20 Settembre 2022

Crediti di firma e prededucibilità ex art. 182 quater comma 1 L.F. e 101 CdC

di Giulia Ferrari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. Civ. Sez. I, (data ud. 02.12.2021) 01.03.2022, n. 6774

Parole chiave: ammissione al passivo, prededuzione, finanziamenti, finanziamenti in qualsiasi forma effettuati, crediti di firma, fideiussione, credito di regresso, accordo di ristrutturazione, fallimento.

Massima: “La prededucibilità attribuita dalla L.F. art. 182 quater comma 1 ai crediti derivanti da finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati” in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182 bis L.F. omologato è coessenziale al fatto che si tratti di crediti annoverabili nella suddetta categoria, sicché una volta accertata la presenza di tali crediti ed omologato l’accordo la prededucibilità consegue senza che il Tribunale debba svolgere una nuova verifica di funzionalità dell’accordo medesimo e quale che sia la tipologia di finanziamento adottata, anche diversa dal mutuo, stante l’ampiezza della previsione e la sua “ratio” compensativa del rischio del finanziatore realizzata con la prededucibilità del relativo credito”.

Disposizioni applicate: Artt. 182 bis, 182 quater R.D. 16.03.1942 n. 267, Art. 101 Decreto Legislativo 12.01.2019 n. 14.

CASO

La società Alfa S.P.A. concluse con i propri soci, le banche creditrici, tra cui la Banca Beta, e alcuni fornitori, un accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182 bis L.F. poi omologato dal Tribunale di Milano nel 2012. All’accordo di ristrutturazione era collegato un contratto di finanziamento che contemplava il consolidamento e riscadenziamento del debito della società Alfa per pregressi finanziamenti delle banche e, tra le altre previsioni, l’impegno delle banche finanziatrici a valutare in buona fede, ma discrezionalmente, la possibilità di intervenire a favore della società Alfa “per facilitare il buon andamento della società al fine di mantenere una dotazione patrimoniale idonea allo svolgimento dell’attività d’impresa”.

L’andamento della società Alfa si rivelò peggiore del previsto e le banche, in attuazione del predetto impegno, convertirono, in tre successive tranche, parte dei propri crediti da finanziamento consolidato in strumenti finanziari partecipativi ex articolo 2346 C.C. comma 6 (SFP) attraverso la sottoscrizione delle tre tranche di titoli emessi da Alfa.

Tuttavia la banca Beta, che nel frattempo aveva rilasciato una serie di garanzie in favore di terzi nell’interesse della società Alfa, non ritirò i certificati dei titoli relativi alle due ultime tranche, né contabilizzò la corrispondente conversione del credito in SFP, ritenendo che la seconda e la terza tranche fossero state emesse al di fuori delle previsioni dell’accordo di ristrutturazione, poiché alla data di emissione di tali tranches di SFP la società Alfa versava ormai in stato di dissesto ed erano venuti meno i presupposti di facilitazione del buon andamento della società e di mantenimento di una dotazione patrimoniale idonea allo svolgimento dell’attività di impresa, che erano alla base dell’impegno di conversione del credito in strumenti partecipativi (tanto che il giorno anteriore all’emissione della terza tranche di SFP gli amministratori della società Alfa avevano convocato l’assemblea degli azionisti per deliberare la richiesta di ammissione alle procedure concorsuali).

Ed infatti, la società Alfa venne ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e ne venne dichiarato lo stato di insolvenza.

La banca Beta si insinuò al passivo per i seguenti crediti: (i) crediti a titolo di rimborso dei finanziamenti oggetto di consolidamento in via chirografaria, (ii) crediti di regresso conseguenti all’escussione di garanzie fideiussore prestate in esecuzione dell’accordo in prededuzione.

Il giudice delegato ammise parzialmente i crediti di banca Beta riducendo l’importo del credito chirografario da finanziamento consolidato in quanto “la banca non ha decurtato le ultime due tranche di SFP emesse”.

La banca Beta interpose opposizione allo stato passivo della società Alfa in amministrazione straordinaria, opposizione che venne accolta parzialmente dal tribunale di Livorno. In particolar modo il tribunale aveva ritenuto corretta la decurtazione del credito per affari da finanziamento consolidato ed aveva riconosciuto la prededucibilità ex articolo 182 quater ai cosiddetti crediti di firma.

Avverso tale decisione propose ricorso per Cassazione la società Alfa in amministrazione straordinaria. 

SOLUZIONE 

La Suprema Corte, ha affermato, da un canto, che i cosiddetti “crediti di firma” ossia i crediti di regresso derivanti da fideiussioni bancarie prestate nei confronti di terzi nell’interesse della società poi dichiarata insolvente, in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione, escusse, debbano essere considerati quali “finanziamenti in qualsiasi forma effettuati” ai sensi dell’applicazione dell’articolo 182 quater primo comma; dall’altro, che la prededucibilità attribuita dalla medesima norma è “co- essenziale” al fatto che si tratti di crediti annoverabili in tale categoria, pertanto una volta accertata la presenza di tali crediti ed omologato l’accordo di ristrutturazione, la prededucibilità consegue senza che il Tribunale debba svolgere una nuova verifica di funzionalità dell’accordo medesimo insita nell’omologazione e quale che sia la tipologia di finanziamento adottato, anche diversa dal mutuo, stante l’ampiezza della previsione e la sua ratio che prevede una sorta di “compensazione” del rischio del finanziatore con il riconoscimento della prededucibilità del relativo credito.

