Compatibilità tra lo stato di liquidazione di una società e la procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa
di Giulia Ferrari, Avvocato Scarica in PDFTribunale Arezzo, sez. Fall., Ord., 16.04.2022
Parole chiave: composizione negoziata, stato di liquidazione, concordato preventivo, accordo di ristrutturazione, stato di crisi, stato di insolvenza, risanamento.
Massima: “È incompatibile con la composizione negoziata, istituto previsto all’articolo 2 del DL n. 118/2021, non tanto lo stato di liquidazione societaria in sé e per sé considerato, quanto la sussistenza di un’insolvenza irreversibile e l’assenza di una concreta prospettiva di risanamento, inteso come riequilibrio finanziario e patrimoniale che consente all’impresa di restare sul mercato, se del caso previa revoca dello stato di liquidazione”.
Disposizioni applicate: Artt. 2, 6, 7, 9, 23 DL n. 118 del 2021.
CASO
La Società Alfa si trovava in liquidazione dal 2018. Nel 2017 aveva concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti con il ceto bancario che è tuttavia rimasto inadempiuto perché i prezzi di vendita del compendo immobiliare indicati nell’accordo stesso (e funzionali al soddisfacimento integrale dei creditori ipotecari) non si sono rilevati in linea con i prezzi di mercato. Il piano che la Società Alfa intendeva proporre nell’ambito della composizione negoziata, consisteva nell’integrale dismissione del proprio patrimonio immobiliare, la soddisfazione dei creditori, previo accordo di parziale stralcio e riscadenzamento, e in conclusione la chiusura della società e la cancellazione della stessa dal registro delle imprese. La Società Alfa con istanza promossa ai sensi dell’articolo 7, comma 3 del D.L. 118/2021 chiedeva al Tribunale di Arezzo di confermare le misure protettive già richieste ai sensi dell’articolo 6, comma 4 del medesimo decreto. Nell’ambito di tale procedura, uno dei creditori costituitosi in giudizio, aveva eccepito il fatto che la società Alfa non potesse avere accesso alla composizione negoziata in quanto già in stato di insolvenza in ragione dello stato di liquidazione già deliberato.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Arezzo dopo una disamina dell’articolo 2 del D.L. n. 118/2021, letto in combinato disposto con altre norme del medesimo decreto, e pertanto non in una logica meramente letterale, ha affermato che anche l’imprenditore in stato di liquidazione, di crisi o financo di insolvenza, può accedere alla composizione negoziata, a condizione tuttavia che lo stato di insolvenza non sia irreversibile e che vi sia la concreta prospettiva di risanamento, inteso come riequilibrio finanziario e patrimoniale che consenta all’impresa di restare sul mercato, se del caso previa revoca dello stato di liquidazione.
QUESTIONI
Il provvedimento in commento offre l’opportunità di esaminare la questione relativa alla possibilità per una società già in stato di liquidazione di avere accesso alla procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa, prevista dall’articolo 6 del D.L. n. 118/2021.
Per risolvere la quaestio iuris, il Tribunale di Arezzo, con un’argomentazione esaustiva e convincente, affronta dapprima il problema relativo alla astratta compatibilità tra lo stato di liquidazione – e quindi una situazione di crisi o di insolvenza – e l’accesso alla composizione negoziata, e in seconda battuta approfondisce il concetto di stato di insolvenza reversibile/irreversibile ai fini dell’accesso alla medesima procedura.
Con riferimento al primo profilo, il Tribunale di Arezzo parte dalla lettura dell’articolo 2, comma primo del decreto che sancisce le condizioni di accesso alla composizione negoziata prevedendo che “L’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”. Ad avviso dei giudici Aretini ancorché il dato testuale, isolatamente considerato, sembrerebbe condurre ad una totale chiusura dell’istituto nei confronti dell’impresa che già versa in stato di crisi e insolvenza, tale interpretazione letterale andrebbe, a detta dei medesimi giudici, superata da una lettura sistematica delle norme contenute nel decreto.Un primo rilevante spunto a favore di una astratta compatibilità tra stato di crisi e la composizione negoziata, si rinviene dall’art. 23 del decreto che prevede infatti che “l’istanza di cui all’articolo 2, comma 2, non può essere presentata dall’imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, con ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, anche ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, con ricorso depositato ai sensi dell’articolo 182-bis, sesto comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, o con ricorso per l’accesso alle procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni di cui agli articoli 7 e 14-ter della L. 27 gennaio 2012, n. 3“. La circostanza infatti per cui il legislatore ha ritenuto di dover esplicitare tale previsione “è evidentemente proprio perché un imprenditore in stato di crisi o anche di insolvenza potrebbe avvalersi dell’istituto della composizione negoziata, salvo trovare un impedimento giuridico-procedimentale non già dal suo trovarsi in tale stato, ma della pendenza di uno dei procedimenti sopra descritti che, per l’appunto, presuppongono anch’essi uno stato di crisi o di decozione”. A sostegno del medesimo approccio interpretativo depone, ad avviso del Tribunale, anche l’art. 6 comma 4 del decreto che sancisce che “dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata“. Un ulteriore indice del fatto che un imprenditore in stato di crisi possa accedere alla composizione negoziata può essere tratto dall’art. 9 comma 1, il quale disciplina una regola di condotta durante la pendenza delle trattative proprio con riferimento all’”l’imprenditore in stato di crisi“.I Giudici aretini pur affermando l’astratta possibilità per la società in stato di liquidazione, e quindi in stato di crisi, di accedere alla procedura di composizione negoziata, hanno altresì precisato che tale possibilità non può frustare la ratio dell’istituto che rimane quella di consentire il risanamento dell’impresa. Pertanto, il Tribunale ha ritenuto, in conclusione, che ciò che è incompatibile con la composizione negoziata non è tanto lo stato di liquidazione della società in sé e per sé considerato, quanto la sussistenza di un’insolvenza irreversibile e la mancanza di una reale prospettiva di risanamento, inteso come riequilibrio finanziario e patrimoniale che consenta all’impresa di restare sul mercato, eventualmente anche attraverso la revoca dello stato di liquidazione.Nel caso in esame la Società Alfa aveva proposto, nell’ambito del procedimento di composizione negoziata, un piano che prevedeva l’integrale dismissione del patrimonio immobiliare, la soddisfazione dei creditori, previo accordo di parziale stralcio e riscadenzamento, e in conclusione la chiusura della società e la cancellazione della stessa dal registro delle imprese. Applicando i principi sopra illustrati, i giudici toscani hanno ritenuto che tale piano non perseguisse un risanamento nei termini sopra indicati. Ciò ha condotto quindi al rigetto dell’istanza proposta dalla Società Alfa e alla revoca delle misure protettive, avendo inoltre i giudici precisato che esula in ogni caso dal perimetro decisionale del tribunale qualsivoglia considerazione sulla convenienza di un nuovo accordo di ristrutturazione con il ceto creditorio rispetto alle alternative offerte dall’ordinamento (concordato preventivo e fallimento).
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