Soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno e capacità di testare
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sezione 2, sentenza n. 13270 del 28 aprile 2022
Estensione dell’incapacità di testare e donare, prevista per l’interdetto – Esclusione – Previsione “ex officio” del divieto – Mediante il decreto di nomina dell’amministratore, o successiva modifica – Ammissibilità
*Massima: “Riconosciuto che di regola il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza dell’amministratore di sostegno, lo stesso conserva la capacità di donare e di testare. È fatta salva la possibilità che il giudice tutelare, attraverso l’esercizio del potere previsto dall’articolo 411 cod. civ., comma 4, possa imporre, nel singolo caso e in funzione di una maggiore tutela, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario”.
* Massima non ufficiale
Disposizioni applicate
Articoli 404,405, 407, 409, 411 e 591 cod. civ.
[1] La sentenza in commento origina dall’impugnazione, per incapacità della testatrice, di un testamento olografo, redatto dopo che la stessa era stata sottoposta ad amministrazione di sostegno. In particolare, la defunta aveva disposto delle proprie sostanze dapprima – quando ancora l’autorità giudiziaria non aveva emesso alcun provvedimento riguardo la capacità della medesima – mediante testamento pubblico e, successivamente, come detto, attraverso un negozio testamentario olografo.
La Corte d’Appello ha riconosciuto che, nonostante la testatrice fosse all’epoca dell’olografo sottoposta ad amministrazione di sostegno, il decreto istitutivo non privasse esplicitamente la beneficiaria della capacità di testare; quindi, la de cuius doveva ritenersi legalmente capace sotto questo profilo. Il giudice di secondo grado sottolineava, inoltre, la correttezza della valutazione del primo giudice nella parte in cui aveva riconosciuto che non ci fosse prova, nella specie, di una patologia permanente tale da giustificare l’inversione dell’onere della prova, correttamente posto dal primo giudice a carico di colui che aveva impugnato il testamento. Sempre in ordine alla prova, la Corte d’appello ha, poi, negato l’ammissibilità della produzione dei certificati medici menzionati nel decreto del giudice tutelare, operata nel grado dall’appellante, in quanto non ha ravvisato, rispetto a tale produzione, le condizioni previste dall’articolo 345 c.p.c., nella sua versione come modificata nel 2012. Al riguardo il primo giudice aveva rilevato che i due certificati erano risalenti nel tempo rispetto al decreto di nomina; a ciò l’appellante aveva obiettato che essi, diversamente dall’assunto del tribunale, recavano date ben diverse da quelle ritenute dal giudice di prime cure e riferibili all’epoca di nomina dell’amministratore.
[2] Il soccombente in appello ha proposto ricorso in Cassazione.
In primis, egli ha lamentato la mancata ammissione dei certificati medici in secondo grado, poiché la Corte l’aveva negata sulla base della norma dell’articolo 345 c.p.c., introdotta nel 2012, mentre, in relazione alla data di introduzione del giudizio, la valutazione andava operata in base alla norma previgente, che subordinava l’ammissibilità della produzione al solo requisito dell’indispensabilità, che nella specie ricorreva. Il ricorrente ha, altresì, evidenziato come l’esigenza della produzione fosse insorta solo dopo la pronuncia di primo grado, quando era emerso l’errore in cui era incorso il collegio giudicante nella lettura della data dei due certificati.
Si è, poi, (secondo motivo) sostenuto che dal provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno fosse desumibile una situazione di incapacità della beneficiaria, non compatibile con la conservazione della capacità di disporre dei beni per testamento; in ogni caso (terzo motivo) detto provvedimento, letto in correlazione con la data esatta dei certificati, costituiva esso stesso la prova di una situazione di incapacità della persona, tale da porre a carico di chi intendeva avvalersi del testamento l’onere di provare che esso fu redatto in un momento di lucido intervallo o di remissione della malattia.
[3] Ai fini del decidere, gli Ermellini hanno innanzitutto analizzato i profili generali in tema di capacità (o meno) di testare del beneficiario di amministratore di sostegno.
