È nulla la clausola del regolamento di condominio che preveda un termine per l’impugnazione della delibera inferiore a quello stabilito dalle norme di legge
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “È nulla la clausola del regolamento di condominio che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni per chiedere all’autorità giudiziaria l’annullamento delle delibere dell’assemblea, atteso che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta che con norme regolamentari siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c.”.
CASO
Tizio presentava ricorso avverso alla decisione resa dalla Corte d’Appello di Milano, la quale, pronunciandosi sull’appello promosso dallo stesso, aveva confermato la decisione resa dal Tribunale di Milano[1] rimarcando che l’attore fosse ormai decaduto dal diritto di impugnazione della delibera assembleare ex art.1137 c.c. approvata dal Condominio (OMISSIS).
Alla base della negazione di tale diritto vi era il fatto che la contestazione a mezzo di atto di citazione della deliberazione, datata al 18 novembre 2014, sarebbe stata notificata solamente il 15 dicembre 2014, non rispettando termine di decadenza di quindici giorni dalla data di approvazione, così come prescritto dalla specifica clausola del regolamento di condominio[2]. Secondo il giudizio della Corte milanese, il fatto che i condomini abbiano concordato la deroga del termine di decadenza fissato dall’art.1137 c.c.[3] non si porrebbe in contrasto con quanto disposto dall’art.2968 c.c. in materia di diritti indisponibili[4], essendo tale termine non sottratto alla disponibilità delle parti ed avendo l’assemblea deliberato su diritti di contenuto patrimoniale.
Tizio proponeva pertanto ricorso in cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza 21 novembre 2018, n. 5071/2018, resa dalla Corte d’Appello di Milano, trovando l’opposizione del Condominio (OMISSIS) controricorrente. Su proposta del relatore, ritenendo che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., il Presidente fissava l’adunanza della camera di consiglio.
Il ricorrente presentava memoria ai sensi dell’art. 380 bis, comma II, c.p.c..
SOLUZIONE
La Suprema Corte di Cassazione accolse il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti i restanti due, cassò la sentenza impugnata e rinviò la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
QUESTIONI
Con il primo motivo il ricorrente eccepì la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., con sostituzione ex art. 1419, comma 2, c.c., in quanto, secondo la propria interpretazione, l’art. 25, lettera D del regolamento risulterebbe inosservante della inderogabilità dell’art. 1137 c.c..
Ad avviso degli Ermellini, il primo motivo di ricorso risultò essere manifestamente fondato e la sentenza della Corte d’Appello di Milano in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Alla base dell’accoglimento del motivo presentato dal ricorrente, i magistrati di Cassazione riaffermarono il principio secondo cui “il regolamento di condominio, anche se contrattuale, approvato cioè da tutti i condomini, non può derogare alle disposizioni richiamate dall’art. 1138, comma IV, c.c., né può menomare i diritti che ai condomini derivano dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni”[5]. Di fatti, l’art.1138 c.c., norma della quale non venne tenuto conto dalla Corte d’Appello, al comma IV racchiude due diverse preclusioni all’attività regolamentatrice dell’organo assembleare: in primis, pone il divieto alle norme del regolamento di menomare i diritti spettanti a ciascun condomino in base agli atti di acquisto o alle convenzioni; in secundis, in forma più specifica, dichiara inderogabili le disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 c.c.[6].
Con riferimento alla prima delle due prescrizioni, la protezione offerta nei confronti dei condomini, con riferimento ai principi relativi alla posizione del condominio rispetto ai diritti dei singoli comunisti sulle parti comuni e sui beni di proprietà individuale e la disciplina di tali diritti, può validamente essere derogata da un regolamento contrattuale. Tale eccezione trova la propria giustificazione nella specifica natura del regolamento contrattuale di condominio, caratterizzato dal fatto di esser stato predisposto dall’originario proprietario di tutto lo stabile[7] o adottato all’unanimità dai condomini, che garantisce allo stesso di poter prevalere sulle norme del Codice civile, fatte salve le disposizioni espressamente indicate come inderogabili e le norme imperative[8].
La norma contenuta nel secondo periodo del comma IV^, invece, offre all’interprete uno specifico elenco delle norme inderogabili, la cui relativa disciplina non può subire modifiche neppure in base a regolamenti contrattuali o ad altre convenzioni intercorse fra le parti (così Cass. Sez. II, 03/08/1966, n. 2155). Tanto premesso, la Corte d’Appello di Milano, nel giudicare la tempestività della impugnazione della deliberazione assembleare del Condominio (OMISSIS), avrebbe dovuto rilevare che la nullità della richiamata clausola contenuta nell’art. 25 lettera D del regolamento condominiale contrattuale, che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni, visto che l’ultimo comma del richiamato articolo vieta in termini assoluti che con regolamento condominiale possano essere modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c.[9], che prevedono invece il differente termine di trenta giorni.
La Suprema Corte rilevò sul punto come non troverebbe alcun fondamento nella considerazione, mossa dal controricorrente Condominio, in merito alla novità della questione della nullità della clausola del regolamento. Infatti la medesima questione risultò, ai sensi di quanto disposto dall’art.1421 c.c., rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, quindi pure in sede di legittimità, sempreché siano stati acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza[10].
Con riferimento al secondo e terzo motivo di ricorso, inerenti rispettivamente alla sostenuta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., rispetto a quanto previsto nell’art. 153, comma 1, c.p.c., e alla denunciata nullità della sentenza per assenza o apparenza della motivazione, gli Ermellini ritennero, dato il riconoscimento della manifesta fondatezza del primo, assorbiti tali ragioni e pertanto privi di qualsiasi rilevanza decisoria.
Per tali motivi, venne dunque accolto il primo motivo di ricorso, restando assorbiti il secondo ed il terzo motivo, e la sentenza impugnata venne cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che dovrà pronunciarsi uniformandosi all’enunciato principio e dovrà pertanto regolare anche le spese del giudizio di cassazione.
[1] Sent. n. 4641/2017.
[2] Dall’art. 25 lettera D del vigente regolamento condominiale contrattuale.
[3] Fissato a trenta giorni dalla data di approvazione.
[4] “Le parti non possono modificare la disciplina legale della decadenza né possono rinunziare alla decadenza medesima, se questa è stabilita dalla legge in materia sottratta alla disponibilità delle parti”.
[5] Così, ex multis, Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268.
[6] Concernenti l’impossibilita di sottrarsi all’onere delle spese, l’indivisibilità delle cose comuni, il potere della maggioranza qualificata di disporre innovazioni, la nomina, la revoca ed i poteri dell’amministratore, la posizione dei
condomini dissenzienti rispetto alle liti, la validità e l’efficacia delle assemblee, l’impugnazione delle relative delibere.
[7] Nella maggior parte dei casi, si tratta del costruttore.
[8]Ex multis Cass. 19212/2016; Cass. 10523/2003; Cass. 395/1993; Cass. 4905/1990.
[9] Così Cass. Sez. 2, 06/05/1964, n. 1082.
[10] Cass. Sez. U, 12/12/2014, n.26243.
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