15 Novembre 2022

Autorizzazione al rilascio del passaporto ex L. n. 1185/1967 e ricorso straordinario per cassazione

di Massimo Montanari, Professore ordinario di Diritto processuale civile e di diritto fallimentare – Università degli Studi di Parma Scarica in PDF

Cass., Sez. I, ord., 17 ottobre 2022, n. 30478 Pres. Genovese – Rel. Caprioli

Procedimenti in camera di consiglio – Autorizzazione al rilascio del passaporto a favore del genitore con figlio minore – Decreto della Sezione minorenni del Tribunale in sede di reclamo contro la decisione del Giudice tutelare – Natura giuridica del provvedimento – Ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 111, co. 7, Cost. – Ammissibilità – Rimessione alle Sezioni unite (Cost. art. 111; C.p.c. artt. 374, 473-bis.24, 739, 742; C.c. artt. 330-336; C.c. disp. att. art. 45; L. 21 novembre 1967, n. 1185 art. 3, lett. b).

[1] Massima: “Riveste i caratteri della questione di massima di particolare importanza e va, come tale, rimesso al giudizio delle Sezioni unite il problema relativo alla natura giuridica, se volontaria o contenziosa, e alla soggezione al ricorso in cassazione a norma dell’art. 111, co. 7, Cost., dei provvedimenti adottati in sede di autorizzazione al rilascio del passaporto a favore del genitore con figlio minore di età, ove richiesta ai sensi dell’art. 3, lett. b), l. n. 1185/1967″.

CASO

[1] Il genitore di due minori si è visto costretto, a fronte dell’assenso negato da parte dell’altro genitore, a proporre ricorso davanti al giudice tutelare del Tribunale di Brescia al fine di ottenere l’autorizzazione al rilascio, da parte della competente autorità amministrativa, di passaporto valido per l’espatrio, secondo quanto richiesto a tal fine, per il caso, appunto, di dissenso dell’altro genitore, dalla l. 21 novembre 1967, n. 1185, art. 3, lett. b). Avverso il provvedimento con cui il giudice adito ha accolto il ricorso concedendo la richiesta autorizzazione, il genitore “dissenziente” ha allora interposto reclamo innanzi alla Sezione minorenni del medesimo Tribunale, sfociato, però, nella conferma della decisione impugnata: quanto ha dato motivo, alla parte che si era così vista respinto l’esperito reclamo, per rivolgersi alla Corte di Cassazione, con ricorso deducente doglianze tanto d’ordine processuale che di merito.

Prima di passare all’esame di quelle censure, la Corte ha però avvertito la necessità di porsi il problema relativo alla legittimità del suo coinvolgimento nella fattispecie, ovverosia all’effettiva percorribilità, contro il decreto camerale emesso in quell’occasione dal Tribunale dei minori, delle vie del c.d. ricorso straordinario di cui all’art. 111, co. 7, Cost.: e ravvisandovi gli estremi della «questione di massima di particolare importanza» ex art. 374, co. 2, c.p.c., ne ha ritenuto opportuno disporre la rimessione alle Sezioni Unite. 

SOLUZIONE

[1] L’approccio, da parte della Suprema Corte, alla questione di cui or ora s’è detto ha seguito il consueto registro del vaglio di quella che sarebbe la rispondenza o meno del provvedimento oppugnato ai distinti requisiti, necessari ad integrare la figura della c.d. sentenza in senso sostanziale presupposta dall’art. 111 Cost., della definitività e della decisorietà. Scontata la sussistenza del primo, in forza del rilievo per cui, contro il decreto emesso nella circostanza dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 45, co. 2, disp. att. c.c., non sarebbero ammessi ulteriori rimedi, è in relazione al secondo di quei requisiti che, essa afferma, «si impone una maggiore riflessione», essenzialmente tesa a «verificare […] se l’autorizzazione al rilascio del passaporto rappresenti una valutazione su una forma gestoria espressa dal giudice tutelare nell’interesse dei figli e come tale non ricorribile o piuttosto un provvedimento con cui si valuta la concreta compatibilità dell’espatrio del genitore con l’interesse del minore».

