Cancellazione d’ufficio della società dal registro delle imprese: i soci succedono nei crediti della società estinta
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, Sezione I, Ordinanza n. 13600 del 17 maggio 2023
Parole chiave: cancellazione – registro delle imprese – estinzione – soci – successione – crediti – bilancio di liquidazione – remissione del credito – mere pretese creditorie – rinuncia del credito – remissione del debito
Massima: “In caso cancellazione d’ufficio della società dal registro delle imprese, non può ritenersi automaticamente rinunciato il credito controverso, atteso che la regola è la successione in favore dei soci dei residui attivi, salva la remissione del debito ai sensi dell’art. 1236 c.c., che deve essere allegata e provata con rigore da chi intenda farla valere. Al riguardo, il mero omesso deposito del bilancio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi (da cui consegue la cancellazione d’ufficio) non integra una presunzione di rinuncia al credito di cui la società è titolare”.
Disposizioni applicate: artt. 1236, 2490 e 2495 c.c.
La sentenza in commento esamina la questione relativa alla successione dei soci nei crediti sociali, a seguito della cancellazione d’ufficio della società partecipata dal registro delle imprese.
In particolare, il credito oggetto del contenzioso in esame era sorto in capo alla società Alfa S.r.l. in forza di una sentenza di condanna al risarcimento danni emessa dalla Corte d’Appello di Bologna nei confronti della società Beta S.p.A.; sentenza che era stata poi impugnata innanzi alla Corte di Cassazione.
Senonché, in epoca immediatamente successiva al ricorso in Cassazione, Alfa S.r.l. era stata cancellata d’ufficio dal registro delle imprese, a norma dell’art. 2490 c.c., per mancata presentazione dei bilanci di liquidazione per oltre tre anni consecutivi.
Sulla base del titolo esecutivo costituito dalla sentenza della Corte d’Appello di Bologna, l’ex socio al 50% dell’estinta Alfa S.r.l. aveva dato inizio ad un procedimento esecutivo per il recupero del suddetto credito nei confronti della società medio tempore subentrata nella posizione di Beta S.p.A., la società Gamma S.p.A..
Gamma S.p.A. si era opposta all’esecuzione, introducendo un giudizio di merito, conclusosi con una sentenza di rigetto dell’opposizione, emessa dal Tribunale di Bologna.
Avverso tale sentenza, Gamma S.p.A. ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che (i) il credito oggetto della controversia non fosse certo al momento della cancellazione di Alfa S.r.l. dal registro delle imprese e che (ii) le mere pretese creditorie, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e i crediti ancora incerti o illiquidi non si trasferiscono ai soci; ciò sulla base dell’arresto dalla Cassazione, S.U, 12 marzo 2013, nn. 6070 e 607.
In particolare, Gamma S.p.A. ha sostenuto che la cancellazione d’ufficio dovesse essere considerata come rinuncia alle pretese e ai diritti incerti, posto che il mancato deposito del bilancio di liquidazione per tre anni consecutivi (da cui era discesa la cancellazione della società) era appunto espressione del disinteresse degli organi societari.
Presa in esame la questione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Al riguardo, la Suprema Corte ha infatti ritenuto che Gamma S.p.A. avesse interpretato in modo equivoco il suddetto arresto delle Sezioni Unite: alla stregua della richiamata giurisprudenza, infatti, “non si può sostenere che la cancellazione della società (e segnatamente quella disposta d’ufficio, in ragione dell’omesso deposito del bilancio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi) implichi, di per sé, il mancato trasferimento del diritto di credito vantato dalla società (ancora sub iudice) in capo ai soci”.
Al riguardo, si consideri che, una volta estinta la società, i diritti della medesima vantati, non liquidati nel bilancio finale di liquidazione, transitano nella titolarità dei soci (cfr. Cass. 2 maggio 2020, n. 9464) e, pertanto, l’estinzione della società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l’estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest’ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare (Cass. 2 maggio 2020, n. 9464, cit.; cfr. altresì Cass. 14 dicembre 2020, n. 28439, Cass. 25 novembre 2021, n. 36636 e Cass. 31 dicembre 2020, n. 30075).
Ha concluso, pertanto, la Corte di Cassazione affermando che il mero omesso deposito del bilancio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi, da cui consegue la cancellazione d’ufficio, non integra una presunzione di rinuncia al credito di cui la società è titolare (Cass. 18 maggio 2021, n. 13534).
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