p.c., peraltro, disciplina espressamente il caso in cui la documentazione risulti incompleta o sia stata depositata tardivamente: nella prima ipotesi, il giudice dell’esecuzione dovrà ordinarne l’integrazione entro un termine perentorio; nella seconda (e lo stesso vale quando non venga rispettato il termine assegnato per l’integrazione), il giudice dichiarerà – anche d’ufficio – l’inefficacia del pignoramento con riguardo all’immobile per il quale non è stata depositata la prescritta documentazione e disporrà la cancellazione della relativa trascrizione, dichiarando l’estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati.

La norma, tuttavia, non prevede alcun termine per l’esercizio del potere di rilievo officioso, sicché si tratta di verificare i rapporti tra tale disposizione e quella dettata dall’art. 630 c.p.c., che pone la regola – di carattere generale – per cui l’estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti può essere rilevata anche d’ufficio, purché nella prima udienza successiva al verificarsi della fattispecie estintiva (sicché, per esempio, si ritiene che il limite per rilevare il tardivo deposito dell’istanza di vendita, che provoca l’inefficacia del pignoramento ai sensi degli artt. 497 e 562 c.p.c., è rappresentato dall’udienza ex art. 569 c.p.c.).

Da questo punto di vista, si contendono il campo tre orientamenti:

  • per una prima impostazione, il termine individuato dall’art. 630, comma 2, c.p.c. per le ipotesi generali di estinzione non sarebbe applicabile alla fattispecie di cui all’art. 567 c.p.c., considerata la sua specialità;
  • per una seconda impostazione, il generale limite preclusivo al rilievo officioso espresso nell’art. 630, comma 2, c.p.c. sarebbe applicabile anche nella speciale fattispecie estintiva prevista dall’art. 567 c.p.c. e l’udienza a tale fine rilevante sarebbe quella disciplinata dall’art. 569 c.p.c., anche sulla base del principio generale per cui nel processo esecutivo, strutturato per fasi indipendenti, le irregolarità verificatesi in una determinata fase e ivi non fatte valere non sono più rilevabili in quella successiva (fatta eccezione per quelle di gravità tale da non essere suscettibili di alcuna sanatoria);
  • anche per una terza impostazione, l’art. 630, comma 2, c.p.c. sarebbe applicabile alla fattispecie estintiva di cui all’art. 567 c.p.c., ma il limite preclusivo per il rilievo officioso costituito dalla prima udienza successiva al verificarsi dell’estinzione non opererebbe nelle ipotesi di mancanza o di incompletezza della documentazione, dal momento che il vizio sarebbe tale da impedire comunque di dare corso alla vendita.

Indipendentemente dalla soluzione prescelta, secondo la Corte di cassazione, è indubbio che il mero tardivo deposito della documentazione prescritta dall’art. 567 c.p.c. che sia comunque completa esclude il rilievo – ufficioso o su istanza di parte – dell’estinzione del processo esecutivo, allorquando si sia svolta, senza eccezioni o rilievi di sorta, l’udienza ex art. 569 c.p.c. e sia stata pronunciata l’ordinanza di vendita, senza che quest’ultima sia stata fatta oggetto di rituale e tempestiva opposizione agli atti esecutivi.

Considerando i vari scenari che si possono presentare allorquando si tratta di assumere i provvedimenti inerenti alla vendita dell’immobile, si giunge, così, all’enunciazione di un decalogo che vale tanto per il giudice dell’esecuzione, quanto per i suoi ausiliari (custode giudiziario e professionista delegato, anch’essi tenuti a effettuare i controlli sulla regolarità della documentazione depositata dal creditore procedente) e le parti:

  • il giudice dell’esecuzione, prima di pronunciarsi sull’istanza di vendita in occasione dell’udienza di cui all’art. 569 c.p.c., deve verificare se la documentazione prescritta dall’art. 567 c.p.c. sia stata regolarmente depositata;
  • qualora il deposito sia incompleto o tardivo, non deve emettere l’ordinanza di vendita, ma, nel primo caso, ordinare l’integrazione della documentazione entro un termine perentorio, ovvero, nel secondo caso, dichiarare – anche d’ufficio – l’estinzione della procedura esecutiva, se il deposito è avvenuto tardivamente o non è avvenuto affatto;
  • se, nonostante l’omesso, incompleto o tardivo deposito della documentazione di cui all’art. 567 c.p.c., venga emessa ugualmente l’ordinanza di vendita, questa dovrà ritenersi illegittimamente pronunciata, ma occorrerà distinguere;
  • infatti, in caso di omesso deposito della documentazione, l’estinzione della procedura esecutiva sarà sempre rilevabile dal giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, pure dopo l’emissione dell’ordinanza di vendita e fino al momento dell’aggiudicazione, dando luogo alla dichiarazione di estinzione del processo esecutivo (non essendo possibile assegnare, ai sensi dell’art. 567, comma 3, c.p.c., un termine per l’integrazione della documentazione non depositata neanche in parte e non essendo sanabile il relativo vizio, che priva il processo esecutivo della base documentale necessaria per il raggiungimento del suo esito);
  • in caso, invece, di deposito tempestivo di documentazione incompleta, l’incompletezza potrà e dovrà essere rilevata dal giudice dell’esecuzione (anche d’ufficio e pure dopo l’eventuale erronea emissione di un’ordinanza di vendita non impugnata), andrà assegnato al creditore un termine perentorio per l’integrazione della documentazione, ai sensi dell’art. 567, comma 3, c.p.c. e, solo in caso di violazione di tale ulteriore termine, andrà dichiarata l’estinzione del processo esecutivo;
  • in caso di deposito tardivo della documentazione comunque completa, se il giudice dell’esecuzione abbia erroneamente emesso l’ordinanza di vendita e questa non sia stata tempestivamente impugnata, il vizio resta sanato, non impedendo al processo esecutivo di raggiungere il suo scopo, sicché si potrà procedere regolarmente alla vendita;
  • in caso di deposito tardivo e incompleto, invece, se il giudice dell’esecuzione abbia emesso ugualmente l’ordinanza di vendita e la stessa non sia stata tempestivamente impugnata, potrà successivamente essere rilevata, anche d’ufficio, solo l’incompletezza della documentazione, ma non il suo deposito tardivo, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione potrà solo assegnare un termine perentorio per l’integrazione, ai sensi dell’art. 567, comma 3, c.p.c.

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