La nullità del contratto preliminare di compravendita di immobile da costruire non può essere dichiarata a edificazione ultimata
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. II, 8 febbraio 2023, n. 3817 – Pres. Di Virgilio – Rel. Trapuzzano
Parole chiave: Contratto preliminare di compravendita di immobile da costruire – Mancato rilascio di garanzia fideiussoria – Domanda di nullità proposta successivamente all’ultimazione dei lavori e in assenza di insolvenza del promittente venditore – Interesse giuridicamente rilevante e meritevole di tutela – Insussistenza
[1] Massima: La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire per mancato rilascio della garanzia fideiussoria ex art. 2 d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorché essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore, ovvero senza che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame.
Disposizioni applicate: d.lgs. 122/2005, artt. 2, 3
CASO
I promissari acquirenti di un immobile da costruire, una volta ultimata l’edificazione e dopo essersi rifiutati di comparire innanzi al notaio per la stipula del contratto definitivo, chiedevano che venisse emesso un decreto ingiuntivo al fine di ottenere la restituzione delle somme che avevano versato alla promittente venditrice in forza di un contratto preliminare che doveva considerarsi nullo per mancato rilascio della fideiussione prescritta dall’art. 2 d.lgs. 122/2005.
All’esito del giudizio di opposizione, il provvedimento monitorio emesso dal Tribunale di Milano veniva revocato, con sentenza che, tuttavia, era riformata in appello.
La promittente venditrice, quindi, impugnava la pronuncia di secondo grado con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la nullità del contratto preliminare di compravendita di immobile da costruire per violazione dell’art. 2 d.lgs. 122/2005 non può essere chiesta e dichiarata quando, sebbene non sia stata rilasciata la fideiussione prevista a tutela del promissario acquirente, la costruzione sia stata ultimata e non si sia verificata alcuna delle situazioni di crisi in relazione alle quali è prescritto il rilascio della garanzia, dal momento che, in questo caso, l’azione spiegata mira non già a salvaguardare l’interesse protetto dalla norma, ma a conseguire lo scioglimento dal vincolo contrattuale per sopravvenuto mutamento dei propositi del promissario acquirente e integra, così, un abuso del diritto.
QUESTIONI
[1] Con il d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, sono state introdotte nel nostro ordinamento una serie di tutele a garanzia dei promissari acquirenti di immobili da costruire, sulla scia di alcune vicende che, stante la situazione di crisi in cui era venuta a trovarsi l’impresa costruttrice, avevano comportato la perdita della possibilità di conseguire non solo la proprietà dell’immobile, ma pure la restituzione delle somme anticipatamente versate in esecuzione di quanto previsto dal contratto preliminare.
In particolare, l’art. 2 d.lgs. 122/2005 prevede che, all’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire per il quale sia già stato chiesto il rilascio del permesso di costruire, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto, a procurare il rilascio e a consegnare all’acquirente (persona fisica) una fideiussione di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente, prima del trasferimento del diritto reale sul bene.
La nullità in parola è relativa (e, per questo motivo, definita di protezione), in quanto, essendo volta – allorché sopravvenga una situazione di crisi del promittente alienante – a garantire la restituzione delle somme anticipate dal promissario acquirente, può essere invocata solo da quest’ultimo, ferma restando la sua rilevabilità d’ufficio.
Nella sentenza gravata, i giudici di merito avevano affermato che il mancato rilascio della fideiussione protratto fino al momento della stipula del contratto definitivo di compravendita comporta la nullità del preliminare, indipendentemente dal fatto che i lavori siano stati o meno ultimati, giacché la finalità di tutela del promissario acquirente implica che la garanzia di restituzione degli esborsi dallo stesso sostenuti debba essergli accordata sino al momento del trasferimento della proprietà, in quanto l’insolvenza del costruttore potrebbe verificarsi successivamente all’ultimazione delle opere, ma prima della produzione dell’effetto traslativo.
Per la Corte di cassazione, invece, la proposizione della domanda di nullità del contratto preliminare per mancanza della garanzia fideiussoria ex art. 2 d.lgs. n. 122/2005 proposta senza che si sia manifestata alcuna situazione di crisi del promittente venditore e senza che, dunque, risulti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente tutelato dalla nullità di protezione, costituisce abuso del diritto e comporta il rigetto di tale domanda.
Ciò in quanto la richiesta di dichiarare la nullità del contratto quando l’interesse protetto dalla norma non sia più esposto ad alcun pregiudizio, né si abbia ragione di temerne la verificazione, risulta funzionale ad attuare non già il fine di protezione perseguito dalla legge, ma quello diverso di sciogliere il contraente da un contratto che non reputa più conveniente o di aggirare surrettiziamente gli strumenti di reazione che l’ordinamento specificamente appronta avverso le condotte inadempienti della controparte.
