28 Marzo 2023

Successione necessaria: diritto di abitazione del coniuge superstite sulla casa familiare e distribuzione delle quote ereditarie

di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDF

Cassazione civile sez. II, 09/02/2023, n. 4008 – CARRATO – Presidente – TEDESCO – relatore

(C.c. artt. 540, 542, 556)

Massima: “In tema di successione necessaria e in presenza dei presupposti per il riconoscimento dei diritti del coniuge superstite sulla casa familiare ex art. 540, comma 2, c.c., la determinazione della quota riservata che spetta a ciascuno dei legittimari in concorso deve considerare i diritti del coniuge sulla casa familiare, posto che tali diritti, acquistati dal coniuge a titolo di legato, sono sottratti dal relictum ereditario e non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari. Secondo quanto dispone l’art. 540, comma 2, c.c. in tema di successione necessaria, qualora il valore dei diritti del coniuge sulla casa familiare superi la disponibile, ma l’eccedenza sia comunque contenuta nella legittima del coniuge, il coniuge stesso, dopo avere prelevato tali diritti secondo la regola dei legati di specie, ha ancora il diritto di avere in proprietà, nella qualità di legittimario, la parte della legittima non assorbita dai diritti sulla casa familiare. Pertanto, nel concorso del coniuge con più figli, la legittima complessiva del coniuge è, in questo caso, pari alla metà dell’asse, comprensiva dei diritti sulla casa familiare, mentre l’altra metà spetta ai figli in parti uguali.”

CASO

La causa, avente ad oggetto la successione testamentaria di S.R., è stata introdotta da S.M.N. e S.L., figlie di prime nozze del de cuius, le quali citavano avanti al Tribunale di Palermo D.P.G., seconda moglie del padre, e i figli nati dalle seconde nozze, S.G. e S.L. Le attrici, in particolare, sostenevano di essere state escluse dalla successione del padre in quanto quest’ultimo aveva lasciato l’unico bene ereditario (consistente in una villa di esclusiva proprietà del de cuius) ai convenuti in parti uguali tra loro e, pertanto, proponevano l’azione di riduzione della predetta disposizione testamentaria, lesiva dei loro diritti di legittimarie. Le ricorrenti, inoltre, avanzavano azione di divisione della comunione ereditaria sull’immobile tramite vendita all’incanto (in quanto trattavasi di bene non comodamente divisibile) e chiedevano, altresì, il rendiconto fra coeredi dei frutti e delle utilità conseguite dalla esclusiva materiale disponibilità dei cespiti.

Il Giudice di prime cure accoglieva l’azione di riduzione, disponendo la riduzione proporzionale delle disposizioni testamentarie, ex art. 558 c.c., nei limiti necessari per la reintegra della quota di riserva spettante alle attrici. In particolare, il Tribunale stabiliva che la quota di ognuno degli eredi testamentari dovesse essere ridotta in misura paritaria da 1/3 a 1/4, in modo da consentire il reintegro delle attrici nella titolarità di quanto a ciascuna spettante (e cioè la quota di 1/8 ciascuna).

Riguardo alla domanda di divisione, il Tribunale accoglieva l’istanza presentata dalla D.P.G per l’assegnazione per intero a sé dell’immobile, con obbligo a suo carico di pagare a ciascuno dei coeredi gli importi corrispondenti alle quote loro spettanti, mentre rigettava la domanda di rendicontazione dei frutti e delle utilità conseguite, in quanto la D.P.G aveva il diritto di abitazione sull’immobile e pertanto non era tenuta a corrispondere frutti o altre utilità.

Proponeva quindi appello avverso tale sentenza la D.P.G contestando, fra l’altro, la determinazione delle quote spettanti ai coeredi effettuata dal Tribunale, ritenuta viziata dal mancato inserimento – nel calcolo – del valore del diritto d’uso e abitazione a lei spettante ex art. 540 c.c. in quanto coniuge superstite.

La Corte di Appello rilevava che l’inclusione dei diritti del coniuge sulla casa familiare nel calcolo complessivo delle quote spettanti ai coeredi è irrilevante in quanto il valore dei diritti del coniuge superstite ex art. 540 c.c. rientra nella quota disponibile e in quella di riserva (pari a 1/4) spettante alla stessa appellante e confermava la sentenza di primo grado.

Avverso tale sentenza la D.P.G. proponeva ricorso in cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 540 c.c. per l’omessa e/o errata valutazione del diritto di abitazione e di uso ai fini della quantificazione della quota a lei riservata, quale coniuge superstite del signor S.R., oltre che l’insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione della sentenza.

SOLUZIONE

La Suprema Corte ritiene fondato il primo motivo di ricorso, partendo proprio dal tenore letterale dell’art. 540 comma 2 c.c. che,  riconoscendo in favore del coniuge superstite – anche quando concorra con altri chiamati – i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, dispone che tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, sulla quota di riserva del coniuge e, solo in subordine, sulla quota riservata ai figli.

