Detrazioni per interventi edilizi: emissione di false fatture per operazioni inesistenti e cessioni di crediti in frode allo Stato
di Ilaria Ottolina, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione penale, sezione III, sentenza, 8 novembre 2022, n. 42012
Bonus edilizi e Superbonus 110% – frode fiscale del beneficiario – crediti di imposta ceduti a terzi cessionari – mala fede (anche) dei terzi cessionari – emissione di fatture “in acconto” sulla materiale esecuzione dei lavori – reato di emissione di false fatture per operazioni inesistenti – sussiste – concorso di persone – sussiste – presupposti del sequestro preventivo dei crediti di imposta generati dalle false fatture – sussiste.
Riferimenti normativi: D.L. n. 34/2020, art. 121 – D. Lgs. n. 74/2000, art. 8-9-12-bis – Legge n. 90/2013 – D.L. n. 63/2013, art. 14 e 16 – D.L. n. 157/2021 – D.M. infrastrutture e trasporti 07/03/2018, n. 49, art. 14, co. 1, lett. d) – art. 640 quater c.p.
“… Si può trarre da quanto sopra una prima conclusione: è possibile in linea generale, quando si deve semplicemente portare la spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefici verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi … Il discorso muta però … quando si intende sfruttare la possibilità di monetizzare fin da subito il credito, tramite la sua cessione o lo sconto in fattura, ai sensi dell’art. 121 del DL n. 34/2020. Detta opportunità è, come noto, consentita a fine lavori, oppure “a stato di avanzamento” (SAL), previa emissione del SAL stesso da parte di un tecnico, che attesti: a) l’avvenuta esecuzione di una determinata porzione dei lavori agevolabili…; b) la congruità delle relative spese sostenute…”
“… si può trarre, pertanto, da quanto sopra una seconda conclusione: dovendo il tecnico attestare “tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto sino ad allora”, non devono essere incluse nel SAL lavorazioni che – seppure fatturate e pagate – non siano tuttavia state eseguite…”
“… Ne segue, infine, una terza conclusione, che alla luce dell’approccio esegetico indicato in precedenza, non deve essere rilasciato il visto di conformità relativamente a cessione crediti in presenza di lavorazioni o somministrazioni non ancora eseguite…”
“… i crediti d’imposta generati dalle false fatture, come ha rilevato il Tribunale, costituiscono il profitto del reato e come tale possono ben essere oggetto del sequestro ex D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 12-bis…”
CASO
La sentenza in commento si pone nel solco della recente giurisprudenza penale in materia di detrazioni fiscali per interventi edilizi e affronta il caso in cui l’opzione della cessione dei crediti a soggetti terzi (ma il discorso si potrebbe estendere anche allo sconto in fattura) è stata posta in essere con modalità fraudolente e con grave danno all’erario.
Questa è la vicenda: gli indagati ricorrenti, allo scopo di trarre illecito profitto, simulavano la sussistenza dei presupposti costitutivi dei benefici fiscali – di cui al D.L. n. 34/2020 (superbonus 110%) e al D.L. n. 63/2013 (c.d. ecosismabonus) – mediante la creazione strumentale di crediti di imposta inesistenti, suscettibili dell’opzione di cui al D.L. n. 34/2020, art. 121 (sconto in fattura e cessione del credito).
Tali manovre fraudolente, di ingentissimo valore, venivano assicurate attraverso l’emissione, nei confronti di società riconducibili agli indagati stessi e di terzi compiacenti, di false fatture per operazioni inesistenti; peraltro, al fine di ottenere la maggiore agevolazione possibile, per ogni intervento edilizio le società indicavano prezzi esorbitanti per l’esecuzione dei lavori, non congrui rispetto alle reali caratteristiche degli immobili oggetto dei simulati interventi edilizi.
Il Tribunale, in via cautelare, ordinava il sequestro preventivo dei crediti di imposta rinvenuti nella disponibilità delle società riconducibili agli indagati, nonché di quelli dalle medesime ceduti anche a terzi cessionari (oltre al sequestro di quote e di aziende delle predette società, circostanze che tuttavia non interessano in questa sede), in relazione ai reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 8, D. Lgs. n. 74/2000 e art. 640, n. 1, c.p.).
