Intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali: che succede se il pactum fiduciae viene violato?
di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, Sez. I, Ordinanza n. 17151 del 15 giugno 2023.
Parole chiave: Società – Quota di partecipazione sociale – Obbligazione – Danno in genere – Apparenza del diritto
Massima: “In caso d’intestazione fiduciaria di partecipazione sociale, sia pure attuata mediante una “catena” di diversi soggetti interposti reali, persone fisiche o giuridiche, la violazione del pactum fiduciae da parte dell’ultimo fiduciario, in concorso con altri soggetti cui questi abbia ritrasferito il bene in luogo del fiduciante, comporta il sorgere dell’obbligo in capo ai medesimi di risarcire il danno, in tal modo cagionato al socio originario che abbia visto leso il suo diritto al ritrasferimento del bene, non ostando alla condanna dei concorrenti nell’illecito, i quali abbiano ottenuto il ritrasferimento indebito in loro favore, la mancata evocazione in giudizio dell’ultimo fiduciario inadempiente, trattandosi di un litisconsorzio facoltativo, in cui il creditore ha facoltà di convenire in giudizio anche solo uno o taluno dei condebitori responsabili.”.
Disposizioni applicate: art. 1147 c.c., art. 1351 c.c., art. 2476 c.c., art. 2495 c.c., art. 2645-ter c.c.
Nel caso in esame, la prima sezione civile della Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema dell’intestazione a titolo fiduciario delle partecipazioni sociali, andando in particolare ad esaminare la questione del risarcimento del danno spettante al fiduciante in caso di violazione del patto fiduciario da parte del fiduciario.
In concreto, a seguito del trasferimento fiduciario di una partecipazione sociale, il socio fiduciante non aveva ottenuto il ritrasferimento della quota di sua proprietà, in quanto il fiduciario aveva – mediante una serie di operazioni di cessione – trasferito la quota ad altri soggetti. Stando così le cose, il fiduciante aveva agito per ottenere, in via principale, l’accertamento dell’intestazione fiduciaria della quota e conseguentemente la condanna dei convenuti (ovvero i vari soggetti della c.d. catena) alla restituzione della partecipazione, e, in via subordinata, il risarcimento del danno derivante dalla violazione del c.d. pactum fiduciae.
Le domande del fiduciante erano state respinte sia in primo grado che in appello, tanto che lo stesso era stato costretto a ricorrere per cassazione.
In sede di legittimità, la Suprema Corte ha cassato la decisione della Corte d’Appello territoriale con rinvio, ritenendo che non avesse, a torto, considerato che la violazione del patto fiduciario, seppur intervenuta mediante una catena di cessioni della quota intestata fiduciariamente ad altri soggetti, facesse sorgere in capo al fiduciante il diritto al risarcimento del danno subito a fronte della mancata restituzione a quest’ultimo della quota.
Ciò premesso, va innanzitutto ricordato che il negozio fiduciario è in un atto giuridico mediante il quale un soggetto, il fiduciante, trasferisce ad un altro soggetto, il fiduciario, la titolarità di una situazione giuridica, che viene limitata da un patto tra le parti (patto fiduciario o pactum fiduciae) nell’ambito del quale il fiduciario è vincolato ad osservare un determinato comportamento convenuto in precedenza con il fiduciante ed a ritrasferire a quest’ultimo (o ad un terzo beneficiario da esso indicato) il bene ad una scadenza definita o nel caso in cui si verifichi una situazione che faccia venir meno il rapporto fiduciario.
Secondo l’opinione prevalente in giurisprudenza, la tesi secondo la quale il negozio fiduciario sia l’articolazione tra due contratti, l’uno ad effetti reali e l’altro ad effetti obbligatori diretto a modificare il risultato finale del primo è stata superata in favore della qualificazione del negozio come contratto unitario avente una causa propria che consiste nella combinazione del trasferimento del bene e della sostituzione al mandante ai fini del compimento di specifici atti, in vista dell’obiettivo della c.d. spersonalizzazione della proprietà[1].
La Corte di Cassazione ha poi ricordato che:
- il negozio fiduciario “si presenta non come una fattispecie, ma come una casistica: all’unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per pratici effetti”[2],
- nell’intestazione fiduciaria ordinaria, il titolare della quota è solo il fiduciario, che ha quindi il diritto di sottoscrivere le azioni in occasione dell’aumento del capitale ed è legittimato ad impugnare le deliberazioni assembleari, a far valere il diritto di prelazione ai sensi di statuto o a percepire i dividendi erogati dalla società, la legittimazione attiva ex 2476 c.c. e passiva nel giudizio intrapreso ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, dai creditori rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese[3], ma che
- il fiduciario è obbligato a trasferire al fiduciante i dividendi maturati sulla quota o sulle azioni[4], ed infine che
- la forma del negozio fiduciario su partecipazioni sociali è libera[5].
Infine, la Suprema Corte ha concluso il proprio percorso logico enunciando il seguente principio di diritto: “In caso d’intestazione fiduciaria di partecipazione sociale, sia pure attuata mediante una “catena” di diversi soggetti interposti reali, persone fisiche o giuridiche, la violazione del pactum fiduciae da parte dell’ultimo fiduciario, in concorso con altri soggetti cui questi abbia ritrasferito il bene in luogo del fiduciante, comporta il sorgere dell’obbligo in capo ai medesimi di risarcire il danno, in tal modo cagionato al socio originario che abbia visto leso il suo diritto al ritrasferimento del bene, non ostando alla condanna dei concorrenti nell’illecito, i quali abbiano ottenuto il ritrasferimento indebito in loro favore, la mancata evocazione in giudizio dell’ultimo fiduciario inadempiente, trattandosi di un litisconsorzio facoltativo, in cui il creditore ha facoltà di convenire in giudizio anche solo uno o taluno dei condebitori responsabili”, accogliendo quindi il ricorso del fiduciante.
[1] Cass. civ. 9 maggio 2023, n. 12353; Cass. civ. 28 aprile 2021, n. 11226, in tema di arbitrato societario; Cass. civ. 14 febbraio 2018, n. 3656.
[2] Cass., Sez. Un., 6 marzo 2020, n. 6459.
[3] Cass. 8 maggio 2009, n. 10590; Cass. 23 giugno 1998, n. 6246.
[4] Cass. 9 maggio 2023, n. 12353.
[5] Cass. 17 settembre 2019, n. 23093; Cass. 26 maggio 2014, n. 11757; Cass. 28 aprile 2021, n. 11226; Cass. 19 maggio 2020, n. 9139; Cass. 27 ottobre 2017, n. 25626; Cass. 11 ottobre 2013, n. 23203; Cass. 16 dicembre 2010, n. 25468; Cass. 2 maggio 2007, n. 10121; e, con riferimento alla società di persone, es. Cass. 17 aprile 2013, n. 9334; Cass. 10 maggio 2010, n. 11314; Cass. 28 febbraio 1998, n. 2252.
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