A ciò consegue che, al fine della corretta distribuzione delle quote ereditarie, si deve innanzitutto calcolare la disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell’art. 556 c.c. e, in base a ciò, determinare la quota di riserva. Una volta calcolata poi la quota riservata al coniuge sulla base del combinato disposto degli artt. 540 comma 1 e 542, alla quota di riserva così determinata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso, il cui valore viene a gravare sulla disponibile. Qualora la disponibile non fosse capiente, i diritti di abitazione e di uso andrebbero a gravare, in primo luogo, sulla quota di riserva del coniuge, che verrebbe proporzionalmente diminuita fino a colmare l’incapienza della disponibile. Se neanche la quota di riserva del coniuge risultasse sufficiente, i diritti di abitazione e di uso finirebbero per gravare sulla riserva degli altri legittimari.

Rileva la Corte che, nel caso in esame, i diritti sulla casa familiare – qualificati unanimemente come legati ex lege – assorbivano effettivamente la disponibile con un’eccedenza che doveva gravare sulla legittima del coniuge senza tuttavia estinguerla del tutto e, dunque, senza intaccare la quota spettante ai figli. Pertanto, l’asse ereditario doveva essere attribuito per metà al coniuge (comprendendo i diritti di abitazione e uso) e per l’altra metà in parti uguali ai figli.

Tuttavia, la sentenza di primo grado confermata in appello, poneva a carico del coniuge (a cui assegnava l’immobile) il conguaglio pari ai tre quarti del valore del bene anziché pari alla metà, comportando – tra l’altro – un “ingiusto privilegio” in capo ai figli convenuti nell’azione di riduzione. Infatti, la non corretta riduzione proporzionale delle quote ha attribuito a questi ultimi l’intera disponibile, in realtà già completamente assorbita dai diritti di uso e abitazione riservati al coniuge superstite.

La Corte pertanto cassa la sentenza impugnata in relazione al primo motivo, ritenendo assorbito il secondo, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Palermo.

QUESTIONI

Con l’ordinanza in oggetto, la Suprema Corte torna a pronunciarsi sul tema dei diritti di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che la corredano spettanti al coniuge superstite e previsti dall’art. 540 coma 2 c.c., già oggetto di importanti arresti giurisprudenziali in anni recenti.

È fondamentale innanzitutto indagare la ratio di questa norma, che è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia di cui alla L. 19 maggio 1975 n. 151. Infatti, il legislatore del 1975, secondo dottrina e giurisprudenza unanimi, ha inteso tutelare il coniuge superstite sia da un punto di vista patrimoniale, che da un punto di vista etico-sentimentale, partendo dal presupposto che la ricerca di una nuova abitazione potrebbe comportare, per il coniuge ancora in vita, un danno psicologico e morale, obbligandolo a stravolgere le proprie abitudini.

Pertanto con la predetta previsione normativa vengono attribuiti al coniuge superstite, sia in sede di successione legittima (sul punto in particolare Cass. S.U. n. 4847/2013) che in sede di successione necessaria, dei “legati ex lege” aventi ad oggetto i diritti di abitazione e uso sulla casa adibita a residenza familiare, che vengono quindi acquistati a prescindere dal loro valore e a prescindere dalla accettazione o meno dell’eredità da parte del coniuge (PARENTE, G. it. 82, I, 2, p. 153 ss.). È evidente, come sottolineato anche dalla stessa Corte nell’ordinanza in commento, che ciò comporta un’eccezione – in senso qualitativo – al principio di intangibilità della legittima stabilito dall’art. 549 c.c.: i diritti spettanti al coniuge, infatti, gravano indiscriminatamente sulla quota di tutti i coeredi, anche se legittimari, a cui viene precluso il godimento dell’immobile adibito a residenza familiare.

Precisato ciò, rimane da chiarire quali siano i diritti spettanti al coniuge, in qualità di legittimario, una volta conseguiti i legati sulla casa adibita a residenza familiare, operando una distinzione a seconda che ci si trovi nell’ambito di una successione legittima ovvero testamentaria.

Preliminarmente va chiarito che nel caso di successione ab intestato – ove non si pone mai un problema di incidenza dei diritti degli altri legittimari a seguito dell’attribuzione dei diritti di abitazione e uso al coniuge – il valore dei diritti di uso e abitazione spettanti al coniuge viene detratto dalla massa ereditaria “ante parte” e si cumula alla sua quota di legittima determinata sulla base del combinato disposto degli artt. 581 e 582 c.c., come stabilito dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 4847/2013).

Quando si tratta, invece, di successione necessaria e vi è la necessità di tutelare i diritti di più legittimari in concorso tra loro, i diritti del coniuge sulla casa familiare sono sottratti dal relictum ereditario e non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari. Infatti, i diritti del coniuge sono equiparati al legato testamentario con dispensa dall’imputazione (seppur nei limiti della sola disponibile) e il coniuge, dopo averli prelevati dall’asse, può aspirare ad avere la quota riservata nella sua interezza sugli altri beni.

Ciò comporta che, quando il valore dei diritti di uso e abitazione supera la disponibile, ma non esaurisce la legittima del coniuge, quest’ultimo ha ancora il diritto di avere in proprietà, in qualità di legittimario, la parte della legittima non assorbita dai diritti sulla casa familiare.

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