Costituisce abuso del processo la notifica di due separati atti di precetto per il recupero delle spese di lite liquidate in primo e in secondo grado
di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDFMassima: “Integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale – dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure – intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto”.
CASO
B.B. otteneva dalla sezione distaccata di Milazzo del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto la sentenza n. 78/2004, che veniva confermata dalla successiva sentenza n. 447/2008 della Corte d’Appello di Messina anche in punto di spese di lite, riconosciute, dalla sentenza di primo grado a favore di B.B., nell’importo di € 1.500,00.
B.B., quindi, notificava alla debitrice A.A. dapprima un atto di precetto per il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello – spese peraltro già pienamente corrisposte da A.A.
Successivamente in data 9 febbraio 2010, B.B. notificava un secondo atto di precetto, con cui intimava il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado dal Tribunale barcellonese, chiedendo anche ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto.
A.A., ritenendo integrato il comportamento di abusivo frazionamento del credito, proponeva opposizione avanti al Giudice di Pace di Messina, il quale, con sentenza n. 1806 del 5 aprile 2012, rigettava l’opposizione. La sentenza era confermata in appello con decisione del Tribunale di Messina n. 1904 del 9 ottobre 2019.
A.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso quest’ultima sentenza, formulando tre motivi.
SOLUZIONE
La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il primo ed il secondo motivo ricorso, dichiarando assorbito il terzo e rinviando al Tribunale di Messina, in persona di diverso giudice, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese di lite, alla stregua del seguente principio di diritto:
“Integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale – dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure – intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto”.
QUESTIONI
A.A. ha formulato tre motivi di ricorso, con i quali ha denunciato, rispettivamente:
1) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c. e degli artt. 1175 e 1375 c.c., come interpretati dalla Corte di Cassazione in riferimento agli artt. 2 e 111 Cost., per avere la creditrice abusivamente frazionato il credito, costituito dalla liquidazione delle spese legali ad opera della Corte d’Appello di Messina per entrambi i gradi di giudizio, in due “tranche”, notificando due atti di precetto con i quali chiedeva distinti onorari e spese relativi alla redazione dei medesimi;
2) l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. ravvisando il caso di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” in quanto la sentenza impugnata, pur riconoscendo che il credito azionato da B.B. con i due precetti era unico, ha ritenuto, contraddittoriamente, che da tale comportamento non derivasse ad A.A. alcun “onere aggiuntivo”;
3) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 585 del 5 ottobre 1994, art. 6 per aver ritenuto, la Corte d’Appello messinese, che onorari e competenze richiesti per la predisposizione dell’atto di precetto dovessero rapportarsi non alle somme precettate (€ 1.500,00), ma al valore della controversia definito dalla sentenza portata ad esecuzione.
In via preliminare, è interessante notare che la Corte ha fatta salva l’ammissibilità del ricorso, nonostante la ricorrente avesse notificato questo in via telematica e poi ne avesse depositato una copia analogica munita di attestazione di conformità recante la firma digitale del difensore ma non la firma autografa. La Corte ha ritenuto comunque procedibile il ricorso in forza della “volontà asseverativa composita” (su cui Cass., 18 marzo 2021, n. 7610), poiché la ricorrente ha comunque depositato la copia analogica, questa sì munita di attestazione di conformità sottoscritta con firma autografa, della relata di notifica a mezzo PEC e delle ricevute di accettazione e consegna.
Venendo ai motivi di ricorso, la Corte di Cassazione ha accolto il primo ed il secondo, trattandoli congiuntamente in quanto connessi, nonché dichiarando assorbito il terzo.
La Corte ha premesso che, seppur la ricorrente A.A. non abbia riprodotto, nel testo del ricorso, il contenuto della sentenza d’appello posta da B.B. a fondamento dell’atto di precetto, questa circostanza non ne comporta l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 6 c.p.c., posto che non sussistono dubbi sulla portata del credito azionato in via esecutiva, anche con riguardo alle spese di lite del primo grado di giudizio.