QUESTIONI

Tralasciando gli aspetti più strettamente processuali affrontati dal provvedimento in commento, ancorché gli stessi offrano interessanti profili di approfondimento, ci si concentrerà in questa sede su quelli di profilo fallimentare.

Due sono le questioni rilevanti affrontate: la prima è relativa alla qualificazione di finanziamento ai sensi dell’articolo 182 quater L.F. anche del cosiddetto “credito di firma” ovvero del credito di regresso derivante dalla fideiussione prestata dalla banca nell’interesse della società poi dichiarata insolvente; la seconda, è relativa al momento in cui si possa considerare tale finanziamento “effettuato in esecuzione dell’accordo” e se quindi spetti al Tribunale, nel corso della “vita” dell’accordo, ossia della sua esecuzione, una verifica sulla funzionalità del finanziamento rispetto al medesimo, o meglio sulla funzionalità del finanziamento a perseguire l’obiettivo di ristrutturazione del debito della società che sta alla base dell’accordo.

Per delineare con maggior chiarezza il perimetro della vicenda, riassumiamo brevemente i motivi di ricorso formulati dal ricorrente nel caso di specie, incentrati sull’asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 182 quater comma 1 L.F.

Il ricorrente lamentava che le linee di c.d. “finanziamento per firma” concesse dalla banca Beta non potessero rientrare nella nozione di “finanziamenti in qualsiasi forma effettuati” ex art. 182 quater L.F., trattandosi di crediti di regresso relativi a fideiussioni bancarie prestate nell’interesse dell’imprenditore a favore di terzi, aventi “causa di garanzia e non di finanziamento”.

Inoltre, la società Alfa criticava l’affermazione del Tribunale di prime cure per cui gli scostamenti rispetto agli obiettivi del piano industriale previsto nell’accordo di ristrutturazione verificatesi nei mesi successivi al primo trimestre del 2012 non erano tali da compromettere l’attuazione del piano. Secondo il ricorrente invece, uno scostamento oggettivo, specie se sensibile rispetto alle previsioni del piano, avrebbe dovuto determinare “di per sé solo il venir meno degli effetti protettivi dell’omologa ed eventuali finanziamenti erogati in simili condizioni non potrebbero più essere considerati in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione omologato in assenza di una nuova attestazione e una nuova omologa”.

Su tali aspetti affermava inoltre il ricorrente, che in ogni caso non avrebbero potuto essere considerati “finanziamenti in esecuzione del piano” quelli effettuati a fronte di scostamenti che avrebbero dovuto indurre le banche creditrici a richiedere alla società Alfa una modifica del piano e una nuova asseverazione da sottoporre a consenso e una nuova omologa.

I Giudici di Legittimità, riportandosi nel solco di propri precedenti, hanno sostenuto che anche i crediti di regresso derivanti da fideiussioni debbano ritenersi rientranti nello spettro del 182 quater L.F., qualora le stesse fideiussioni fossero già state escusse, atteso che prima dell’escussione del garante non sussiste alcun credito verso il debitore principale.

L’argomentazione è chiara ed è esplicitata nella sentenza Cass. 2627/2018 richiamata nella pronuncia in commento. In tale provvedimento si afferma infatti, che l’articolo 182 quater primo comma L.F nel prevedere la prededuzione per i crediti derivanti da “finanziamenti in qualsiasi forma effettuati” in esecuzione di un concordato preventivo, ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologati “comprende qualunque tipologia di sostegno finanziario tesa a realizzare, nei fatti, una forma di finanziamento, ciò vuol dire che la norma è suscettibile di estensione a forme tecniche diverse da quelle tipiche del mutuo, in particolare l’ampiezza della previsione e la ratio compensativa del rischio di credito per il finanziatore, volta incentivare, con la prededucibilità, l’erogazione a sostegno dell’impresa, consentono di affermare che tra le ipotizzate forme tecniche di sostegno finanziario rientrino anche le garanzie fideiussorie”.

Tali argomentazioni, peraltro, sono state recepite nel nuovo testo del primo comma dell’articolo 101 del codice della crisi e dell’insolvenza che recita: “Quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati, ivi compresa l’emissione di garanzie, in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ed espressamente previsti nel piano ad essi sottostante sono prededucibili”.

Gli Ermellini hanno altresì affermato che la norma citata (art. 182 quater comma 1 L.F.) postula che, una volta accertata la presenza di crediti del tipo indicato, la prededucibilità consegue senza che il tribunale abbia a svolgere una nuova verifica di funzionalità, invero già insita nell’essere stato omologato l’accordo di ristrutturazione, infatti la condizione alla quale il legislatore ha subordinato la natura prededucibile dei crediti è la derivazione da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati la cui concessione sia stata contemplata dall’accordo; quindi, rispettando questa condizione e omologato l’accordo, i finanziamenti restano annoverabili tra quelli esecutivi e i crediti afferenti debbono essere ammessi in prededuzione senza bisogno d’altro (in questo senso pure Cass 2627/2018 già citata).

I giudici di Legittimità hanno anche sottolineato nella sentenza in commento che non porta a diversa conclusione neppure il secondo comma dell’articolo 101 del codice della crisi e dell’insolvenza, poiché la norma esclude la prededuzione in casi ben definiti e cioè quando il piano secondo una valutazione ex ante al momento del suo deposito risulta basato su dati falsi o sulla omissione di informazioni rilevanti o quando il debitore abbia compiuto atti in frode ai creditori e il curatore dimostri che i soggetti che hanno erogato finanziamenti alla data dell’erogazione conoscevano tali circostanze. In tali casi non rientrano quelli relativi alla non attuabilità del piano per fatti sopravvenuti alla sua omologazione.

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