Al riguardo, sottolineano come l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità sia nel senso di riconoscere all’amministrato la capacità di testare, in ragione del disposto dell’art. 409 cod. civ., ove si prevede che il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
La Suprema Corte fa poi salva la possibilità (invero osteggiata da parte della dottrina, che non ritiene si possa riconoscere, senza limitazioni ed accorgimenti, un simile potere al giudice[1]) che il giudice tutelare, attraverso l’esercizio del potere previsto dall’articolo 411, comma 4, cod. civ. imponga, nel singolo caso e in funzione di una maggiore tutela, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario.[2]
Salva specifica disposizione limitativa del giudice tutelare, dunque, la capacità di testare è conservata dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Il testamento fatto dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è, quindi, annullabile ai sensi dell’articolo 591, comma 2 n. 2, cod. civ., ma, nel concorso dei presupposti, ai sensi del n. 3 della stessa norma, che riguarda il testamento fatto da coloro che, “sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento” (incapacità naturale).
Effettuate tali premesse, la Suprema Corte giunge a ritenere infondate le censure sul punto mosse dal ricorrente e rigettare, dunque, il secondo motivo di impugnazione.
Viene accolto, invece, il ricorso nella parte in cui si contesta la mancata ammissione dei certificati medici nel giudizio d’appello. A giudizio degli Ermellini “è chiaro che ciò che fu denunciato in appello fu l’errore del primo giudice nella lettura della data dei certificati. Questi furono prodotti con il fine di dimostrare l’errore materiale commesso dal tribunale: in pratica per far valere un motivo di revocazione.
(…) La produzione dei certificati, pertanto, non incorreva nei limiti dell’articolo 345 c.p.c. e la Corte d’appello avrebbe dovuto consentire la produzione, inerendo la denuncia dell’errore materiale a un profilo decisivo della decisione. (…) la Corte d’appello aveva il dovere di verificare in via diretta, tramite l’esame dei certificati, la sussistenza dell’errore, la cui produzione non incorreva nei divieti e nelle limitazioni previsti dall’articolo 345 c.p.c..
Così argomentando, la Suprema Corte, in relazione al primo motivo (e terzo assorbito), ha cassato con rinvio, per nuovo esame.
[4] La sentenza in commento fornisce lo spunto per una breve analisi delle questioni inerenti la testamenti factio attiva in capo ai soggetti sottoposti ad amministrazione di sostegno.
Come correttamente riportato dai giudici di legittimità, pressoché unanime è la considerazione che non possa a priori escludersi una capacità a testare per detti soggetti.[3]
Ai sensi dell’art. 591 cod. civ., infatti, possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge, e sono incapaci di testare:
1) coloro che non hanno compiuto la maggiore età;
2) gli interdetti per infermità di mente;
3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento.
Trattandosi di norma di carattere eccezionale e, pertanto, non suscettibile di applicazione analogica, non è possibile estendere per via interpretativa a soggetti ivi non espressamente previsti una limitazione ad un diritto fondamentale della persona quale è quello di disporre per testamento.
Anche il disposto dell’art. 411 cod. civ. (e, in particolare, i suoi 2° e 3° comma) porta alla generale ammissibilità di un testamento formato dall’amministrato.
Il beneficiario, dunque, potrà autonomamente e liberamente disporre per testamento senza necessità alcuna di autorizzazione del giudice tutelare od assistenza (e, a fortiori, rappresentanza sostitutiva) da parte dell’amministratore o di un curatore speciale.[4]
Ovviamente, sarà necessaria ed opportuna una valutazione in concreto del reale stato di capacità del soggetto amministrato.
Come anche riportato nella sentenza in commento, infatti, ex articolo 411, comma 4, cod. civ., al giudice tutelare compete di delineare gli esatti contorni della sfera di comportamenti rilevanti che al beneficiario risultano preclusi. Ricorda, altresì, la Suprema Corte come “è stato giustamente osservato in dottrina che l’estensione non implica, tramite la tecnica della relatio, il richiamo della specifica norma limitativa (ad esempio l’articolo 591 cod. civ., comma 2, n. 2). Occorre tuttavia che, sia pure in forma implicita, la limitazione di capacità risulti specificamene stabilita con il provvedimento. In assenza di qualsiasi riferimento nel provvedimento, ad esempio, all’incapacità di fare testamento, non sono consentite valutazioni logiche o di coerenza fondate sull’ampiezza degli atti per i quali il provvedimento abbia previsto la rappresentanza o l’assistenza dell’amministratore di sostegno”.