Il Tribunale del Riesame rigettava l’istanza di riesame avverso il predetto decreto di sequestro.
Gli indagati, attuali ricorrenti in Cassazione, proponevano ricorso sulla scorta di tre motivi (il terzo dei quali può essere omesso in questa sede, in quanto di natura strettamente processuale): il primo, relativo all’asserita legittimità delle fatture emesse “in acconto”, ossia in anticipo rispetto alla materiale esecuzione dei lavori, sia per gli interventi ammessi al beneficio dell’ecosismabonus (D.L. n. 63/2013) che per quelli collegati al superbonus110% (D.L. n. 34/2020)[1]; il secondo, avente ad oggetto il sequestro preventivo operato sulla scorta dell’identificazione del profitto del reato tributario, di cui all’art. 8, D. Lgs. n. 74/2000, nei crediti di imposta asseritamente generati dalle false fatture, dovendosi al contrario ritenere che il prezzo del reato possa essere solo il corrispettivo eventualmente ottenuto per la falsa fatturazione e non essendo punibile il concorso tra l’emittente le fatture false e l’utilizzatore (art. 9, D. Lgs. n. 74/2000).
Il Procuratore Generale chiedeva il rigetto del ricorso e la conferma del sequestro preventivo disposto in via cautelare: quanto alla fatturazione in acconto rispetto alla materiale esecuzione dei lavori, veniva rilevato come n. 182 interventi, oggetto di relazioni tecniche da parte di professionisti, non fossero in realtà stati avviato e di n. 58 cantieri, dichiarati avviati, tre di essi fossero inesistenti; circa il secondo motivo, l’accusa rilevava che gli emittenti le false fatture e i relativi destinatari avevano operato mediante cessioni reciproche, per importi rilevanti e pari alla quasi totalità dei costi, senza contare che “… le società hanno due unità locali in comune” e che, prima del 2020, “dichiaravano un volume d’affari modesto ed irrisorio rispetto agli importi fatturati dall’entrata in vigore delle agevolazioni…”.
SOLUZIONE
La Suprema Corte rigettava il ricorso e confermava il decreto di sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari.
QUESTIONI GIURIDICHE
La sentenza in commento è ricca di spunti di riflessione, sia sotto il profilo penale che sotto quello civile/tributario, atteso che i Giudici penali hanno sollevato una questione interpretativa riguardo la norma introduttiva delle trasformazioni delle detrazioni fiscali in sconto sul corrispettivo dovuto e in credito di imposta cedibile (art. 121, D. Lgs. n. 34/2020).
a) Profili giuridici di diritto penale
Di recente la terza sezione della Cassazione penale ha preso posizione rispetto all’ipotesi di sequestro preventivo di crediti ceduti a terzi in buona fede (segnatamente, a istituti di credito), ritenendo legittimo la predetta misura cautelare: il presupposto logico-giuridico di tale decisione consiste nel fatto che “… i crediti sequestrati alla ricorrente debbono essere considerati, per l’appunto, cosa pertinente al reato, non potendosi accogliere la tesi difensiva secondo cui, esercitata l’opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l’originario diritto alla detrazione, il credito stesso sorgerebbe – in capo al cessionario – a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione …”[2].
A maggior ragione – verrebbe da dire – la decisione in commento applica la stessa misura ai crediti ceduti a soggetti terzi in mala fede, in quanto in vario modo complici rispetto agli indagati cedenti: si legge infatti, specularmente, che “… i crediti d’imposta generati dalle false fatture, come ha rilevato il Tribunale, costituiscono il profitto del reato e come tale possono ben essere oggetto del sequestro…”.
La norma che viene in questione è il D. Lgs. n. 74/2000, rubricato “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”, in particolare il reato di cui all’art. 8, “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.
