3 Maggio 2022

Consiglieri tutti senza deleghe? Rispondono comunque solidalmente per gli illeciti deliberati o posti essere dal consiglio di amministrazione

di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDF

Cass. Pen., Sez. III, Sentenza, 28 marzo 2022, n. 11087

Parole chiave: Società – Consiglio di Amministrazione – Amministratori – Imposte e tasse in genere – Reati tributari – Sequestro preventivo

Massima: “A meno che l’atto non rientri nelle attribuzioni delegate al comitato esecutivo o taluno dei consiglieri che ne sono parte, tutti i componenti del consiglio di amministrazione rispondono – salvo il meccanismo di esonero contemplato dall’art. 2392 c.c., comma 3 che prevede l’esternazione e l’annotazione dell’opinione in contrasto da parte del consigliere dissenziente nonché immune da colpa – degli illeciti deliberati dal consiglio anche se in fatto non decisi o compiuti da tutti i suoi componenti”.

Disposizioni applicate: art. 2381 c.c., art. 2392 c.c., art. 2, D. Lgs. n. 74/2000

Nel caso di specie in esame, era stato disposto un sequestro preventivo nei confronti di un membro del consiglio di amministrazione di una società per azioni, indagato in concorso con altri soggetti, per il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 74/ 2000).

Il consigliere aveva impugnato, senza risultato, l’ordinanza di sequestro dinanzi al Tribunale del riesame, evidenziando che il reato gli era stato contestato, sebbene fosse un amministratore privo di deleghe, solo in quanto ricopriva la carica di consigliere (che costituiva, secondo l’ordinanza in questione il fumus del reato), senza che sussistessero tuttavia indizi relativi alla conoscenza od alla conoscibilità da parte sua del reato commesso da altri.

Nell’ambito del ricorso per cassazione, la difesa del consigliere aveva invece evidenziato come fosse venuto meno, dopo la riforma dell’art. 2392 c.c., l’obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione in capo ai semplici membri del consiglio di amministrazione, proprio per evitare che gli amministratori non operativi si vedessero addebitare rilievi sulla base di una mera responsabilità oggettiva. Seconda la difesa del ricorrente, nel disporre il sequestro preventivo, i giudici avrebbero omesso una qualsivoglia valutazione in relazione all’effettiva sussistenza dell’elemento psicologico, limitandosi a considerare che l’indagato fosse coinvolto nel reato per il solo fatto di rivestire la carica formale di componente del consiglio di amministrazione, con la conseguenza che il provvedimento impugnato sarebbe privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso e rammentato che, invero, l’art. 2392 c.c. disciplina la posizione di garanzia degli amministratori della S.p.A., disponendo nei loro confronti una responsabilità solidale verso la società per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto, a meno che non si tratti di attribuzioni proprie o del comitato esecutivo o attribuite in concreto ad uno o più di essi, così come specificamente previsto per il consiglio di amministrazione dal secondo comma dell’art. 2381 c.c..

Ciò premesso, la Corte di legittimità ha colto l’occasione per distinguere l’ipotesi in cui il consiglio di amministrazione opera con deleghe da quella in cui opera senza.

Orbene, se l’atto non rientra nelle attribuzioni delegate al comitato esecutivo o a taluno dei consiglieri che ne sono parte, ne rispondono tutti i membri del consiglio di amministrazione, anche se in fatto non è stato deciso o compiuto da tutti i suoi componenti, tranne per il caso dell’amministratore dissenziente che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il proprio dissenso.

Laddove specifiche materie siano state attribuite ad uno o più amministratori, sussiste comunque la responsabilità solidale dei consiglieri non operativi, vale a dire esenti da delega, per effetto della violazione dolosa o colposa del dovere di informazione che grava, anche a seguito della riforma legislativa attuata con il D. Lgs. n. 6 del 2003, sui singoli amministratori per quanto riguarda l’andamento della gestione sociale e sulle operazioni più significative che onera tali amministratori, in presenza di segnali di allarme, dell’obbligo di attivarsi per assumere ulteriori informazioni rispetto a quelle fornitegli dagli organi delegati e di fare tutto quanto sia possibile per impedire il compimento dell’atto pregiudizievole o eliderne le conseguenze dannose.

È soltanto in questo caso che si pone il problema, per l’amministratore privo di delega, della “conoscibilità” delle determinazioni pregiudizievoli assunte dal o dai titolari della delega, quale necessario antecedente logico della suddetta posizione di garanzia, derivata dall’accettazione della carica in seno al consiglio di amministrazione.

Ciò premesso, sulla base del combinato disposto degli articoli 2381 e 2392 c.c., gli Ermellini hanno chiarito che l’amministratore senza deleghe è comunque gravato dall’onere di richiedere ed acquisire informazioni in sede consiliare sulla gestione delle attività aziendali (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., Sentenza, 30 settembre 2009, n. 20933) e, laddove sia venuto a conoscenza di un possibile illecito deliberato dal consiglio di amministrazione, deve esprimere il proprio dissenso ed attivarsi per impedire il compimento dell’illecito.

Se non lo fa, così com’è avvenuto nella fattispecie in esame, l’amministratore senza deleghe viene ritenuto responsabile per concorso nel reato commesso a seguito di delibera del consiglio di amministrazione.

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