A questo fine, assume valenza dirimente il momento in cui l’opera è ultimata: in ragione del fatto che la promessa di vendita riguarda un bene in corso di realizzazione, sul quale il promissario acquirente non può rivendicare l’esecuzione in forma specifica nell’ipotesi in cui, a causa della sopravvenuta crisi del promittente venditore, l’edificazione si arresti senza che possa addivenirsi al trasferimento della proprietà, la legge prevede che debba essere concessa una polizza fideiussoria a garanzia della restituzione delle somme versate dal promissario acquirente nelle more; lo strumento di tutela, quindi, non è diretto a prevenire ovvero a fronteggiare altri possibili pregiudizi connessi alla mancata produzione dell’effetto traslativo.
In altre parole, la norma è finalizzata a preservare l’interesse del promissario acquirente a recuperare, in virtù della garanzia procuratagli, le somme versate a titolo di acconto al promittente venditore, quando si verifichi una situazione di crisi certificata di quest’ultimo che comprometta o aggravi il buon esito della vicenda negoziale riguardante un immobile non ultimato.
Come evidenziato dai giudici di legittimità, la normativa di cui al d.lgs. 122/2005 protegge il promissario acquirente – in considerazione delle difficoltà che può normalmente incontrare nel reperire informazioni in ordine all’affidabilità della controparte, nonché ai possibili rischi e alle spese dell’affare – dall’insorgere dell’eventuale stato di crisi del costruttore, nel caso in cui questi, come frequentemente accade, finanzi la costruzione dell’immobile con gli acconti anticipatigli; poiché, nell’ambito di tale contrattazione, il promissario acquirente si trova a pagare una parte del corrispettivo senza ottenere l’immediato acquisto della proprietà del bene, che si trova ancora in fase di costruzione, scopo della garanzia è solo ed esclusivamente quello di consentire il recupero di quanto versato alla controparte nel caso in cui venga a trovarsi in una delle situazioni definite dall’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 122/2005 e contemplate dal successivo art. 3, comma 2, senza dovere attendere la conclusione delle procedure esecutivi e concorsuali.
Quando la garanzia sia concessa, la sopravvenienza dello stato di crisi del costruttore prima dell’ultimazione dell’opera consente al promissario acquirente di avvalersi del diritto potestativo di recedere dal preliminare (ove sull’immobile sia stato trascritto un pignoramento), ovvero di sciogliersi dal contratto (ove sia aperta una procedura concorsuale e a patto che il competente organo della stessa non abbia comunicato la volontà di subentrarvi), escutendo la fideiussione.
Quando, invece, la costruzione sia stata ultimata, non ricorre più una simile esigenza di protezione del promissario acquirente, poiché il sopravvenuto stato di insolvenza del promittente venditore consente comunque di perfezionare l’acquisto, in ragione della previa trascrizione del preliminare (fatta salva la facoltà di scioglimento del curatore quando non si tratti di immobile destinato a uso abitativo del promissario acquirente).
Sostenere, dunque, che l’utilità della concessione della garanzia fideiussoria sopravvive alla conclusione dei lavori, sino a quando l’effetto traslativo non si sia prodotto, non solo comporta un inammissibile mutamento dello scopo perseguito dal legislatore e dalla norma, ma ne determinerebbe – di fatto – l’estensibilità, per identità di ratio, a ogni promessa di vendita di immobili, quand’anche già realizzati, sebbene siano altri, in questi casi, gli strumenti di tutela apprestati dal legislatore, con irrimediabile sviamento del fine che giustifica la previsione contenuta nell’art. 2 d.lgs. 122/2005.
In definitiva, quando l’immobile da costruire oggetto del preliminare di compravendita sia stato ultimato, il promissario acquirente viene a trovarsi in una situazione del tutto assimilabile, sebbene ex post, a quella di chi abbia stipulato sin dall’inizio una promessa di vendita di un immobile già realizzato e corre gli stessi rischi che lo stesso deve affrontare, sino al momento della stipula del contratto definitivo, nel caso di sopravvenuto stato di crisi del promittente alienante, potendo avvalersi degli strumenti predisposti per ottenere il perfezionamento dell’effetto traslativo (a riprova del fatto che non sussiste il pericolo di perdere le somme anticipate che giustifica invece la previsione contenuta nel d.lgs. 122/2005).
Pertanto, una volta ultimato l’immobile, cessa la ragione di speciale tutela sottesa all’obbligo di procurare la fideiussione a garanzia della restituzione degli anticipi versati, dal momento che, indipendentemente dal fatto che sia stata rilasciata o meno, la situazione di pericolo che giustificava la nullità del contratto preliminare è da considerarsi definitivamente venuta meno.
In questi casi, l’azione promossa dal promissario acquirente per fare accertare la nullità di protezione si traduce in un contegno abusivo e contrario alla buona fede, visto che, quando sia esperita dopo l’ultimazione dei lavori, senza alcun collegamento con una situazione di crisi del promittente alienante, non è più funzionale al perseguimento del fine per il quale l’invalidità di protezione è stata riconosciuta, ma è indirizzata al raggiungimento di uno scopo ultroneo: quello di sciogliersi dal vincolo contrattuale per ripensamento.
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