31 Maggio 2022

L’opposizione agli atti esecutivi proposta dal terzo debitor debitoris che non abbia reso la dichiarazione di quantità

di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. III, sent. 19 maggio 2022, n. 16234, Pres. Rubino, Est. Fanticini

Espropriazione presso terzi – mancata dichiarazione del terzo – opposizione agli atti esecutivi (Cod. Proc. Civ. artt. 548, 549, 617)

[I] “Al terzo pignorato che non ha reso la dichiarazione di quantità deve ritenersi tutt’ora assicurata la possibilità di proporre l’opposizione anche nelle forme ordinarie, a prescindere dai presupposti di ammissibilità indicati nell’art. 548, ultimo comma, c.p.c., laddove egli intenda far valere vizi propri del provvedimento di assegnazione, al di fuori delle situazioni che possano aver dato luogo ad una incolpevole omissione della dichiarazione di quantità” (massima redazionale)

[II] “Se… il terzo non rende alcuna dichiarazione … ma l’allegazione del creditore non consente l’identificazione del credito pignorato, in forza dell’art. 549 cod. proc. civ. il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte e nel contraddittorio tra le parti e con il terzo, procede ad un accertamento endoesecutivo, che può concludersi con l’ordinanza di assegnazione, suscettibile di impugnazione ex art. 617, comma 2, cod. proc. civ.” (massima redazionale)

CASO

Un creditore pignorava, nelle forme di cui all’art. 543 c.p.c., il credito vantato dal proprio debitore nei confronti della società della quale quest’ultimo era amministratore.

La terza pignorata non rendeva la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. e il giudice dell’esecuzione, presone atto, disponeva l’assegnazione al creditore delle somme pignorate fino alla concorrenza del credito, considerando il detto credito “non contestato” ai sensi dell’art. 548 c.p.c.

La terza pignorata proponeva allora opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, contestando l’esistenza del credito pignorato e assegnato.

Il Tribunale, ritenendo ammissibile e tempestiva l’opposizione della terza pignorata, accoglieva l’impugnazione e dichiarava la nullità dell’ordinanza di assegnazione. Il giudice dell’opposizione riteneva infatti fondata la doglianza secondo la quale, essendo stato l’atto di pignoramento generico nell’individuazione delle somme dovute dal terzo, il giudice dell’esecuzione non avrebbe perciò potuto assegnare il credito pignorato sul semplice presupposto della ficta confessio per mancata dichiarazione del terzo. Il Tribunale, inoltre, affermava che l’opposizione ex art. 617 c.p.c. da parte del terzo pignorato “è esperibile non soltanto per la mancata conoscenza del provvedimento per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (ipotesi a cui si riferisce l’art. 548 cod. proc. civ.), ma anche per un vizio proprio dell’atto dell’esecuzione”, quale la generica identificazione del credito nel relativo atto di pignoramento.

Il creditore procedente ricorreva quindi alla Suprema Corte “per violazione e falsa applicazione dell’art. 548 cod. proc. civ., per avere il Tribunale reputato ammissibile l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. esperita dal terzo per motivi diversi da quelli prescritti dalla succitata disposizione”.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione considera infondata la censura del creditore procedente.

I Supremi Giudici chiariscono innanzitutto che, in forza del disposto dell’art. 548 c.p.c. (nella sua attuale formulazione), se il terzo pignorato non rende la prevista dichiarazione neppure all’apposita udienza fissata successivamente alla prima, il credito pignorato si considera siccome non contestato (ficta confessio) solo se ricorre una ulteriore condizione, pure prevista dalla detta norma: “se l’allegazione del creditore (nell’atto di pignoramento) consente l’identificazione del credito pignorato”.

Ricorrendo questi presupposti, il giudice dell’esecuzione potrà pronunciare il provvedimento di assegnazione che sarà allora impugnabile dal terzo pignorato ex art. 617 c.p.c., “soltanto se prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del processo esecutivo per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”, circostanze che devono essere dimostrate dall’opponente pena l’inammissibilità dell’opposizione stessa.