La difesa degli indagati, al fine di ottenere la revoca del sequestro preventivo, ha tentato di far ricadere i fatti di reati entro la previsione di cui all’art. 9, che esclude la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale[3].
Il mezzo difensivo, tuttavia, è stato inficiato dalla Corte, la quale non solo ha affermato che i crediti d’imposta generati dalle false fatture costituiscono il profitto del reato e come tale possono essere oggetto del sequestro ma, mediante gli esiti sia pur parziali delle indagini preliminari, ha ravvisato il fumus del reato nelle reciproche cessioni tra cedenti e cessionari, nella riconducibilità delle società degli indagati alle società e ai terzi cessionari e nell’esiguità del volume di affari delle società cedenti rispetto agli importi fatturati dopo l’entrata in vigore delle agevolazioni.
b) Profili giuridici di diritto civile/tributario
Sotto altro profilo, i Giudici penali introducono un dubbio interpretativo riguardo l’art. 121, co. 1-bis, D.L. n. 34/2020, introduttivo delle opzioni della cessione del credito e dello sconto in fattura[4].
Poiché, infatti, una delle tesi della difesa era stata quella della liceità della fatturazione in acconto, vale a dire della fatturazione di opere non eseguite, si è reso necessario esaminare la questione dello stato avanzamento lavori (c.d. SAL), di cui all’art. 121, co. 1-bis D.L. n. 34/2020.
La norma in parola, interpretata letteralmente, parrebbe condizionare l’opzione (sconto in fattura e cessione del credito), alternativa alla detrazione fiscale, alla presentazione dello stato di avanzamento lavori, in modo tale da subordinare l’opzione, in ogni caso, all’effettiva esecuzione dei lavori.
Tuttavia, sulla scorta delle risposte del Ministero Economia e Finanze e dell’Agenzia delle Entrate[5], il co. 1-bis è stato interpretato nel senso di subordinare l’opzione dello sconto in fattura o della cessione del credito allo stato di avanzamento lavori, certificato da tecnico abilitato, nei soli casi di interventi ammessi al beneficio del Superbonus 110%; negli altri casi, invece, il contribuente avrebbe la facoltà di esercitare l’opzione senza tenere conto dello stato di avanzamento degli interventi.
È quanto si legge nella risposta MEF n. 5-06307 del 07/07/2021, a cui tenore, per gli interventi che beneficiano, sulle relative spese, di detrazioni edilizie diverse da quelle spettanti in misura superbonus 110%, ai sensi dell’art. 119 del DL 34/2020, “La norma specifica che l’esercizio dell’opzione può essere effettuato anche in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Trattasi, tuttavia, di una facoltà disciplinata dalla norma che non impedisce la possibilità di esercitare comunque l’opzione qualora non siano previsti stati di avanzamento dei lavori. In conclusione, in base al tenore letterale della norma, è possibile sostenere che, nel caso in cui si intenda optare per la cessione e/o per lo sconto in fattura della detrazione relativa agli interventi indicati nell’articolo 121 e diversi da quelli che danno diritto al Superbonus per i quali non siano stati previsti SAL, il contribuente ha la facoltà di esercitare l’opzione senza dover tenere conto dello stato di avanzamento degli interventi. Pertanto, qualora per l’effettuazione di un determinato intervento […] non siano previsti SAL, può essere esercitata l’opzione per la cessione del credito corrispondente alla detrazione o per il cosiddetto sconto in fattura, facendo riferimento alla data dell’effettivo pagamento, ferma restando la necessità che gli interventi oggetto dell’agevolazione siano effettivamente realizzati”.