L’eventuale limitazione della capacità di testare, dunque, dovrà risultare in via diretta ed espressa nel provvedimento non potendosi, a giudizio della giurisprudenza di legittimità, essa desumere dal generale contenuto del provvedimento di nomina.
Su tale aspetto, in realtà, non si rinviene unanimità di consensi, ritenendosi da alcuni che possano ricavarsi dal provvedimento di nomina dell’amministratore elementi di prova a sostegno di uno stato di incapacità naturale permanente del beneficiario; il che comporta l’inversione dell’onere della prova e, dunque, la necessità, per chi voglia avvalersi del testamento, di dimostrare che lo stesso sia stato redatto in un momento di lucido intervallo.
In ogni caso, come efficacemente sintetizzato da attenta dottrina, “non può trascurarsi che considerare il beneficiario di amministrazione di sostegno capace di testare, non significa ammettere, incondizionatamente, che il testamento da quegli confezionato sia sempre valido.
Rimane, comunque, la disciplina sulla incapacità naturale.”[5]
[1] Al riguardo, si veda BONILINI, Beneficiario di amministrazione di sostegno e privazione, da parte del Giudice Tutelare, della capacità di testare, in Famiglia e diritto n. 3/2016, pagg. 285 e ss.
[2] Cass. Civ., Sez. 1, Ordinanza n. 12460 del 21/05/2018: “In tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d’ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, cod. civ., sia con il provvedimento di nomina dell’amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà. Infatti – esclusa la possibilità di estendere in via analogica l’incapacità di testare, prevista per l’interdetto dall’articolo 591, comma 2, cod. civ., al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, cod. civ., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario – la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l’introduzione dell’amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione.”
Si veda, altresì, Corte Cost., sentenza n. 114 del 10/05/2019, ove è espressamente ammesso che “il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la sua capacità di donare, salvo che il giudice tutelare, anche d’ufficio, ritenga di limitarla – nel provvedimento di apertura dell’amministrazione di sostegno o in occasione di una sua successiva revisione – tramite l’estensione, con esplicita clausola ai sensi dell’art. 411 indicato, del divieto previsto per l’interdetto e l’inabilitato dalla norma censurata.”
[3] In dottrina, si vedano BONILINI, Le norme applicabili all’amministratore di sostegno, in BONILINI e TOMMASEO, Dell’amministratore di sostegno. Artt. 404-413, in Il Codice civile Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2008, pagg. 434-438; ANELLI, Il nuovo sistema delle misure di protezione delle persone prive di autonomia, in Jus, 2005, pag. 227; PARENTE, Amministrazione di sostegno e regole di governo dei fenomeni successori e donativi, in Rass. dir. civ., 2005, pagg. 704 ss.; MALAVASI, L’amministrazione di sostegno: le linee di fondo, in Notariato, 2004, pagg. 328 ss.; BALESTRA, Gli atti personalissimi del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Familia, 2005, I, pag. 666; BARBA, Testamento olografo scritto di mano dal curatore del beneficiario di amministrazione di sostegno, in Famiglia, Persone e Successioni, giugno 2012, pagg. 411 s.; ACHILLE, Autonomia privata e amministrazione di sostegno, ovvero il testamento del beneficiario dell’amministrazione di sostegno (affetto da SLA), in Giustizia Civile, 2012, pagg. 1873 s.
[4] Isolato (fortunatamente) è rimasto il provvedimento del Tribunale di Varese (decreto del 12/03/2012) con il quale si ammetteva la possibilità di nominare un curatore speciale ad un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, affinché confezionasse il testamento olografo del beneficiario. Per una più approfondita analisi critica a tale provvedimento, si vedano BARBA, op cit.; ACHILLE, op. cit.
[5] BARBA, op. cit., pag. 443
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