Tuttavia, precisa la Corte, l’ultimo comma dell’art. 548 c.p.c. non può essere interpretato nel senso di limitare il potere di impugnazione del terzo pignorato anche nel caso in cui si lamentino “vizi propri del provvedimento giudiziale, cioè non dipendenti dalla mera applicazione del meccanismo di ‘non contestazione’ e, dunque, non concernenti il credito ‘non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”.

Si deve infatti dare seguito, dice la Corte, a quanto statuito in precedenza da Cass. 30090/2021, secondo la quale “non ravvisandosi i presupposti per ridurre eccessivamente ed immotivatamente gli spazi di tutela per il terzo pignorato … al terzo pignorato che non ha reso la dichiarazione di quantità deve ritenersi tutt’ora assicurata la possibilità di proporre l’opposizione anche nelle forme ordinarie, a prescindere dai presupposti di ammissibilità indicati nell’art. 548, ultimo comma, c.p.c., laddove egli intenda far valere vizi propri del provvedimento di assegnazione, al di fuori delle situazioni che possano aver dato luogo ad una incolpevole omissione della dichiarazione di quantità”.

Quanto, invece, all’ipotesi nella quale il terzo non renda alcuna dichiarazione “ma l’allegazione del creditore non consente l’identificazione del credito pignorato”, la Corte chiarisce che in questo caso, ai sensi dell’art. 549 c.p.c., il giudice, “su istanza di parte e nel contraddittorio tra le parti con il terzo, procede ad un accertamento endoesecutivo”, che può condurre ad un provvedimento di assegnazione, a sua volta impugnabile ai sensi dell’art. 617 c.p.c.

Ciò posto, e tornando al caso specifico portato all’attenzione dei Supremi Giudici, la Corte conferma la decisione del Tribunale che ha ritenuto illegittima la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione in presenza di un credito non precisamente identificato dal creditore procedente nell’atto di pignoramento, e ciò senza che il giudice dell’esecuzione abbia dato corso agli accertamenti di cui all’art. 549 c.p.c., essendosi invece limitato alla mera applicazione del meccanismo della ficta confessio ex art. 548 c.p.c. in assenza di tutti i necessari presupposti.

In conclusione, dice la Corte, “proprio in base alla ricostruzione del dettato normativo, …, si deve … confermare la statuizione del giudice di merito, che ha ritenuto ammissibile l’opposizione de qua avverso l’ordinanza, perché affetta da un vizio proprio, costituito dall’erronea applicazione dell’art. 548 cod. proc. civ.”.     

QUESTIONI

Il tema centrale della pronuncia qui in commento attiene alla facoltà del terzo pignorato di reagire, con l’opposizione ex art. 617 c.p.c., avverso l’ordinanza di assegnazione del credito nel pignoramento svoltosi nelle forme di cui all’art. 543 c.p.c.

Più precisamente, l’ipotesi è quella del terzo pignorato che non abbia reso la dichiarazione di quantità alla quale è chiamato.

Come si ricorderà, prima della riforma del 2012, nel caso in cui il terzo pignorato non avesse reso la dichiarazione di quantità, era onere del creditore procedente quello di dare impulso ad una “parentesi” di accertamento sull’esistenza dell’obbligo del terzo nei confronti del debitore pignorato. Era quindi rimessa al creditore procedente la scelta tra il lasciare estinguere il processo esecutivo o coltivarlo, previo l’esperimento del detto accertamento.

La riforma del 2012 ha invertito questo meccanismo sicché, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 548 c.p.c., nel caso in cui il terzo non renda la dichiarazione di quantità, neppure nella successiva udienza che all’uopo il giudice dell’esecuzione deve fissare (facendone dare avviso al terzo pignorato), “il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso” e il giudice dell’esecuzione può quindi pronunciare la conseguente ordinanza di assegnazione. Si tratta, appunto, di un meccanismo di ficta confessio, il quale, però, e come visto nella sentenza in commento, richiede anche che “l’allegazione del creditore consent[a] l’identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo”.

