31 Gennaio 2023

È revocabile ex art. 2901 c.c. il patto di famiglia mediante il quale debitore cede la totalità delle proprie quote sociali in danno al creditore

di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza n. 1228 del 17 gennaio 2023

Parole chiave: patto di famiglia – revocatoria – cessione di quota – titolo esecutivo – s.n.c. – scioglimento – liquidazione – esecuzione – conservazione –

Massima: “Il creditore, che abbia ottenuta la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell’atto di cessione della quota di società in nome collettivo compiuto dal suo debitore, può promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive, se munito titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito risultante dalla liquidazione della quota”.

Disposizioni applicate: articoli 768-bis c.c., art. 2901 c.c. e art. 2902 c.c.

Alfa, esponendo di vantare un credito per l’importo di Euro 900.000,00 nei confronti Tizio, ha convenuto in giudizio Tizio, Caio e Sempronio, proponendo azione revocatoria rispetto ad un patto di famiglia ex art. 768-bis c.c. mediante il quale Tizio aveva trasferito a titolo gratuito, in favore di Caio e Sempronio, le quote rappresentanti il 51% del capitale sociale di una S.n.c..

Il Tribunale adito ha dichiarato inammissibile la domanda per la non assoggettabilità ad azioni esecutive della quota della società in nome collettivo.

Alfa ha impugnato detta sentenza innanzi alla Corte d’appello di Venezia, la quale ha accolto l’appello, dichiarando che il patto di famiglia era da considerarsi inefficace nei confronti dell’appellante. Al riguardo, la Corte d’appello ha affermato che (i) benché le partecipazioni sociali non siano suscettibili di esecuzione forzata fino alla scadenza della società (o alla sua liquidazione, ove antecedente alla scadenza), tale limitazione consiste unicamente in una sospensione della possibilità di agire in executivis, fermo restando la reviviscenza del diritto stesso al verificarsi alla scadenza o alla liquidazione della società e che (ii) la soddisfazione del creditore Alfa poteva trovare immediata tutela con riferimento agli utili del socio ed alla sua stessa quota nel caso di alienazione a terzi.

Tizio, Caio e Sempronio hanno proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, la quale, pur rigettando il ricorso, ha corretto in parte la motivazione della sentenza impugnata, per il resto conforme a diritto.

La Suprema Corte ha infatti affermato che:

A) è indubbio il fatto che la quota della società in nome collettivo del socio debitore è inespropriabile prima dello scioglimento della società, ma che, d’altra parte, la stessa quota diventa espropriabile quando sia stato deliberato lo scioglimento della società e compiuta la liquidazione o, comunque, una volta che sia stata liquidata la quota del socio debitore (per lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a costui);

B) l’azione revocatoria, il cui effetto è la possibilità di promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive o conservative sul bene oggetto dell’atto impugnato (art. 2902 c.c.), è funzionale al compimento degli atti esecutivi una volta che la quota sia diventata espropriabile per effetto della liquidazione;

C) il creditore del socio che abbia ceduto la propria quota, una volta che abbia ottenuto la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell’atto di disposizione ai sensi dell’art. 2901 c.c., ove risulti perfezionata la liquidazione della quota può compiere le azioni esecutive (se munito di titolo esecutivo) o conservative aventi ad oggetto il credito corrispondente alla somma di denaro rappresentante il valore della quota. La conservazione della garanzia patrimoniale si realizza qui come reintegrazione del valore del bene uscito dal patrimonio del debitore; e

D) infine, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’Appello, il creditore di un socio che abbia ceduto la propria quota non può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore finché dura la società né può compiere gli atti conservativi sulla quota spettante nella liquidazione, perché trattasi di facoltà estranea agli effetti dell’azione revocatoria previsti dall’art. 2902 c.c..

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: “il creditore, che abbia ottenuta la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell’atto di cessione della quota di società in nome collettivo compiuto dal suo debitore, può promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive, se munito titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito risultante dalla liquidazione della quota”.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto e contenzioso societario per professionisti