La realizzazione di un cappotto termico all’edificio rientra nel campo delle innovazioni ex art.1120 c.c.
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “Gli interventi sulle pareti condominiali che gli attori intendono eseguire, a salvaguardia dell’immobile di loro proprietà esclusiva, devono inquadrarsi nell’ambito di applicazione dell’art. 1120 c.c., perché volti “a migliorare la salubrità degli edifici” o “per il contenimento del consumo energetico”. Ne discende che tale opera, ai sensi dell’art. 1120 co. 2 c.c., può essere deliberata, sia in prima che in secondo convocazione, con il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti al condominio ed al meno la metà del valore dell’edificio”.
FATTO
In data 18/07/2014, i sigg. Tizio e Caio acquistavano dalla società (OMISSIS) s.r.l. un appartamento in fase di ristrutturazione, ricompreso all’interno di un complesso immobiliare sottoposto a vincolo di tutela artistica, attraverso la sottoscrizione di un contratto sottoposto a condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di prelazione ex artt. 60,61,62 del D.lgs.42/2004[1]. Congiuntamente all’acquisto dell’unità, le parti sottoscrivevano un contratto di appalto per l’esecuzione degli interventi necessari per al completamento del rinnovamento dei locali e per l’isolamento termico dello stesso.
Gli attori, una volta completato il trasferimento nel nuovo appartamento, appuravano che, oltre a non essere stati eseguiti gli interventi pattuiti, l’immobile risultava essere stato danneggiato a causa di infiltrazioni di umidità che avevano altresì portato alla formazioni di muffa sul muro perimetrale. A fronte dello stato in cui si trovava l’unità abitativa, Tizio e Caio provvedevano in autonomia, a proprie spese, a dare avvio alle operazioni finalizzate al risanamento ed al restauro conservativo dell’intonaco presente sui muri al primo piano della propria abitazione, il tutto finalizzato anche a realizzare un cappotto termico[2] per raggiungere i requisiti minimi di isolamento previsti dalla normativa[3]. Tuttavia affinché potessero realizzarsi i lavori richiesti, ritenuti rientranti nell’alveo di applicazione dell’art.1102 c.p.c. da parte degli attori, per l’esecuzione dell’intervento si mostrò necessario accedere alla terrazza di proprietà della convenuta, che fino a quel momento si opponeva a concedere l’autorizzazione.
I sigg. Tizio e Caio, pertanto, convenivano in giudizio la (OMISSIS) s.r.l. al fine di ottenere l’accertamento del proprio buon diritto a porre in essere gli interventi di risanamento e di restauro conservativo dell’intonaco dei paramenti murari posti al primo piano dell’immobile adibito a propria abitazione. Connessa alla richiesta di accertamento, gli attori richiedevano la condanna, oltre al risarcimento dei danni subiti per il ritardo nell’esecuzione dei lavori, della convenuta a consentire loro di accedere alla terrazza di proprietà della società, potendo in tal modo eseguire il suddetto intervento.
La (OMISSIS) s.r.l. si costituiva in giudizio contestando agli attori che l’intervento prospettato rientrerebbe nella disciplina di cui all’art. 1120 c.c., e dunque sarebbe soggetta all’approvazione dell’assemblea condominiale, in quanto: “1) la realizzazione di un cappotto termico andrà ad aumentare la dimensione del muro esterno della facciata a discapito della superficie della terrazza di proprietà esclusiva della convenuta; di contro, ove gli attori riducessero lo spessore del muro maestro, andrebbero ad intervenire, alterandolo, su di un bene condominiale, senza la necessaria approvazione dell’assemblea condominiale; 2) l’intervento renderebbe più difficoltoso per la convenuta appoggiare o ancorare al muro oggetto di intervento, che delimita la propria terrazza, un gazebo o altra struttura o impianto o lucerna; 3) tale intervento rientra nella previsione di cui all’art. 1120 co. 2 c.c., per la cui approvazione è prescritta la maggioranza di cui all’art. 1136 co. 5 c.c.”.
La causa veniva in ultimo istruita con i documenti prodotti e con l’espletamento di una consulenza tecnica d‘ufficio.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Firenze rigettava la domanda attorea e contestualmente condannava Tizio e Caio a rimborsare alla società convenuta le spese di lite, liquidate in 7.254,00 per compensi, e della C.T.U., oltre IVA, c.p.a. e 15% per spese generali.
QUESTIONI
Al fine di meglio individuare le ragioni a fondamento del rigetto della domanda attorea da parte del giudice unico, appare opportuno effettuare una breve digressione sulla natura e sulla consistenza dell’intervento.
