17 Ottobre 2023

Interesse all’impugnazione e ricorso per cassazione avverso la sentenza che rigetta la domanda di revocazione

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Cass., sez. III, 3 agosto 2023, n. 23780 Pres. Rubino, Rel. Rossi

Procedimento civile – Cassazione – Ricorso – Inammissibilità – Difetto di interesse – Revocazione – Annullamento (C.p.c. 100, 360, 395, 398)

Il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza che ha rigettato la richiesta di revocazione è inammissibile, per carenza di interesse ad una ulteriore pronuncia di legittimità, qualora la sentenza revocanda sia stata già annullata in accoglimento di un precedente ricorso per cassazione.

CASO

La scarna ricostruzione del fatto processuale operata dalla Cassazione nella sentenza in esame permette di comprendere che, nel giudizio di legittimità, il ricorrente lamenta tre motivi avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Milano quale giudice adito per la revocazione della decisione emessa a seguito di opposizione ex art. 615, comma 2 c.p.c., spiegata per contrastare l’espropriazione presso terzi in danno del ricorrente a suo tempo intrapresa da Equitalia.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, con cui lamenta l’inammissibilità e in subordine l’infondatezza dei tre motivi di impugnazione proposti dal ricorrente in sintesi concernenti le deduzioni per cui (i) la sentenza oggetto di revocazione (per comodità, App. Milano 681/2020) è stata, successivamente alla pronuncia qui impugnata, cassata con ordinanza da Cass., 39508/2021 (la quale ha disposto il rinvio della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, sul rilievo della pretermissione ab origine di litisconsorte necessario), con conseguente travolgimento ed inefficacia di tutti gli atti del giudizio di revocazione; (ii) vi sarebbe violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 331 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con conseguente nullità della sentenza impugnata in quanto resa a giudizio svolto senza la partecipazione del terzo pignorato, litisconsorte necessario anche in sede di revocazione; (iii) la violazione e falsa applicazione riguarderebbe anche l’art. 395 c.p.c. in sé considerato, e in particolare il n. 4 del suo primo comma, dovendosi considerare fondata la domanda di revocazione (contrariamente a quanto ritenuto con la decisione oggetto di ricorso) stante l’errore di fatto revocatorio relativo al bonifico di somme disposto in favore dell’Agente della riscossione, non considerato in sentenza.

SOLUZIONE

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, osservando che, come presupposto dallo stesso primo motivo, la sentenza oggetto di revocazione (sempre per comodità, la citata App. Milano n. 681/2020) era stata cassata, nelle more del giudizio, dalla stessa Cassazione con l’altrettanto citata ord. 39508/21, e dunque con pronuncia successiva; e che in tale ipotesi opera il principio per cui il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza che ha rigettato la richiesta di revocazione è inammissibile, per carenza di interesse ad una ulteriore pronuncia di legittimità, qualora la sentenza revocanda sia stata già annullata in accoglimento di un precedente ricorso per cassazione

QUESTIONI

La Corte “convintamente ribadisce”, come esplicitato in motivazione, la soluzione già avallata dalle Sezioni Unite con decisione 27 gennaio 2016, n. 1520 in ordine ai rapporti tra i due mezzi di impugnazione rappresentati dal ricorso per cassazione e dalla domanda di revocazione.

Il sistema, come è noto, a differenza di quanto avviene in materia di revocazione e appello permette che i due mezzi siano congiuntamente proposti avverso la stessa decisione laddove essa, come ben può accadere nella prassi, sia viziata da un errore in diritto ricadente in uno dei sei motivi dell’art. 360, comma 1 c.p.c. e da un errore, quale ad esempio quello revocatorio sul fatto, contemplato invece dall’art. 395.

Le interazioni tra le due impugnazioni sono tuttavia regolamentate dall’art. 398, comma 4 c.p.c. soltanto limitatamente alla fase introduttiva e al procedimento dei due procedimenti.

La disposizione prevede infatti che la proposizione della revocazione non sospende il termine per adire la Corte di cassazione, né sospende il giudizio stesso se esso già pende, e precisa che il solo giudice della revocazione può sospendere “l’uno o l’altro” qualora ritenga non manifestamente infondata l’impugnazione ex art. 395 c.p.c., ma nulla dice sulla sorte del procedimento ancora pendente quando il primo (generalmente, ma non necessariamente, il giudizio di revocazione) giunga a decisione.