Questo alla luce dei seguenti principi.
Anzitutto, la Corte ha fatto presente che, in “materia di titolo esecutivo di formazione giudiziale, specificamente nei rapporti tra sentenza di primo grado e sentenza d’appello, la giurisprudenza di questa Corte attribuisce alla sentenza d’appello, salvo i casi di inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell’appello (e, quindi, quelli in cui l’appello sia definito in rito e non sia esaminato nel merito con la realizzazione dell’effetto devolutivo di gravame sul merito), l’efficacia di sostituire quella di primo grado, tanto nel caso di riforma che in quello di conferma di essa” (Cass., 13 novembre 2018, n. 29021).
Inoltre, “l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che, ove l’esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado, mentre, se l’esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione” (Cass., 13 novembre 2018, n. 29021, cit.).
Ne consegue, ha evidenziato la Suprema Corte, che “ai fini della corretta introduzione della esecuzione promossa quando già sia stata pubblicata la sentenza di appello, il titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validità di quest’ultimo è costituito in ogni caso dalla sentenza di appello e non dalla sentenza di primo grado, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza di primo grado”, poiché, in questo caso, “l’esigenza di chiarezza del contenuto delle obbligazioni a carico della parte soccombente è comunque soddisfatta in quanto contenuto primario del precetto a pena di nullità è l’indicazione del contenuto dell’obbligo risultante dal titolo” (Cass., 13 novembre 2018, n. 29021, cit.).
Pertanto, anche se il ricorso non ha riprodotto il contenuto della sentenza d’appello posta da B.B. a fondamento dell’atto di precetto, quest’ultimo, in quanto indicante l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, è stato considerato dalla Suprema Corte sufficiente a ritenere accertata ed individuata l’esatta portata del credito azionato in via esecutiva da B.B.
Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i primi due motivi di ricorso, in ragione della pacifica estensione al processo esecutivo del principio del divieto di frazionamento del credito originariamente unitario in più parti, allorché esso comporti un’indebita maggiorazione dell’aggravio per il debitore, non giustificata da particolari esigenze di effettiva tutela del credito. Invero, risulta evidente l’identità di ratio in ordine all’applicazione, pure in ambito processuale e nel contesto dei canoni costituzionalizzati del giusto processo, del principio di buona fede già affermato per il processo di cognizione (in questo senso, già Cass., 9 aprile 2013, n. 8576).
La Corte di Cassazione ha così confermato che la notifica di un ulteriore precetto fondato sullo stesso titolo esecutivo “deve ritenersi espressione di una condotta concretante abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, la quale, nel caso considerato, bene avrebbe potuto tutelare il suo interesse sostanziale con la notifica di un solo atto di precetto per tutte le voci di credito ritenute dovute” (Cass.,15 marzo 2013, n. 6664).
Ne consegue la fondatezza delle censure della ricorrente A.A., visto che, sebbene la sentenza di secondo grado resa dalla Corte d’Appello messinese fosse confermativa di quella pronunciata in prime cure, la creditrice B.B., dopo aver notificato il precetto relativo alle spese del secondo grado di giudizio, che peraltro B.B. aveva già pienamente corrisposto, con nuovo precetto ha intimato ad A.A. il pagamento delle spese di lite relativamente al primo grado.
Si è trattato, a ben vedere, di condotta che integra abusivo frazionamento del credito e, con esso, degli strumenti processuali.
Manifestamente illogica è, inoltre, l’affermazione del Tribunale di Messina che, pur riconoscendo l’avvenuta duplicazione degli atti di precetto, ha escluso che la debitrice A.A. abbia dovuto sostenere alcun “onere aggiuntivo”.
Risultano, in definitiva, integrate le violazioni e la falsa applicazione di legge ed il contrasto insanabile di motivazione di cui all’art. 360, co. 1, n. 3 e 5 c.p.c.
Il Tribunale di Messina dovrà giudicare nuovamente nel merito alla luce del seguente principio di diritto: “Integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale – dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure – intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto”.