La Cassazione penale in commento, tuttavia, pare introdurre un giro di vite al descritto sistema, atteso che, come si legge nella sentenza, da un lato, “… è possibile, in linea generale, quando si deve semplicemente portare la spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefici verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi”; tuttavia, dall’altro, “… il discorso muta però – ed in ciò si annida l’errore commesso dalla difesa – quando si intende sfruttare la possibilità di monetizzare fin da subito il credito, tramite la sua cessione o lo sconto in fattura, ai sensi dell’art. 121 del D.L. 34/2020. Detta opportunità è come noto consentita a fine lavori, oppure “a stato di avanzamento” (SAL), previa emissione del SAL stesso da parte di un tecnico, che attesti: a) l’avvenuta esecuzione di una determinata porzione dei lavori agevolabili (che per il Superbonus deve essere almeno il 30% mentre negli altri casi la percentuale è libera, potendosi emettere fino a un massimo di 9 SAL); b) la congruità delle relative spese sostenute”.
In altre parole, l’opzione dello sconto in fattura o della cessione di credito sarebbe legittima, in ogni caso , solo riguardo a lavori terminati o previo stato di avanzamento lavori, attestati da un tecnico abilitato, in tal modo escludendo in radice la legittimità della fatturazione in acconto, avente ad oggetto lavori ancora da eseguirsi[6].
Da qui la seconda e la terza conclusione cui approda la Corte – ossia: “… si può trarre, pertanto, da quanto sopra una seconda conclusione: dovendo il tecnico attestare “tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto sino ad allora”, non devono essere incluse nel SAL lavorazioni che – seppure fatturate e pagate – non siano tuttavia state eseguite…”; “… Ne segue, infine, una terza conclusione, che alla luce dell’approccio esegetico indicato in precedenza, non deve essere rilasciato il visto di conformità relativamente a cessione crediti in presenza di lavorazioni o somministrazioni non ancora eseguite…” -, le quali evidenziano la imprescindibilità dell’attestazione di stato avanzamento lavori da parte di professionista a ciò abilitato e della effettiva esecuzione delle opere, in ordine alle quali viene effettuata l’opzione.
[1] L’emissione di fatture in acconto sarebbe anche in linea, secondo la prospettazione della difesa degli indagati, con la giurisprudenza Eurounitaria, con particolare riferimento alla sentenza “Bupa Hospital” del 21/06/2006, in causa C-419/02, purché si sia in presenza di una sufficiente determinatezza degli elementi essenziali dell’operazione (“… occorre che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore (e, cioè, la futura cessione o la futura prestazione) siano già conosciuti e dunque … che nel momento del versamento dell’acconto, i beni o i servizi siano specificatamente individuati…”, circostanze che non venivano ritenute sussistenti nel caso inglese).
[2] Così Cass. pen., III sez., sentenza 28/10/2022, n. 40866 (sia consentito rinviare a OTTOLINA, “Superbonus 110% e frodi fiscali: legittimo il sequestro preventivo dei crediti ceduti a terzi in buona fede”, su www.eclegal.it, edizione del 22/11/2022).
[3] Art. 9 D. Lgs. n. 74/2000, recante “Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”: “1. In deroga all’articolo 110 del codice penale: a) l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’articolo 2; b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’articolo 8”. In giurisprudenza, si veda sul punto Cass. pen., sez. III, sentenza 05/05/2016, n. 43952: “In tema di emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti, il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, non può essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 74 del 2000, escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture e chi se ne avvale, impedisce l’applicazione in questo caso, del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. Il sequestro preventivo, astrattamente consentito dall’art. 143 della legge n. 244 del 2007, nei confronti dell’emittente le fatture per operazioni inesistenti, deve essere relativo al solo profitto per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, da dimostrarsi in sede di sequestro relativamente a qualsiasi utilità economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato”.
[4] Art. 121, co. 1-bis.: “L’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Ai fini del presente comma, per gli interventi di cui all’articolo 119 gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento”.
[5] MEF n. 5-06307 del 07/07/2021 interrogazione commissione Finanze alla Camera; MEF interrogazione parlamentare n. 5-06751 del 20/10/2021 e circolare Agenzia delle Entrate 29/11/2021 n. 16.
[6] L’incertezza interpretativa venutasi a creare, in data 15/11/2022, ha indotto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, a firma del prof. Elbano de Nuccio, a richiedere un intervento legislativo di interpretazione autentica dell’art. 121, co. 1-bis, D.L. n. 34/2020
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