Di fatti, il termine “cappotto termico” risulta già di per sé esauriente nella definizione della funzione di tale tipo di intervento: racchiudere il fabbricato in una sorta di “corazza protettiva” che garantisca, al tempo stesso, un alto grado di isolamento termico delle parti comuni dello stabile e di quelle di proprietà esclusiva, il conseguente risparmio energetico, la prevenzione dei danni sulle pareti esterne/interne (ad esempio: crepe ed efflorescenze di muffe, che si possano formare a seguito della condensa conseguente allo scambio termico esterno/interno), la possibilità di accedere alle agevolazioni previste dal c.d. superbonus e così via. Date le caratteristiche funzionali che tale tipo di intervento è mirato ad attribuire all’edificio, la realizzazione dell’involucro risulta essere molto complessa sia da un punto di vista organizzativo che esecutivo, essendo necessaria la posa in opera di pannelli isolanti lungo le pareti murarie esterne ed i tempi di lavorazione ed i costi sono molto più lunghi ed elevati rispetto ad un’opera di ordinario restauro delle facciate.
Tutto quanto considerato, appare chiaro, tanto alla dottrina quanto al Tribunale di Firenze, che da un punto di vista edilizio il rifacimento del cappotto termico possa e debba essere assimilato alla categoria delle innovazioni così come disciplinato dall’art.1120 c.c.. Tale disposizione, infatti, al comma II, definisce come rientranti nella definizione “le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti; le opere e gli interventi […] per il contenimento del consumo energetico degli edifici”[4], caratteri sicuramente attribuibili all’intervento di ristrutturazione in esame.
In virtù di tale deduzione, come specificato in motivazione dal Tribunale, discenderebbe che la realizzazione di tali lavori dovrebbe necessariamente superare il vaglio di un’apposita delibera assembleare la cui approvazione può essere raggiunta unicamente con le maggioranze prescritte dal combinato disposto agli artt. 1120 e 1136 c.c.[5].
Tuttavia, stante le peculiarità esecutive dell’opera, la realizzazione del cappotto termico potrebbe comportare ricadute negative sulle proprietà esclusive e di tale aspetto l’assemblea dovrà necessariamente tener conto per non incorrere nel pericolo di impugnazione della delibera. Proprio in considerazione del fatto che l’installazione del cappotto termico è un intervento “invasivo” anche rispetto alle proprietà individuali (i pannelli da utilizzare, infatti, per garantire una efficiente coibentazione dovrebbero avere almeno lo spessore di dieci centimetri), per la sua legittimità non basterà solo rispettare il quorum deliberativo, ma sarà necessario valutare, preliminarmente, che non si possa verificare una violazione del diritto dei singoli. La tematica è stata recentemente affrontata da una decisione di merito[6], la quale ha accertato la nullità della delibera assembleare che, senza il consenso di tutti i condomini, aveva deciso la realizzazione di un cappotto termico che occupava spazi di proprietà esclusiva diminuendone la superficie di calpestio già di per sé ridotta. Per quanto si tratti di un’importante decisione ancorata al caso concreto, in termini più generali è noto che l’assemblea dei condomini non ha il potere di imporre la realizzazione di lavori su porzione di edificio di proprietà esclusiva del condomino e che ledano il diritto di questi al godimento della res propria[7], come confermato anche dalla decisione della Cassazione S.U. n.4806 del 7 marzo 2005[8], in quanto la stessa delibera risulterebbe affetta da nullità assoluta, deducibile in ogni tempo indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera stessa.
Occorre inoltre citare la fondamentale ordinanza n. 10371/2021 emessa dalla Corte di Cassazione, la quale ci ha tenuto a specificare, attraverso un’articolata motivazione resa necessaria dagli innumerevoli punti di impugnativa formulati dai ricorrenti, che l’intervento in parola non poteva qualificarsi come “innovazione gravosa e/o voluttuaria ai sensi dell’art. 1121 c.c., in quanto i lavori di coibentazione permettono un risparmio energetico che compensa l’investimento iniziale e producono un costo parzialmente detraibile fiscalmente”. Tale specifica risulta di rilevante importanza in quanto comporta che la partecipazione di tutti i condomini al pagamento delle relative spese, secondo i criteri dettati dall’art. 1123 comma I c.c., rafforzando così l’idea che l’autorizzazione alla sua realizzazione debba essere sostenuta da una qualificata maggioranza dei condomini.
Ritornando al caso di specie, gli interventi richiesti da Tizio e Caio non hanno ricevuto alcun nullaosta da parte del Condominio, né tantomeno risulta che sia stata inoltrata alcuna richiesta affinché fosse discussa la proposta durante la successiva riunione dell’assemblea, comportando perciò l’insussistenza del vantato diritto ad eseguire i lavori e, pertanto, a poter accedere alla terrazza di proprietà della convenuta (OMISSIS) s.r.l..
[1] Altresì denominato “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
[2] In conformità agli obblighi di cui al D.lgs. 192/2005.
[3] Intervento comunque autorizzato dalla Soprintendenza di Firenze.
[4] A cui si aggiunge la clausola generale al comma I che ricomprende le opere “dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”.
[5] Così come modificati a seguito della conversione del d.l. 104/2020 in legge 126/2020.
[6] Trib. Roma, sent. 16 dicembre 2020, n. 17997.
[7] Cass., sent. 30 dicembre 1997, n. 13116.
[8] Distinguendo fra deliberazioni annullabili e nulle, ha inserito in queste ultime “quelle che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini”.
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