Contro l’ordinanza di assegnazione del credito anche al terzo pignorato viene esplicitamente riconosciuta dalla legge la possibilità di proporre impugnazione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., ovviamente nel rispetto del termine di venti giorni ivi previsto.

Ed è a questo punto che la pronuncia in commento, nel solco della precedente Cass. 30090/2021, distingue le modalità di opposizione del terzo pignorato a seconda di quali siano i motivi che egli intende far valere.

Infatti, se il terzo pignorato intende dolersi del fatto che il giudice dell’esecuzione ha ritenuto operante il meccanismo della ficta confessio in ragione della sua mera mancata dichiarazione di quantità, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 548 c.p.c., egli dovrà previamente e necessariamente, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, dare “prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”. La norma non è perfettamente formulata, ma essa è intesa come relativa alla sola ipotesi in cui il terzo pignorato non abbia avuto incolpevolmente conoscenza dell’esistenza del procedimento esecutivo a carico del suo (pur presunto) creditore.

Il terzo pignorato (con esso intendendosi qui sempre, lo ricordiamo, quello che non ha reso la dichiarazione) potrebbe però dolersi di vizi propri dell’ordinanza di assegnazione, cioè non relativi alla mera applicazione del descritto meccanismo della ficta confessio (ad esempio, nel caso di assegnazione di un credito superiore a quello pignorato o, come nel caso in oggetto, del fatto che il credito staggito non fosse ben identificabile nell’atto di pignoramento).

Secondo la pronuncia qui in commento, sul punto deve confermarsi quanto già osservato dalla citata Cass. 30090/2021, secondo la quale una interpretazione così rigorosa porterebbe ad una ingiustificata compressione dei diritti del terzo. Sicché, in un’ottica più favorevole e rispondente a sistema, “al terzo pignorato che non ha reso la dichiarazione di quantità deve ritenersi tutt’ora assicurata la possibilità di proporre l’opposizione anche nelle forme ordinarie, a prescindere dai presupposti di ammissibilità indicati nell’art. 548, ultimo comma, c.p.c., laddove egli intenda far valere vizi propri del provvedimento di assegnazione al di fuori delle situazione che possano aver dato luogo ad una incolpevole omissione della dichiarazione di quantità”.

È così garantita una più ampia tutela del terzo pignorato, che viene posto al riparo da dubbie interpretazioni estensive dell’ultimo comma dell’art. 548 c.p.c.

Tuttavia, pur preso atto di approdo, non si  possono ignorare le forti perplessità sul sistema delineato dal legislatore per i casi nei quali, invece, il terzo si lamenti proprio di come ha operato detto meccanismo: come ben rilevato da autorevole dottrina, l’ultimo comma del più volte citato art. 548 c.p.c. riserva al terzo pignorato che non abbia reso la dichiarazione un trattamento “irragionevolmente pregiudizievole e deteriore rispetto ai modelli normativi circa gli effetti della non contestazione o della mancata risposta all’interrogatorio formale disciplinati dagli artt. 115, comma 1, e 232 c.p.c.”, con evidenti dubbi di costituzionalità della norma de qua, visto che “l’usuale conseguenza della non contestazione ex art. 115, comma 1, c.p.c. tra le parti del processo di cognizione è la relevatio ab onere probandisicche, per simmetria, in capo al terzo pignorato (che peraltro non è parte del processo esecutivo) dovrà porsi “semmai l’onere di dimostrare l’inesistenza del credito o delle cose in suo possesso”, null’altro (v. A. Tedoldi, Esecuzione Forzata, Pacini Editore, 2020, a pag. 204).

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