L’ordinanza interlocutoria non ne fa espressa menzione ma chiaro è il riferimento alla precedente giurisprudenza in materia della Suprema Corte, id est a quei recenti arresti che, del provvedimento emesso dal tribunale in esito al reclamo proposto avverso il decreto del giudice tutelare, hanno recisamente escluso la ricorribilità in cassazione assumendo trattarsi di «atto di volontaria giurisdizione, volto non a dirimere in via definitiva un conflitto tra diritti soggettivi dei genitori del minore, ma a valutare la corrispondenza del mancato assenso di uno di loro all’interesse del figlio e, dunque, espressivo di una forma gestoria dell’interesse del minore» (così, testualmente, Cass., 14 febbraio 2022, n. 4799; Cass., 23 ottobre 2015, n. 21667).

Di questa prospettazione la Corte si mostra qui non pienamente convinta, asserendo che la verifica del requisito della decisorietà debba essere condotto anche alla stregua del concetto di «decisorietà di fatto del provvedimento giurisdizionale», quale designante l’attitudine del provvedimento medesimo a determinare la perdita definitiva o a recare un pregiudizio irreparabile ad autentiche situazioni di diritto soggettivo: nella specie, i diritti soggettivi del minore, visto che scopo dell’autorizzazione richiesta dalla l. n. 1185/1967, come professato dalla Corte costituzionale con la sentenza del 30 dicembre 1997, n. 464 (appositamente richiamata dall’ordinanza interlocutoria commento), è la «garanzia dell’assolvimento, da parte del genitore, dei suoi obblighi verso i figli», agli interessi dei quali, segnatamente in quanto attiene al diritto al mantenimento, il legislatore viene dunque ad ammettere la possibilità di sacrificare la libertà di espatrio e di circolazione del genitore.

Spunti per un ripensamento della questione sarebbero ritraibili, ad avviso della Corte, anche dalla recente pronuncia delle Sezioni unite, 28 settembre 2020, n. 20443, in particolare là dove queste hanno osservato che, nel decidere sulla richiesta di autorizzazione di cui al predetto art. 3, lett. b), l. n. 1185/1967, il giudice sarebbe chiamato a ponderare e bilanciare gli interessi in gioco attraverso un’istruttoria svolta nel pieno rispetto dei princìpi del contraddittorio, di proporzionalità, di temporaneità e di non automatismo della eventuale misura restrittiva, quali, altresì, già evocati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo  con la sentenza Battista c. Italia del 2 dicembre 2014 (ricorso n. 43978/2009).

All’esito del precorso ragionamento, la Corte ha concluso, pertanto, nel senso che la questione concernente la natura giuridica del provvedimento adottato dal giudice di merito in sede di rilascio del passaporto, «per la richiamata possibilità di intravvedere – nel suo diniego rispetto agli interessi dei minori – una forma di decisorietà di fatto compromissoria dei loro diritti a causa del tempo occorrente per riproporre le medesime questioni ed ottenere un diverso provvedimento satisfattivo», appare meritevole di attenta rivisitazione, così da rendersene necessaria la rimessione al primo Presidente ai fini della sua devoluzione al giudizio delle Sezioni unite.

QUESTIONI

[1] L’idea che percorre sottotraccia l’impianto argomentativo sviluppato nella presente Cass. n. 30478/2022 è che il bilanciamento degli interessi in gioco che il Giudice tutelare (ovvero il Tribunale dei minori in sede di reclamo) è chiamato nella fattispecie ad effettuare finisca per risolversi nella definizione di un conflitto tra diritti soggettivi contrapposti, così da imprimere al provvedimento che ne abbia a scaturire quella valenza contenziosa che sola ne legittimerebbe l’assoggettamento al ricorso straordinario di legittimità.