Il tema è tradizionalmente oggetto di minore attenzione in giurisprudenza, forse per l’infrequenza pratica dei casi in cui il soccombente in appello si determina effettivamente alla pur consentita doppia impugnazione, quanto in dottrina, nell’ambito della quale ai rapporti tra i due mezzi è stato dedicato uno specifico studio monografico (Impagnatiello, Il concorso tra revocazione e cassazione. Contributo alo studio della formazione e dell’impugnazione del giudicato, Napoli, 2003); e genera problemi per lo più risolti, come operato dalla Cassazione nella sentenza in commento, sul piano dell’interesse ad agire e, più specificamente, della carenza sopravvenuta di interesse all’impugnazione – e dunque della cessazione della materia del contendere avanti alla Corte – in ragione dell’eliminazione dal mondo giuridico, in quanto revocata, della sentenza oggetto del giudizio di legittimità (a condizione, secondo la dottrina, che la sentenza emessa all’esito del giudizio di revocazione sia passata in giudicato: così Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1957, 647, secondo cui il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento della domanda di revocazione “vaporizza” la decisione impugnata in sede di legittimità; Scala, La cessazione della materia del contendere, Torino, 2002, 327 s.).

Come già le Sezioni unite nel 2016, la Corte ribadisce infatti che, proposti contro la stessa sentenza sia il ricorso per revocazione che il ricorso per cassazione, qualora la sentenza stessa sia annullata in accoglimento del ricorso per cassazione, diventa inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione precedentemente proposto contro la sentenza che abbia rigettato la richiesta di revocazione, atteso che la sentenza che giudica sulla domanda di revocazione è travolta dall’annullamento della sentenza revocanda, e a fortiori vale il ragionamento “se la pronunzia di annullamento della sentenza revocanda sia stata già pronunziata dalla Corte quando sia proposto il ricorso per cassazione contro la sentenza che ha rigettato la richiesta di revocazione, poiché difetta l’interesse della parte ricorrente ad una ulteriore pronuncia di legittimità”. La cassazione della sentenza di appello, e “vieppiù se, come nella specie, con rimessione al giudice di primo grado”, travolge infatti, quale “atto dipendente” dalla sentenza cassata, la sentenza di revocazione (rescindente e rescissoria) o di rigetto della revocazione resa sulla medesima sentenza d’appello, e dunque nessun interesse ex art. 100 c.p.c. sussiste all’emanazione di una pronuncia che cassi un provvedimento già annullato dal giudice della revocazione.

In altre parole, come precisato in motivazione dalla più recente (e già successiva alle Sezioni unite) Cass., 28 settembre 2021, n. 26298, se il giudice d’appello provvede alla revocazione della propria decisione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, per essere cessata la materia del contendere nel giudizio di cassazione, “a nulla rilevando che la sentenza di revocazione potrebbe a sua volta essere impugnata in cassazione, giacché l’eventuale impugnazione costituisce una mera possibilità, mentre la carenza di interesse del ricorrente a coltivare il ricorso per cassazione è attuale, essendo venuta meno la pronuncia che ne costituiva l’oggetto”: alla cessazione della materia del contendere consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (e ad impugnare).

Giova precisare che l’interesse è invece ovviamente sussistente, rectius persistente quando la causa di revocazione si concluda sì prima del giudizio di cassazione, ma con pronuncia di rigetto della domanda di revocazione e dunque, parallelamente, senza annullare la sentenza revocanda e senza privare il soccombente, anche ricorrente per cassazione, dell’interesse alla pronuncia della Corte che potrebbe riconoscere l’errore in diritto e con ciò cassare la mai revocata sentenza sfavorevole.

La peculiare vicenda processuale su cui la Cassazione è stata chiamata a decidere non ha permesso alla Corte di pronunciarsi su uno dei problemi pratici invece spesso originati dalla possibile coesistenza dei due mezzi di impugnazione, ossia la problematica sussistenza, e dimostrazione, dell’interesse all’impugnazione laddove la sentenza si fondi su due rationes decidendi una delle quali in ipotesi afflitta da un vizio revocatorio e l’altra invece da un errore denunciabile in Cassazione: in questi casi non sembra eludibile la proposizione di entrambi i mezzi d’impugnazione, sussistendo nel caso contrario (ossia laddove il soccombente opti per uno solo dei due strumenti, e verosimilmente quello ritenuto contraddistinto nel caso concreto dalle migliori chances di ottenere una riforma della sentenza) il rischio di una pronuncia che accerti il difetto non sopravvenuto, ma originario di interesse ex art. 100 c.p.c. sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale per cui “la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso” (Cass., 23 giugno 2023, n. 18046).

Nel caso ipotizzato, infatti, la scelta di uno solo dei due mezzi (per attaccare ad esempio con la domanda di revocazione l’errore in fatto ex art. 395, n. 4 c.p.c.) lascerebbe necessariamente in piedi l’altra ratio decidendi, fondata sull’errore in diritto astrattamente denunciabile, ma in concreto non denunciato, con il ricorso per cassazione, e dunque correttamente il giudice della revocazione – ma il discorso è tout court esportabile al caso in cui il soccombente in appello si determini ad utilizzare il solo ricorso per cassazione – rileverebbe il difetto di interesse all’esame della fondatezza o meno di un motivo di impugnazione che, quand’anche accolto, non demolirebbe tutte le colonne argomentative su cui si poggia la decisione.

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