L’assenza del mandato difensivo può essere eccepita anche al di fuori del giudizio in cui l’avvocato ha prestato la propria opera
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. II, 3 agosto 2022, n. 24014, Pres. Manna – Est. Rolfi
[1] Trattazione della causa – Difetto di rappresentanza o di autorizzazione – Rilievo (art. 182 c.p.c.)
Il profilo dell’assenza di un valido rapporto professionale di patrocinio non può ritenersi in alcun modo superato per effetto del mancato rilievo della irregolarità processuale ex art. 182 c.p.c., nell’ambito del giudizio in cui il patrocinio viene esercitato, giacché il mancato rilievo del vizio processuale non è comunque in grado di neutralizzare la regola sostanziale e di sanare lato sensu la carenza originaria del rapporto di mandato professionale. Ne consegue che, nello specifico, l’assenza di un valido incarico da parte del condominio ad un avvocato ben poteva essere eccepita anche al di fuori del giudizio in cui il legale stesso aveva prestato la propria opera, ed in particolare proprio nel giudizio per il pagamento del compenso professionale, deputato, in primo luogo, alla luce delle difese del medesimo condominio, ad accertare direttamente la sussistenza tra le parti dell’autonomo rapporto di patrocinio.
CASO
[1] La vicenda giudiziaria approdata dinanzi alla Suprema Corte scaturisce dalla pronuncia di un decreto ingiuntivo, emesso a favore di un avvocato e nei confronti di un condominio, per il pagamento del compenso relativo all’attività di patrocinio svolta dal primo in una controversia coinvolgente il secondo.
Il Giudice di Pace, adito in via d’opposizione a tale decreto ingiuntivo, procedeva a revocarlo, con decisione che veniva confermata, all’esito del giudizio di appello, dal Tribunale di Napoli: questo, per l’esattezza, affermava come la controversia patrocinata dall’appellante non rientrasse tra quelle che, ai sensi dell’art. 1131 c.c., l’amministratore di condominio può autonomamente proporre e, in relazione al mandato difensivo conferito all’appellante dall’amministratore condominiale, non risultava la sussistenza né di autorizzazione né di ratifica ad opera dell’assemblea condominiale.
Avverso tale pronuncia l’avvocato proponeva ricorso per cassazione mediante il quale, per quanto qui interessa, si deduceva, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. in relazione all’art. 182 c.p.c. Nel dettaglio, il ricorso argomentava che eventuali profili di irregolarità del mandato difensivo – non rilevati nel giudizio nel cui ambito il mandato medesimo era stato espletato – non avrebbero potuto essere esaminati d’ufficio nel distinto giudizio concernente il diritto al compenso, essendo detta verifica limitata dall’art. 182 c.p.c. al solo giudice del procedimento nel quale il mandato difensivo viene esercitato.
SOLUZIONE
[1] La Cassazione giudica il motivo di ricorso proposto infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il profilo dell’assenza di un valido rapporto professionale di patrocinio non può ritenersi in alcun modo superato per effetto del mancato rilievo della irregolarità processuale ex art. 182 c.p.c., nell’ambito del giudizio in cui il patrocinio viene esercitato, giacché il mancato rilievo del vizio processuale non è comunque in grado di neutralizzare la regola sostanziale e di sanare lato sensu la carenza originaria del rapporto di mandato professionale.
Ne consegue che, nello specifico, l’assenza di un valido incarico da parte del condominio ben poteva essere eccepita anche al di fuori del giudizio in cui l’avvocato aveva prestato la propria opera, e in particolare proprio nel giudizio per il pagamento del compenso professionale, deputato, in primo luogo, alla luce delle difese del medesimo condominio, ad accertare direttamente la sussistenza tra le parti dell’autonomo rapporto di patrocinio.
Correttamente, quindi, il Tribunale di Napoli ha proceduto all’esame dell’eccezione regolarmente sollevata dal condominio, e che non poteva ritenersi in alcun modo preclusa dalla vicenda processuale presupposta.
Nel caso di specie, peraltro, i giudici di merito hanno altresì fatto corretta applicazione del principio affermato da Cass., sez. un., 6 agosto 2010, n. 19331 – poi confermato dalla successiva giurisprudenza di legittimità (Cass., 24 maggio 2013, n. 12972; Cass., 9 febbraio 2016, n. 2570) -, la quale ha chiarito che “L’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, 2° e 3°co., c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione”.
QUESTIONI
[1] La questione dirimente nella decisione assunta con il provvedimento in commento risiede nell’autonomia del profilo processuale inerente al difetto di valida procura al difensore, oggetto della disciplina dettata dall’art. 182 c.p.c., dal profilo sostanziale concernente l’esistenza e validità del rapporto interno professionale tra patrocinato e patrocinante, e cioè del rapporto sostanziale riconducibile al contratto d’opera professionale.
L’autonomia di tali due profili è stata reiteratamente espressa dalla Cassazione, ad esempio affermando il principio per cui, ai fini dell’individuazione del soggetto obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore, occorre distinguere tra rapporto endoprocessuale nascente dal rilascio della procura ad litem e rapporto che si instaura tra il professionista incaricato e il soggetto che ha conferito l’incarico, il quale può essere anche diverso da colui che ha rilasciato la procura (Cass., 27 dicembre 2004, n. 24010; Cass., 28 marzo 2012, n. 4959).
Ulteriormente, la Suprema Corte ha chiarito che la procura alle liti è un negozio unilaterale endoprocessuale con cui viene conferito il potere di rappresentare la parte in giudizio e che non presuppone l’esistenza, fra le medesime persone, di un sottostante rapporto di patrocinio, ossia del negozio bilaterale, generatore del diritto al compenso, con il quale, secondo lo schema del mandato, il legale viene incaricato di svolgere l’attività professionale: da ciò consegue che la procura alle liti costituisce solo un indice presuntivo della sussistenza tra le parti dell’autonomo rapporto di patrocinio che, se contestato, deve essere provato (Cass., 11 marzo 2019, n. 6905; Cass., 8 giugno 2017, n. 14276).
La vicenda giudiziaria descritta si pone in linea con i principi sin qui richiamati, secondo cui l’esistenza e validità del rapporto sostanziale riconducibile al contratto d’opera professionale rappresentano un profilo autonomo e distinto rispetto alla disciplina processuale inerente alla validità (e correlata sanatoria) della procura conferita al difensore, cui è dedicato l’art. 182 c.p.c., con la conseguenza per cui il mancato rilievo del vizio ex art. 182 c.p.c. nell’ambito del giudizio in cui l’attività difensiva viene svolta non preclude la possibilità di discutere, in altro giudizio, dell’esistenza del contratto d’opera professionale intercorrente tra l’avvocato e la parte.