Gli esiti del giudizio demandato a quel fine alle Sezioni unite non sono affatto scontati e assai interessante sarà vedere come si pronunceranno al riguardo. Nei termini testé riferiti, invero, l’augusto consesso si è espresso allorché ha proceduto alla definitiva demolizione (già avviata, peraltro, dalle pronunce “gemelle” emesse dalla Prima Sezione della S.C. in data 29 gennaio 2016 e contrassegnate dai nn. 1743 e 1746, in Fam. e dir., 2016, 1135, annotate da Ravot, Responsabilità genitoriale e provvedimenti de potestate) del dogma dell’inoppugnabilità in cassazione dei c.d. provvedimenti de potestate ex art. 330 ss. c.c. (Cass., Sez. un., 13 dicembre 2018, n. 32359, in Riv. dir. proc., 2020, 899, con nota adesiva di Tarricone, Ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro i provvedimenti camerali sulla responsabilità genitoriale). Ma l’enunciato, posto alla base di quella svolta, per cui si avrebbe, nella specie, a che fare con provvedimenti atti a dirimere conflitti tra posizioni soggettive diverse si è correlato, nella visione delle Sezioni unite, all’intervenuta ristrutturazione del relativo procedimento, quale portata a compimento dalla l. n. 154 del 2013, secondo un modello tipicamente dialettico-contenzioso, caratterizzato in particolar modo dalla previsione, di cui all’art. 336, co. 4, c.c., dell’onere del patrocinio di un difensore per ciascuna delle parti coinvolte. Di talché il fatto che un analogo intervento normativo non abbia interessato il procedimento finalizzato alle misure di cui all’art. 3, lett. b), l. n. 1185/1967 potrebbe indurre le Sezioni unite a maturare conclusioni diverse intorno alla natura giuridica dello stesso (specie ove si pensi che, secondo la predetta Cass., Sez. un., n. 32359/2018, l’onere del patrocinio tecnico sancito per tutte le parti del procedimento de potestate varrebbe a sconfessare l’argomento cardine dei fautori della volontarietà del procedimento medesimo, ovverosia l’assenza di un contraddittorio in senso tecnico).

Né si dimentichi poi che, per poter proclamare l’impugnabilità dei provvedimenti de potestate a mezzo del ricorso in cassazione ex art. 111, co. 7, Cost., le Sezioni unite sono dovute passare attraverso il riconoscimento ai provvedimenti medesimi dell’attitudine a generare un giudicato rebus sic stantibus, quale nozione espressiva della soggezione ai poteri di modifica e revoca ex art. 742 c.p.c. «limitatamente alla valutazione di vizi di merito o di legittimità sopravvenuti, con esclusione di una rinnovata valutazione di circostanze o fatti preesistenti» (sul fondamentale rilievo di questo aspetto., v. Turroni, Ripensare il ricorso straordinario in cassazione, in Giur. it., 2020, 2782): laddove, ai fini del positivo riscontro, nella fattispecie qui in considerazione, del requisito della definitività, la presente Cass.n. 30478/2022 si è accontentata di dare atto della circostanza, comune alla generalità dei provvedimenti del giudice tutelare, della mancata previsione di rimedi ulteriori rispetto al reclamo dinanzi al tribunale.

La nuova normativa in materia di processo di famiglia, introdotta in occasione della recentissima riforma del processo civile di cui al d. lgs.10 ottobre 2022, n. 149, prevede che, contro le pronunce adottate in sede di reclamo avverso «i provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l’affidamento a soggetti diversi dai genitori» (art. 473-bis.24, comma 2) , è sempre «ammesso ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione». Ma è di solare evidenza, tanto che il rimarcarlo suona probabilmente ozioso, come il provvedimento oggetto della qui annotata ordinanza esorbiti ampiamente da quella tipologia di interventi.

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