Mediazione delegata: è un potere discrezionale del giudice, insindacabile in cassazione
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. II, 13 marzo 2023, n. 7269, Pres. Manna – Est. Fortunato
[1] Mediazione – mediazione delegata – sindacabilità decisione giudice – esclusione (art. 5, d.lgs. n. 28/2010)
L’opportunità di disporre la mediazione nelle ipotesi in cui essa non è obbligatoria è insindacabile in cassazione, essendo espressione di un potere discrezionale il cui esercizio non richiede una specifica motivazione.
CASO
[1] Un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sfociava nella revoca del provvedimento opposto ad opera dell’adito Tribunale di Livorno.
Avverso tale pronuncia veniva proposto appello davanti al giudice di seconde cure, il quale invitava le parti a esperire il tentativo di mediazione, onerando l’appellante dell’avvio della procedura; all’udienza successiva, rilevato che tale invito era rimasto senza esito, dichiarava improcedibile la domanda.
Avverso tale decisione, l’appellante proponeva ricorso per cassazione denunciando, con il primo motivo, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ossia lamentando che la Corte di merito avesse disposto l’avvio della procedura di mediazione senza aver dato conto delle ragioni che ne giustificavano l’espletamento; nonché, con il secondo motivo, la violazione del d.lgs. n. 28/2010, sostenendo che la lite non fosse ricompresa tra quelle assoggettate al tentativo obbligatorio di mediazione, con conseguente impossibilità di dichiarare improcedibile la domanda.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione giudica infondato il ricorso per cassazione proposto, conseguentemente rigettandolo.
La Suprema Corte argomenta la propria decisione sviluppando un distinguo tra l’istituto della mediazione obbligatoria e quello della mediazione delegata.
La prima, disciplinata all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, deve essere introdotta prima dell’instaurazione del giudizio quale condizione di procedibilità dello stesso, e la relativa mancanza, ai fini della declaratoria di improcedibilità, deve essere eccepita a pena di decadenza dalla parte o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza.
La mediazione delegata, all’opposto, consente al giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, che, in tal caso, è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Tale provvedimento è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa; anche in tal caso, laddove la procedura di mediazione non sia espletata, ciò impedisce la procedibilità della domanda (in tal senso, Cass. 31209/2022; Cass. 22736/2021).
A suggello della propria decisione, la Cassazione richiama, infine, quel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’opportunità di disporre la mediazione nelle ipotesi in cui essa non è obbligatoria è insindacabile in cassazione, essendo espressione di un potere discrezionale il cui esercizio non richiede una specifica motivazione (in termini, Cass. 31209/2022; Cass. 12986/2021; Cass. 25155/2020; Cass. 32797/2019; Cass. 27433/2018).
QUESTIONI
[1] Il provvedimento in epigrafe, al di là del principio di diritto affermato, ci offre l’occasione per esaminare alcune delle modifiche che il recente d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 ha apportato all’istituto della mediazione: tali innovazioni, come subito vedremo, hanno infatti toccato diversi aspetti comuni alla fattispecie decisa.
Anzitutto, la riforma ha sostituito l’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 – ossia la disposizione deputata alla disciplina delle fattispecie in cui l’esperimento della mediazione rappresenta condizione di procedibilità della domanda giudiziale -, ampliando le materie oggetto di mediazione obbligatoria secondo un criterio omogeneo, ravvisabile nell’esistenza, tra le parti, di un rapporto contrattuale di durata: ciò, in quanto è dimostrato che il valore della mediazione è superiore nelle ipotesi in cui la relazione tra le parti abbia, almeno in potenza, una estensione diacronica. Nel dettaglio, la mediazione diventa obbligatoria anche nelle controversie vertenti sui rapporti nascenti da contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone, subfornitura.
È inoltre opportuno menzionare il nuovo art. 5-bis, che, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo in una delle materie in cui la mediazione rappresenta condizione di procedibilità della domanda, finalmente si preoccupa di definire chi sia il soggetto onerato del relativo promovimento. Il legislatore, nell’apprestare la disciplina contenuta nella norma da ultimo richiamata, ha scelto di accogliere la (condivisibile) posizione a suo tempo sposata, in composizione di acceso conflitto, da Cass., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19596, prevedendo che l’onere di presentazione della domanda di mediazione gravi sulla parte che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo, ossia sul creditore opposto, in quanto attore in senso sostanziale.
Venendo all’istituto della mediazione demandata, non appare superfluo evidenziare l’indubbia valorizzazione che la stessa dovrebbe conoscere con la riforma, che le ha altresì riservato una rinnovata e autonoma collocazione normativa all’interno del nuovo art. 5-quater.
Se la disciplina procedurale in materia di mediazione delegata non si discosta da quella pregressa, è interessante segnalare che il potenziamento l’istituto viene attuato tramite diversi strumenti, disciplinati al successivo art. 5-quinquies. Il riferimento è, con maggiore dettaglio: alla specifica formazione che, in materia, deve essere somministrata al magistrato; all’incidenza del suo utilizzo (nonché della frequenza di corsi in materia di mediazione) nella valutazione di professionalità del magistrato medesimo; all’incentivo che viene dato alla collaborazione tra gli uffici giudiziari e le università, gli ordini degli avvocati, gli organismi di mediazione e gli enti di formazione, al precipuo scopo di favorire il ricorso alla mediazione demandata e la formazione in materia di mediazione.
La disciplina complessivamente intesa sembra evidentemente perseguire lo scopo di favorire quel mutamento culturale nella classe forense e nella magistratura che ormai da tempo appare un passaggio imprescindibile per decretare il successo della mediazione e, più in generale, degli strumenti di ADR (Alternative Dispute Resolution): la definitiva consacrazione di tali istituti – e, con essa, un effettivo deflazionamento del carico giudiziario presso i nostri tribunali – necessariamente richiede, in altri termini, l’abbandono dell’attuale e predominante logica avversariale, a tutto favore di quella conciliativa.
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