6 Settembre 2022

Decorrenza della prescrizione e natura dei pagamenti (solutori o ripristinatori)

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Una decisione della Cassazione (n. 18815/2022) offre lo spunto per una rapida ricognizione di alcuni ‘punti fermi’ della giurisprudenza di legittimità in tema di decorrenza della prescrizione e natura dei pagamenti (solutori o ripristinatori).

Il consolidato principio relativo alla decorrenza della prescrizione del diritto di ripetizione di indebito oggettivo è che l’azione di ripetizione, proposta dal cliente di una banca il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo a un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale che inizia a decorrere, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.

Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens (Cass. S.U., n. 24418/2010; Cass. n. 24051/2019).

Quanto all’onere della prova circa la natura delle rimesse, se aventi natura ripristinatoria ovvero solutoria, trova applicazione il principio secondo cui, in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte; invero, come non si richiede ai fini della valida proposizione della domanda di ripetizione che il correntista specifichi una ad una le rimesse dallo stesso eseguite che, in quanto solutorie, si siano tradotte in pagamenti indebiti a norma dell’art. 2033 c.c., in modo simmetrico, la banca che eccepisca la prescrizione non può essere gravata dall’onere di indicare i versamenti solutori (Cass. S.U., n. 15895/2019; Cass. n. 7013/2020; Cass. n. 9462/2020; Cass. n. 14958/2020).

In buona sostanza, una volta che chi agisca in ripetizione di indebito abbia provato l’esistenza dell’apertura di credito e il massimale dell’affidamento e depositato gli estratti periodici relativi all’intero rapporto, egli non è tenuto a indicare, una per una, le rimesse di natura solutoria e quelle di natura ripristinatoria; così come la banca che eccepisca la prescrizione del diritto non è tenuta anche a tale ulteriore indicazione.

Nel caso  di contratto di conto corrente bancario assistito da apertura di credito hanno natura solutoria i versamenti che hanno la funzione di eliminare ovvero ridurre il c.d. “scoperto” di conto corrente, ossia il debito del correntista per la parte eccedente l’affidamento accordatogli; hanno invece funzione ripristinatoria (e non costituiscono quindi pagamento in senso giuridicamente rilevante) quei versamenti che si mantengano nei limiti del concesso affidamento (in questo senso, ex multis, Cass. n. 6195/2020).

Per stabilire se un versamento abbia avuto natura solutoria ovvero ripristinatoria occorre eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dalla banca (mediante applicazione di interessi non dovuti ovvero mediante capitalizzazione trimestrale, ecc.) e, in conseguenza di tale operazione, rideterminare il reale saldo passivo del conto, verificando se i versamenti di volta in volta eseguiti si collochino all’interno del massimale di fido ovvero se essi siano stati eseguiti per eliminare il suo superamento (cfr. Cass. n. 9141/2020).

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